mercoledì 20 agosto 2014

NIENTE di Alice Stregatta





Doccia scrosciante come fluenti pensieri. Neri come pece, freddi come ghiaccio. La fronte bollente appoggiata alle piastrelle. Acqua carezzevole come viscide promesse.
Bolle di sapone come parole al vento.
Shampoo a lavare ricordi, balsamo a lenire ferite.
Spugna a lambirmi, guanto di crine a ferirmi.
Sfrego finchè la pelle, arrossata, brucia. Pulviscolo di pelle morta come la mia anima, aleggia e cade.
Come i miei sogni. Come i miei desideri.
Mi guardo riflessa nel vetro.
Sorriso spento, sguardo vacuo.
Non mi riconosco.
Non mi piaccio.
Qualunque cosa tu mi abbia fatto, qualsiasi cosa mi abbia rubato: rendimi il maltolto.
Hai rubato tempo, emozioni.
Alito di vita.
Anelito d'amore.
Vomito rabbia e disincanto.
Osservo il mulinello d'acqua che turbinando scompare nello scarico.
Oscuro gorgo che risucchia scorie.
Gorgogliando percorrerà lo snodarsi di tubi, sfocerà nella cloaca.
Ti massaggerà con cascate e ribollìo di acqua schiumosa e profumata.
Inalerai per un attimo effluvi di purezza e dolore, prima di rituffarti nella melma in cui sguazzi.
Tu, topo di fogna, sfiorato dalla mano di Amore, l'hai morsa, irriconoscente.
Sprezzante.
Non meriti altro che ciò che hai: niente.
Nient'altro che ciò che dai: niente.
Nient'altro che ciò che sei: niente!

L'ULTIMA NOTTE di Fabio Morici



" E così , signor Conte , domani mattina ci lasciate , questa è l' ultima notte che trascorrete con noi , per vostra fortuna , oserei dire ". 
" Perché adesso mi chiami signor Conte , quando in tutto questo tempo non lo ai mai fatto ? Chiamami Rodolfo , come ai sempre fatto ".
Attizzò nuovamente il grande fuoco , che la notte primaverile era ancor fredda , ed all' aperto , in montagna , lo era ancora di più , poi l' uomo più giovane così continuò " Ora le cose sono cambiate , da quel primo giorno in cui ci siamo incontrati , rammentate ? Allora chiamarvi solo con il vostro nome di battesimo e non con quello del vostro casato era un ulteriore modo di affermare la mia autorità , di fronte a voi ed ai miei uomini , anche se con il tempo ho imparato ad apprezzarvi , che tre anni e più son lunghi assai" . "Cero ricordo benissimo , e sempre ti sarò grato per quello che ai fatto per me , ti voglio bene come ad un figlio , anzi , forse anche di più , questo te lo voglio dire , in questa ultima notte che trascorriamo insieme ", rispose allora l' altro uomo , della apparente età di circa 50 anni , i capelli oramai un poco brizzolati , ma dalle spalle forti e larghe , il viso rasato già abbronzato dal sole della montagna . "Anche io vi voglio bene come ad un Padre , quel Padre che non ho più e che forse è morto per colpa mia ! Voi mi avete imparato tutto quello che so , ero solo un povero ragazzo analfabeta e voi mi avete insegnato a leggere e scrivere , il francese, un po' di inglese , le buone maniere in società , ha tirare di scherma ed ha parlare con le donne , tutto insomma " . "Tu non ai nessuna colpa nella morte di tuo Padre ! " , protestò ha questo punto il Conte , "Se è stato arrestato ed è morto in carcere la colpa è degli sbirri e di quegli schifosi pretacci ! Stai certo che lui è morto con il sorriso sulle labbra per non averti tradito , d' altronde mi sembra che ti sia ampiamente vendicato ".
"Si , questo è vero " convenne il giovane , "Ma è sempre una ferita che sanguina nel mio cuore ". "Ti capisco" replicò allora il Conte , cui una lacrima stava scendendo dall' occhio umido e per non dar ha vedere la sua commozione , si rialzò il bavero del pastrano, come per meglio ripararsi dal freddo notturno , che anzi si stava per far giorno ed una fastidiosa umidità già si condensava in rugiada . Bevve perciò un altro paio di sorsi di vino , dalla borraccia che aveva vicina , si schiarì poi la voce e così continuò " Sai , è un pezzo che ci penso , da domani , quando sarò tornato in un contesto civile ed avrò riassunto il mio ruolo nella società , cercherò di fare qualche cosa per te , voglio tentare di fare avere il perdono papale anche a te , mi caro e buon Pasquale " . ma subito il giovane replicò , alzando un poco il tono della voce " No , assolutamente , non lo dovete fate ! Già voi siete fortemente sospettato e sarete senza dubbio sottoposto ad una stretta sorveglianza , solo la potenza della vostra famiglia , dopo la morte di Leone Xlll° e l' ascesa al soglio pontificio di Pio Vlll° è riuscita ad inserire il vostro nome nella lista dei graziati ; ma per me non vi sono speranze , io sono solo un bandito , un brigante ricercato , un assassino ". Tacquero entrambi per un lungo momento , come per riordinare i reciproci pensieri , sentimenti , emozioni , poi il giovane continuò "D'altronde , ricorderete benissimo come avvenne la vostra liberazione " , un cenno con il capo , da parte dell' altro ,bastò , allora egli continuò "Avevo avuto una informazione sicura dalle mie spie ; una carrozza fortemente scortata , avrebbe preso avvio da Pesaro , si sarebbe poi portata a Fano e di qui sarebbe proseguita verso l' Umbria e poi Roma ; non avevamo nessun dubbio , sicuramente trasportava i soldi delle tasse alla tesoreria vaticana , 10.000, forse anche 20.000 scudi ! Una vera fortuna , per gente come noi ! Ed invece..."
"Ed invece..." gli fece eco il Conte , "E chi se lo poteva immaginare che dodici carabinieri pontifici a cavallo, più altri 4 uomini, due a cassetta e due all' interno della carrozza , servivano solo per scortare voi a Roma ".
"Già ", convenne l' altro ; "Mi portavano a Roma , si era ai primi di settembre , lo ricordo bene , ero rimasto invischiato nelle indagini su di Angelo Targhini e Leonida Montanari , li conoscevo è vero , ero un carbonaro come loro , ma nessuno di noi aveva commesso nessun delitto , a parte quello di amare la Libertà " , scrollo tristemente il capo e parlò ancora a fatica che il dolore del ricordo quasi lo sopraffaceva , "Poveri figlioli , li anno giustiziati a piazza del Popolo il 23 novembre 1825 , ci sarei dovuto salire anche io , sul patibolo , se non fosse stato per te e per i tuoi ragazzi" .
" I miei ragazzi" disse sottovoce il giovane , "Già , i miei ragazzi , siamo sempre stati una piccola banda , infatti la gente si chiama I dodici Apostoli ; non mi sono mai piaciute le grosse bande , lì è più facile infiltrare una spia oppure , per gli sbirri , trovare un Giuda che ti venda per 40 denari "
"Rammento ancora tutte le fasi dell' agguato , avevamo seguito di lontano il cammino della carrozza , poi , in un tratto di montagna , prima di Gualdo Tadino, in un punto della strada, dopo una lunga salita , quando i cavalli , già stanchi sarebbero dovuti per forza procedere al passo ,tesi la mia trappola . Avevamo segato 2 grossi abeti , al momento opportuno ne feci cadere uno sulla strada , bloccandola . i cavalli furono costretti a fermarsi , quando se lo trovarono davanti , allora noi aprimmo il fuoco . Io ed i miei uomini siamo tutti dei buoi tiratori , dopo la prima scarica , 8 sbirri erano nella caduti nella polvere , facendo così compagnia ai due postiglioni . Lasciammo cadere anche il secondo albero , per bloccare la fuga dei superstiti e poi ci lanciammo all' assalto ! Fu veramente questione di poco , tre dei carabinieri a cavallo , caddero nel giro di pochi secondi , l' ultimo lo stese il Nibbio, lo sai che con la carabina rigata è un tiratore micidiale . Intanto uno degli sbirri che erano all' interno della carrozza, scese , tentando di fuggire , due colpi al petto e la sua fuga terminò subito . Una altro dei miei , intanto aveva raggiunto la carrozza , dallo sportello oramai spalancato , giusto in tempo ! L' ultimo degli sbirri stava per pugnalarti , ma ci pensò lui a sistemarlo per sempre. Anche tu , però corresti un bel rischio , che pazzo di rabbia , quando si rese conto che nella carrozza, invece dell' oro c' eri solo tu , voleva spacciarti ! ", un debole sorriso illuminò allora il viso del più anziano dei due , "Si , fortunatamente che intervenisti subito tu , trattenendolo a stento e dicendogli : Ma non vedi che questo è messo peggio di noi ? guarda quante pesanti catene ha indosso questo disgraziato ". "Per questo ti dico che non ci sono possibilità di perdono per me , perciò tu non devi tenare nulla in mio favore, solo per quel colpo ci dettero una caccia spietata per quasi un anno , quindi tu dovrai attenerti sempre e comunque alla versione concordata , sei sempre rimasto nostro prigioniero , incatenato in una grotta , ti ho già fatto vedere quale , in caso di estrema necessità potrai far finta di riconoscerla ".
Ancora tacquero entrambi, poi Rodolfo , infine parlò " Ed allora, mio buon amico , figlio mio adottivo , che dovrò fare ? Stare ad aspettare che ti ammazzino in qualche scontro , oppure , peggio ancora che ti catturino e che dopo averti torturato ti impicchino ? Lo capisci da solo , che questo io non lo potrò fare mai !".
Il giovane sospirò , poi si avvicinò ancora , guardò in viso l' uomo e così rispose " Non volevo dirti nulla per non farti correre degli inutili rischi , però a questo punto , dopo le tue parole , meriti una qualche informazione . Non ho seguito invano le tue lezioni , credimi ; domani , dopo che ti avremo lasciato presso la rocca di Cagli, volteremo le briglie verso sud , sarà una lunga cavalcata , ma è già tutto predisposto, ci attende un colpo , ma uno veramente grosso ! Sarà l' ultimo , poi la banda si scioglie ed ognuno di noi cercherà scampo e rifugio al di là delle frontiere dello Stato Pontificio. E' una promessa!"

A SORSI NELL'ANIMA di Sereno Notturno




Sinceramente non hai lamenti
nemmeno altrettanti appuntamenti
perseveri però nell'istante che rende follia
come rimane giusto sia.
Spasmodica nelle tue scelte
bizzarre e veloci s'inclinano
all'odore, alla percezione
al corpo, mentre sbirci
da quel pezzetto d'anima
che merita d'esser bevuto.

INDECENTEMENTE ....COLPEVOLE




Lei era una bestia rara,fatta di istinto e sangue...Sapeva sempre come cavarsela e se spesso usava mezzucci subdoli lo faceva per non far soffrire qualcuno pur sapendo che poteva apparire colpevole...Occhi da traditrice,spirito nomade,corpo caldo e avvolgente come le puttane di gran classe...Ogni volta che si guardava allo specchio la sua anima si sdoppiava....La buona e la malvagia....Non cattiveria,ella non conosceva questo sentimento,non sapeva neanche cosa significasse...Lui tremendamente dubbioso,la flagellava per la sua bellezza e quando se la scopava come una troia in calore le riversava tutta la sua disperazione.Essa lo accoglieva tra le sue cosce,lo faceva sentire al sicuro,amato,desiderato e lui non riusciva a farne a meno pur odiandola fino all'estremo dei suoi sensi..La malediva,la maltrattava ...e piu' volte le ripeteva di quanto lei fosse falsa,bugiarda...Lui la riteneva colpevole di gravi crimini....Lei non era sincera,mentiva innanzi agli Occhi di lui...Per qualche parola che gli avevano detto...E.si!!! Lei era talmente una bestia rara che ogni uomo avrebbe voluto legarla e fotterla...Lui non lo capiva...La sua razionalita' lo faceva allontanare il suo ego da soddisfare la cercava..Lei furia indomabile sapeva che le sue colpe erano insulse e si difendeva come un animale piu' selvatico...Ma davanti allo sguardo del suo uomo lei era indecenmente colpevole..Di aver tradito...di essere troppo bella..di fottere da vera puttana e di farlo godere ..godere...e farlo sentire il piu' venerato dei Padroni..Colpevole si..Lei lo era e sapeva di che delitto si era macchiata...Quello di amarlo e servirlo.

UBRIACA di Asianne Merisi



Ogni muro è buono per restare in piedi 
chissà a chi ho lasciato il mio profumo, 
ho ubriacato quest'anima 
devo andare via, me lo impongo..ma son sempre qui.
Ho venduto quel che credevo
.Quell'amore che fa male non c'è più come bestemmie è volato via.
Fammi andare,
fammi imparare,
fammi venire,
fammi insegnare
Dio sono stanca da morire! Sto sognando o delirando
aiuto io cerco perché lui sto perdendo.
Voglio conoscere le mani di quel grande uomo che muove
i fili del mio essere.
Per mancanza di tempo o di ragione non ho amato chi dovevo
troppe volte ho bloccato le parole.
Scrivo storie di qua e di la sperando che alla fine
qualcuno li capirà
Solo alla fine di questa scena
quando calerà il sipario ed il buio
ricorderò di essere stato donna anche io.

AFORISMA di Sereno Notturno



Poco elastici mentalmente
da scambiare un piacere condiviso
per un'imposizione.


IMPUDICA ASSASSINA di Asianne Merisi



Voglio fare l'amore con te
poter sentire un tuo sussurro il tuo respiro
a tratti affannoso e permaloso egoista
mi trascina questo fiume di confusione 
la tua mano, una scala per salire in paradiso
Mi toglie il respiro
Ginocchia contro ginocchia gomiti flessi al muro
Arriva come tempesta Il mio ansimare ringhioso
mi scivola ormai sulla schiena
Tutto il tuo profumo cerco e respiro
E il corpo mio si espande
Sottovoce vivo di te, senza mai metter fine alla passione.
sono io il tuo regalo.... e tu, il mio, adesso.
Voglio fare l'amore impudica e assassina
Le mie braccia si allargano
le mie mani ti accarezzano
come per proteggere un oggetto sfumato dal sentimento
ti voglio
ti voglio ancora
ti voglio sempre di più.
tra le mie gambe il mio essere nettare di donna
tra il mio gemere che da te e creato
che mi attraversi l'anima,facendomi sognare,
flirtando con ogni battito del mio cuore
il fisico si eccita si agita stillando, aspetto un segno
un tuo invito,e il piacere arriva come fiume in piena
e di te prendo piacere impudicamente assassina

IMPAZIENTE di Asianne Merisi




Impaziente, desidero il tuo calore
come un assetata attendo di ristorarmi
spazzando via la mia ragione.
Sono priva delle mie forze,
mi prosciughi la mia energia,
la vita è piacere senza fine.
Non farmi aspettare!
Presto! Indossami,
quando il tuo penetrante piacere
raggiunge il mio petto tremante.
sento l'anima che giace.
Oltre i confini del Mondo,desideri dolci
emozioni che respirano
Desiderio di sentirti,di indossare il tuo corpo,
di ubriacarmi col tuo ansimante respiro
e poi raggiungerti nel piacere più vivo
un viaggio oltre l'atmosfera, la biosfera, la ionosfera.
Oltre non so.
Non so più niente.
(forse niente m'interessa, niente voglio sapere)

L'INCONTRO di Elsie R Stone



Dopo lunghe riflessioni avevo deciso di incontrarlo. Quell'uomo dalla voce profonda e sensuale mi affascinava e ogni volta che lo ascoltavo entravo languidamente in una dimensione fatta di pace e delizia...già avvertivo consapevolmente che sarebbe stata la mia rovina, il mio tormento, il mio pensiero più assiduo. "Ci prendiamo solo un caffè". Quella frase semplice detta con tono dolce mi convinse a vederlo. Arrivai prima dell'orario stabilito e mentre ero immersa nei miei pensieri un profumo fresco ma intenso mi catturò...il suo. Mi girai e lo vidi. Bello da togliere il fiato, elegante, gentile mi fece un sorriso che sciolse ogni mio dubbio, ogni mia incertezza. Prendemmo il caffè e parlammo di noi, di come siamo e di cosa ci piace. Mi fece sentire a mio agio e risi di gusto alle sue occhiate sempre più infuocate e quando mi prese la mano stringendomela provai un'emozione forte che mi scaldò all'istante, incendiandomi.
"Ti accompagno a casa se vuoi".
"Certo" risposi istintivamente....
Il tragitto fu tranquillo e parlammo di cose innocenti, come il tempo e il traffico. Una volta arrivati mi girai per ringraziarlo ma i suoi occhi mi catturarono, insieme alle sue mani che si intrufolarono avide tra le mie gambe. Incollò il suo sguardo al mio e mi sentii persa, vulnerabile, ma calda e pronta per lui. Spostò i miei slip e mi penetrò con due dita, di colpo, facendomi cacciare un urlo sordo, lasciandomi senza fiato alcuno. Cominciò a muoversi dentro di me, con movimenti lenti ma decisi e mi aggrappai a lui inchinandomi, sottoponendomi a quell'assalto dolcemente crudele. Gemevo mordendomi le labbra e ogni mia supplica e ogni mio sospiro disegnavano sul suo bel volto accenni di piccoli sorrisi trionfanti.
"Oraa" mi disse mordendomi dolorosamente la bocca, e sotto quell'ordine appena sussurrato il mio corpo sprigionò un orgasmo violento, facendo partire dal mio ventre onde di piacere che si sparsero per tutto il mio corpo lasciandomi priva di forze, priva di ragione, ma colma di una gioia immensa. Rimasi così per qualche minuto finché le sue dita si sfilarono dal mio corpo e finirono nella sua bocca. Leccò il mio nettare, frutto del piacere che mi aveva dato e udii i suoi apprezzamenti mentre lo gustava deliziato. Lo guardai ipnotizzata finché mi baciò, con forza, catturando la mia lingua e facendomi assaggiare la mia essenza.
"Mia" mi disse sorridendo, "Tu Sei Mia!".

IL SEGRETO di Sereno Notturno




Aveva capito più che mai la differenza e sofferto la mancanza, ora ne sentiva la viva esigenza.
Desiderava contrapporre quel muscolo salivare che lambiva le labbra del suo intimo, al duro possente muscolo di carne.
Incalzante gioco di nervi che prendeva entrambi, voleva godere nel sentirsi bagnata del suo stesso piacere da quella lingua picchiettante sul sesso, essere violentemente presa e sbattuta dalla carne maschia che le spariva dentro.
Alternanza d'emozione.
Sapeva bene l'astuta pulzella che sarebbe bastato un cenno, per scatenare quello che in verità aveva già avuto premonizione.
Lui l'aveva spiata mentre da perfetta porca, studiava ogni movenza guardandosi allo specchio, sapeva che l'uomo era li, questo faceva parte del ruolo che voleva vivere quel giorno.
Passava le mani sulla pelle nuda, fermandosi sui punti di maggior piacere, primi erano i capezzoli turgidi in quel corpo da donna: giocava, si fermava, guardava, fantasticava. Organo di suzione che non ragiona quando viene sollecitato anche solo col pensiero e pare quasi si irrigidisca come ad andare a cercare l'orgasmo.
Continuava i gesti sinuosi sui fianchi e su quel culo sodo talmente duro, che le due metà si aprivano sotto l'impeto delle mani e ne lasciavano intravedere il piacere celato. Si piegava in avanti con gesto controllato per guardarsi aprire, mentre provocatoriamente faceva scivolare il dito medio in bocca e lo impregnava di saliva.
Lui era li, sentiva il desiderio che cresceva nella braga di lino, tanta era l'eccitazione che ne sparivano le pieghe del tessuto. Imperterrita provocatrice aveva già introdotto il dito e ne godeva i sussulti. Involontariamente non riusciva più a fermarsi e da lontano si vedevano le labbra aprirsi lasciando correre una leggera bava di piacere, subito raccolto dalla donna con l'altra mano e portato alla bocca.
L'uomo sapeva che se fosse entrato ora dalla porta socchiusa, avrebbe rotto l'incantesimo, avrebbe però volentieri affondato senza tentennamenti la verga in quel paradiso. Nonostante tutto questo aspettò.
Poco dopo una voce sottile lo chiamò e lui correndo trafelato, facendo l'ignaro guardò la donna in preda a toccarsi e le disse quasi per voler essere scoperto: “ Vorrei guardarti ancora”.
Con una mano lei lo prese vicino e introducendo la verga nel buco più stretto, con fare da perfetta padrona lo invitò a guardare e a dare colpi di reni, sentendo vicino un altro orgasmo. Lui dopo aver sentito lei si lasciò andare venendo così copiosamente da inzupparle la fica e le gambe tremanti.
Si fermarono un istante tutti e due. Chinandosi verso l'oggetto del piacere lo continuava a muovere come non volesse lui si ritirasse e nello stesso tempo lo puliva ricambiando il favore della lingua. Oscenamente a gambe divaricate quasi ad invitare il pensiero a far breccia nel suo desiderio.


BRANDELLI NOTTURNI di Giuseppe Balsamo



“Era una notte buia e tempestosa”, la mia principessa pretende la storia della scimmia smarrita nello spazio, l'ha già ascoltata un numero infinito di volte, così proseguo con le fate che volteggiano tra foglie autunnali, finché non vola tra sogni colorati. Lei è davanti alla tv, in quella posizione che conosco bene, da troppi anni. Balbettando una scusa vado in giardino. Quante storie cominciano nel buio e nella tormenta. Interrogo il mio simpatico merlo, risponderà domani, quando lo vedrò sul solito ramo. Le sue risposte mute son racconti che conducono a me, al mare d’inverno, alla tua pelle salata.

A PIEDI NUDI di Sereno Notturno




Trovarti in una notte profonda
mentre giri senza meta
vestita del solo desiderio.
Corri mostrando un seno turgido
gambe snelle e culo da felina
artigli da leonessa del piacere
Ti fermi sorniona
braccia alzate in segno di resa
gambe aperte in odor d'orgasmo

SOLO UN PO' DI ZUCCHERO di Elsie R. Stone



“Dai, ancora un’altra pagina e per oggi basta!”.
Claudio era esausto, aveva deciso di finire il suo manoscritto e di consegnarlo a fine mese al suo editore, per i suoi gusti aveva impiegato fin troppo tempo sul quel romanzo che sin dalle prime righe si era rivelato privo di spirito. L’aveva disfatto una migliaio di volte, aveva cambiato la trama, i protagonisti e finalmente, da due settimane a quella parte era riuscito a trovare un’alchimia perfetta tra tutti gli ingredienti. Non ne era particolarmente entusiasta, ma poteva ritenersi abbastanza soddisfatto.
“Bene!” disse ad alta voce, “Ora ci vuole un buon caffè”.
Andò in cucina canticchiando, prese la macchinetta, mise l’acqua, il caffè e lo mise sul fuoco. Si girò e si affacciò alla finestra, dove la visione del cortile dove abitava gli teneva compagnia nei momenti di solitudine. Aveva preso quell’appartamento da sei mesi, dopo che il matrimonio con Laura era finito dopo anni di incomprensioni e litigi, era stata dura ricominciare in quel luogo sperduto ai margini di periferia, dove gli odori di sughi e fettine panate si mescolavano alla puzza di piscio di cane e tubi di scarico. Volse lo sguardo alla finestra accanto alla sua, dove intravide lei, Nadia, un fiore nel cemento, un’orchidea selvaggia dai mille colori che stonava con il luogo grigio e indecente dove viveva. Nadia aveva ventitre anni, tredici meno di lui, mora, pelle scura, occhi a mandorla neri, corpo formoso e gambe lunghissime, studiava legge e teneva i bambini della signora del primo piano per potersi mantenere da sola, senza chiedere nessun soldo alla madre che si spaccava la schiena dalla mattina alla sera. La osservò mentre beveva un bicchiere di coca cola in cucina e si soffermò in particolare su quelle labbra carnose che si bagnavano di quel liquido scuro, cavolo quanto avrebbe voluto asciugargliele…un minuto e la vide sparire in un’altra stanza, sogno ad occhi aperti finito…..
Rassegnato ritornò in cucina dove il caffè, ormai uscito completamente, aveva imbrattato con i suoi schizzi tutto il piano cottura. Spense il fuoco, prese una tazzina e cercò il barattolo dello zucchero, distrattamente lo aprì e solo quando prese il cucchiaino si accorse che lo zucchero era terminato.
“Eh no, il caffè amaro no!”.
Imprecò scuotendo la testa, ma immediatamente un’idea intrigante gli balenò nella testa. Nadia, in casa, da sola…. afferrò il barattolo vuoto e si precipitò davanti alla porta della casa di lei. Rimase lì con il pugno alzato per qualche secondo, poi bussò energicamente, per paura di ripensarci. Nadia aprì e appena lo vide lo accolse con un sorriso gioioso.
“Ciao Claudio, come stai?”.
Claudio rimase senza fiato nel vedere quella meraviglia con un bellissimo abito bianco, truccata e con i capelli corvini sciolti e lucenti.
“Scusa Nadia, non volevo disturbarti, forse stavi uscendo, volevo solo un po’ di zucchero, l’ho terminato e non me ne sono accorto, sai il libro mi ha assorbito in questi giorni e…”.
“Non disturbi Claudio, entra pure”. Nadia gli sfoderò uno sguardo malizioso e si girò mostrandogli il favoloso fondo schiena che Madre Natura gli aveva generosamente donato e volutamente ancheggiò, consapevole dell’effetto che suscitava agli uomini. Claudio la osservò ipnotizzato, quell'abito bianco le stava divinamente, le sfasciava quelle curve pericolosissime dove lui avrebbe tanto voluto schiantarsi, la seguì in cucina sempre più eccitato da quella magnifica visione. Nadia riempì il barattolo di zucchero mentre i suoi occhi dolcissimi gli regalavano sguardi ammiccanti e provocatori che scatenarono in lui pensieri peccaminosi. La immaginò sul tavolo della cucina che urlava di piacere sotto l’assalto della sua bocca che impavida si cibava del suo nettare, la immaginò mentre lo implorava di farla impazzire, di farla godere come nessun ragazzo aveva fatto prima.
Ma cosa stai pensando! Riprenditi! pensò Claudio ormai con la maglietta e la fronte sudata.
“Va bene così? L’ho riempito tutto”.
Come una gattina giocosa e sensuale Nadia gli porse il barattolo riempito fino all’orlo di zucchero. Per una frazione di secondo Claudio guardò quell’oggetto come se non ne capisse la natura.
“Cosa scusa?”.
“Lo zucchero Claudio, ma cos’hai non ti senti bene?”.
Nadia si affrettò a posare il barattolo sul tavolo per raggiungere il suo adorato vicino e posargli una mano sulla fronte. Quante volte l’aveva spiato dalla finestra mentre fumava una sigaretta dietro l’altra con lo sguardo incollato al pc, troppe volte aveva sognato di stare lì con lui, mentre gli massaggiava la schiena, lo baciava, strusciava il suo giovane corpo a lui desiderosa di riempirsi le narici con il suo odore, ma altrettante volte si era detta che un uomo come lui non perdeva certo tempo dietro le ragazze come lei, sicuramente, da qualche parte, esisteva una gran donna, piena di carisma e fascino che aveva l’onore di gustarsi i suoi baci, il suo corpo, le sue attenzioni, aveva la maledetta fortuna di riceverlo dentro di sé per l’intera notte e goderne fino allo strazio.
“Sei sudato! Hai mal di stomaco?” le chiese dolcemente. Il tocco della sua mano, il suo profumo e la visione ravvicinata della sua bocca aumentarono in Claudio i battici cardiaci e le dimensioni del suo uccello. Le prese la mano e la scostò dal suo viso.
“Nadia, no, ti prego non toccarmi”.
Lei intuì il tono sofferente della sua voce, che lo faceva respirare a fatica. Istintivamente e spudoratamente abbassò lo sguardo dove spiccava fiero il magnifico rigonfiamento tra le gambe di lui. Sorrise felice e soddisfatta di quella visione. Si morse il labbro e rialzò lo sguardo malizioso, si avvicinò ancora di più a lui, lasciando solo pochi millimetri tra le loro bocche.
“Sei stanco, devi pensare a tutto, la tua donna dovrebbe occuparsi della casa e delle spesa”.
“Ma io sono solo Nadia lo sai”.
“Non hai neanche una donna che frequenti, di tanto in tanto?” le chiese curiosa.
“No…nessuna…per il momento” gli rispose con tono sibillino.
“Mi prendo io cura di te” gli sussurrò lei con la voce carica di desiderio. E lo baciò, sfidando la sorte e anche un suo rifiuto. Ma lui non la rifiutò, tutt’altro, la prese per la vita e l’attirò a sé, le dischiuse con forza la bocca dove infilò la sua lingua pronto ad esplorare quella cavità millimetro dopo millimetro, assaggiò il suo sapore e poi le morse dolcemente quelle labbra piene e invitanti. Carico d’eccitazione, Claudio le palpò il sedere mentre i primi mugolii di Nadia si spegnevano nella sua bocca, la spinse sul divano, la fece sedere e le scostò una spallina del vestito scoprendo un seno sodo e prosperoso, glielo toccò, prestando maggiore attenzione ai capezzoli che si indurirono immediatamente sotto la stimolazione delle sue dita, la vide chiudere gli occhi e abbandonarsi completamente. Era stupenda con quei capelli che le ricadevano sulla spalla, mentre il piacere che pian piano si impadroniva del suo corpo trasfigurava i bellissimi lineamenti del suo viso.
“Sei stupenda Nadia, non sai quanto ti voglio…”.
Sorpresa di udire quelle parole gli prese la testa tra le mani e lo baciò con una tale passione da togliergli il respiro.
“Allora che aspetti, vuoi farmi impazzire? Sbrigati!”.
Ragazza intraprendente! La adorava per la sua determinazione che la portava sempre ad ottenere tutto ciò che voleva, le sorrise prima di prenderle in bocca un seno e cibarsi della sua carne. Baciò ogni centimetro della sua pelle, denudandola, leccò la sua fessura insinuando la sua lingua in quel cespuglio appena accennato, e quando finalmente le fu dentro si sentì un uomo nuovo, virile e vigoroso, e quella sintonia, quel magnetismo, quella chimica che li unì, fece provare loro uno di quei piaceri sublimi che annientano il mondo circostante, ti riempiono di emozioni che di stringono lo stomaco e ti tolgono il respiro, e quando l’orgasmo arrivò per entrambi, tra urla e baci, fu come il frantumarsi di uno specchio, mille schegge delle loro paure, dei loro timori si ruppero e quando i loro respiri e i battiti dei loro cuori tornarono alla normalità, si guardarono a lungo negli occhi sorridendo, consapevolizzando che una nuova vita li stava attendendo.

DESIDERIO DI CARNE di Sereno Notturno




Carne insaziabile
rovente presenza
distillato di pura emozione
che rimane appiccicata
in qualsiasi pensiero
di ogni istante.

Puro liscio contorno
di seta calda
avvolgente in ogni profumo
di libidine carica
di sano piacere
che scuote le membra.

Così 

BIANCOSPINO di Giuseppe Balsamo




Mi domando com’eri con l’abito bianco da sposa, l’acconciatura perfetta e il trucco curato ed appena fatto per l’occasione. Quanta trepidazione, immobile ad osservare i voulant colore delle nuvole, il tuo intimo prezioso a coprire il corpo acerbo. Non voglio i dettagli, né che me lo racconti, devo poterlo immaginare da solo. Sarà stato ricco di pizzi e dello stesso colore di quel vestito speciale, l’unica variazione forse la giarrettiera, qualcosa di malizioso ed inconsueto che avrai scelto per distinguerti. Adori non omologarti, essere maliziosa e dare un tocco di peccato alla tua purezza fanciullesca che, a volte, torna ancora fuori e detesti.
Così innamorata di lui, nervosa per quella prima notte, nonostante non ci fosse nulla di nuovo, incuriosita dal fatto di doverlo presentare come tuo marito:”Ecco questo è mio marito”, una frase banale che però le prime volte ti avrà fatto sentire strana.
Sono un visionario lo sai! Certe cose non si spiegano, eppure ho questa voglia di immaginarti così, mi piacerebbe poter viaggiare nel tempo per essere con te quel giorno, quella mattina, con il sole che si fa spazio fra le persiane. Presenza immateriale in quella stanza, affamato di sensazioni: delle tue sensazioni, dei tuoi pensieri.
Seguo impalpabile il percorso delle tue mani mentre ti vesti. Calore puro, nascosto tra il pulviscolo solare sospeso, mi approprio dei tuoi sentimenti e del tuo respiro. Come un angelo alle tue spalle ti osservo, anche se l’istinto, tutt’altro che angelico, è quello di spiarti di possederti già in quella vita da cui ero assente.
Sei pronta devi andare. Nessuna incertezza mi sembra, sorridi con le labbra lucide e gli occhi velati di felicità.
Sorrido anche io, entità senza tempo, un po’ preoccupato sapendo ciò che sarà molti anni dopo.
Ti lascio mentre scendi le scale ed entri nell’auto che ti porterà in chiesa, non voglio intromettermi oltre, non mi sembra carino.
Vivo il tuo quotidiano a distanza, come posso: sai di fritto, hai i capelli in disordine, ti scoppia la testa, hai il ciclo, sei nervosa, sei depressa, salta la luce “oddio l’arrosto nel forno, la roba da stendere”.
Ti sei annullata, pensi, in realtà sei il centro del mondo.
Ti telefono, ti telefona.
Devi stare dietro a tutto e quell’unico giorno è ormai lontanissimo, perso nella notte dei tempi.
Senti la necessità di altro, quell’altro sono io. Quel languore nuovo che si insinua nello stomaco e nella tua normalità sono io; ti faccio sentire diversa, sono quella giarrettiera di un colore particolare che hai voluto indossare allora: quasi un presentimento a quello che sarebbe accaduto.
Sul letto ora c’è un baby doll nero. Lo osservi coperta appena dall’intimo della stessa tinta. Il tuo sorriso è diverso, malizioso e trasuda la voglia di me; i tuoi occhi sono affamati ed ingordi, come solo una femmina può avere.
Non sei sola nella stanza, non c’è più un angelo alle tue spalle. Sono qui in carne ossa, una sorta di demone che ti tenta in ogni modo, consapevole che ogni tua resistenza verrà abbattuta.
Non ci sono scale da fare, né auto ad attenderti. Hai una sola scelta: questo letto, il mio sudore, i nostri gemiti, la nostra pelle bollente che freme dal desiderio.
Non sei più la ragazza di allora, la femmina che era in te è definitivamente sbocciata, io me ne nutro come un’ape con il suo nettare. Ti succhio, ti assaggio, ti lecco, approfitto di ogni centimetro della tua epidermide come fosse la prima e l’ultima volta.
Abbiamo poco tempo, il mio sguardo sulla tua vita, sul tuo passato, sul tuo quotidiano, lo riservo a quando non siamo insieme, a quando le notti diventano troppo lunghe per dormire.
Non ci sono giornate insieme, pasti da consumare alla stessa tavola, bottiglie da andare a prendere in cantina, divani su cui bere una birra.
C’è solo quel letto, provvisto di invisibili catene, che ci lega per quelli che vorremmo fossero interminabili momenti. Oasi di felicità momentanea in cui non riusciamo a dire no, teatro dei nostri furiosi amplessi, ricordo indelebile dello nostre risate, dei tuoi sussulti, dei miei gemiti degli “ancora , ancora…” senza mai fine.
Sei la mia donna in quel territorio tutto nostro, sei la mia donna solo quando non poggi i piedi per terra. Perché la realtà ci divora e ci divide.
Sei la mia perversione, il mio sogno inconfessabile, un cocktail imperfetto a cui non voglio e non so rinunciare, novella sposa dei miei desideri.
Mi nutro di immagini e della realtà di pochi momenti, consapevole che un giorno diverranno solo ricordi. 

martedì 12 agosto 2014

Faccio il cinese di Giuseppe Balsamo




“Che sogno del cazzo!”
Sono più stanco di quando mi sono messo a letto, non ho dormito per niente e mi sento come se mi avessero scaricato addosso dei sassi. Lame di luce hanno la meglio sulle imposte semi aperte. Mi stropiccio gli occhi abbagliato e disturbato, comprendendo perché le chiamano “lame di luce”.
Eva ha già allungato la mano sul mio membro e mi sfotte crudelmente, come suo solito rispondendomi a tono:”Tu, hai cazzo da sogno mio bello italiano”, cercando allo stesso tempo di baciarmi.
Mi ritraggo, mi sento come se una lucertola stesse pasteggiando con la mia lingua, per poi marcirmi in bocca. Lei mette su il musetto, ma stamattina non ce la faccio, a tastoni cerco il bicchiere che ho lasciato la sera prima sul comodino. Se non ricordo male ci dovrebbero essere ancora due dita di rhum, quello che ci vuole come prima colazione.
Ingurgito l’alcool e lo sento bruciare nello stomaco, forse era meglio un caffè.
Intanto Eva riprende il suo lavoro con la mano, per reagire adeguatamente sarebbero necessari almeno quindici anni di meno, forse anche quindici sigarette in meno al giorno.
Osservo i capelli colore del grano scivolare sul mio corpo, si muovono come onde marine, come se il vento le sospingesse.
La sua lingua percorre il torace appena sotto il petto, quindi si avvia a far compagnia alla sua mano, priva di qualunque compassione per la mia nottata insonne e per il mio corpo privo di forze. Sento le sue labbra lambirmi il sesso, il suo palato carezzarlo, in un inesorabile movimento.
So che mi ascolta, mentre mi dona piacere, così cerco di raccontarle il mio sogno.
“Conosci quello stronzo della TV, sai quello che fa politica e ce l’ha con le pale eoliche, che poi a volte non mi sta nemmeno così antipatico. Sgarbi, si che hai capito. Me lo son sognato che mi guardava dal fondo della tazza del cesso, con i suoi occhialoni e con il dito puntato mi diceva guarda come la fai!”.
Eva interrompe quello che sta facendo, comprendendo che voglio andare avanti con la mia storia, solleva lo sguardo divertita annuendo, restando appoggiata con parte del viso sul mio sesso, continuando ad accarezzarlo con la mano, quasi a volermi aiutare a proseguire.
“Insomma ero in bagno tutto intenzionato a far pipì, guardo giù e non ti vedo il faccione di Sgarbi che mi guarda? Lo stronzo, puntandomi il dito, mi urla contro di tutto, sai come fa in televisione? Dice che è colpa delle pale eoliche quello che mi è successo, che bisogna far qualcosa se no altri diventeranno come me, mi invita a guardare che disastro son diventato. Io resto lì a guardarlo, nemmeno troppo stupito di vederlo laggiù dove dovrebbe nuotare la merda, penso ora gli piscio in faccia così sta zitto; cerco di prendermi l’uccello in mano e non lo trovo. Vado nel panico, mi cerco l’uccello, fra i peli, niente: mi è cresciuta la patata, comincio a toccarla con curiosità, poi mi spavento. Mi scappa, devo farla, ma rinuncio e penso: sto cazzo di maniaco di Sgarbi mi sta guardando la fica, così gli sbatto il coperchio in faccia; non gli permetterò di guardarmi tutto mentre mi siedo sul cesso”.
Eva ride come solo lei è capace di fare, cerco di spiegarle che la cosa mi ha terrorizzato, poi mi coinvolge nella sua risata.
“Non è finita, ho paura di girarmi e guardarmi allo specchio, così con le mani mi esploro e vado un po’ più su: due tette da paura che quasi ma fa piacere toccarle, quasi fossero le tue. A sto punto, vinco ogni resistenza e mi giro verso il lavandino. Mi vedo riflesso, anzi ti vedo riflessa Eva. Io sono te, oppure tu sei me , come preferisci. Sono diventato una bella figa bionda, intendiamoci sei belle Eva, ma mi è preso un cazzo di spavento che non hai idea. Mi è caduto il mondo addosso, comincio a pensare come fare a dirlo a te, agli amici, al lavoro. Immagino tutti quelli che vorranno scoparmi. Insomma rivoglio la mia brutta faccia ed il mio uccello e non so come fare, sono impotente e spaventato: terribile tu non immagini”.
Questa volta sono io a ridere mentre le racconto il sogno, una risata nervosa che cerca di nascondere quello che in realtà è stato un incubo.
“Povero il mio bel maschione”.
Eva risale sul mio corpo, sento i suoi seni gonfi sul petto ed il suo sesso tiepido che si struscia sul mio. Mi morde il mento e con gli indici mi tira gli occhi, facendoli diventare a mandorla: vuole che le faccia l’imitazione del cinese, è una cosa che faccio con stile e che la diverte sempre molto.
Dopo che faccio il buffone per lei, sento che laggiù qualcosa si muove, alla faccia di Vittorio Sgarbi.
Stavolta non le dico di no, facciamo l’amore come lo si può fare solo al mattino. Languidamente, con calma, come sbocconcellassimo un croissant farcito e tiepido.
Lo si assaggia un po’ alla volta, per ingurgitare improvvisamente l’ultimo boccone di marmellata che rischia di cadere. Così si muove su di me: prima lentamente, poi impazzita, lasciandomi venire dentro di lei.
Ci godiamo le prime ore del mattino nel nostro enorme lettone quadrato.
Mi scappa da pisciare ma sono restio ad andare in bagno, non voglio rischiare i danni delle pale eoliche.

Il rosario del piacere di Elisabetta Pietrangeli



"Vieni piccola, ho una sorpresa per te...".
Il tono della sua voce era vibrante di desiderio, era molto eccitato e lo sentivo anche dal suo respiro corto e quell'invito apriva nella mia mente immagini perverse e torbide, conoscendo il mio uomo, conoscendo me, la nostra passione, il nostro modo di prenderci senza misure e confini.
"Una sorpresa, sai che adoro le sorprese".
"Chiudi gli occhi..".
Chiusi gli occhi in attesa di un suo tocco, mentre il mio cuore impazzito scalpitava nel mio petto come un cavallo fuori controllo, la mia pelle era divenuta sensibile e il mio ventre si contorceva di un piacere che ancora doveva assaporare. Mi legò i polsi dietro la schiena con un filo di perle e istintivamente aprii gli occhi per guardarmi.
"Eh no! Non ti ho detto che potevi aprire gli occhi, sei impertinente, come sempre, mia dolce monella!"
"Sai che adoro le perle..".
"Certo che lo so..." mi disse mordendomi il lobo dell'orecchio. Il suo respiro caldo mi incendiò e mi girai per divorargli la bocca.
"Ingorda, sei sempre ingorda....in ginocchio, ORA!"
Ubbidii al suo comando, e mi inginocchiai fradicia dei miei umori sino alle cosce.
" Vai a faccia in giù e tieni ben esposto il tuo sedere, divaricando bene le gambe".
Non dissi nulla e poggiai una guancia a terra, mentre la mia natura pulsava vogliosa.
Lo vidi prendere un secondo filo di perle che cui giocò distrattamente per qualche minuto mentre fissava attento il mio corpo completamente esposto a lui. Con un gesto lento e preciso mi penetrò con le dita in entrambi i miei pertugi, strappandomi un piccolo lamento strozzato. Ormai persa sotto le sue abili mani cominciai a muovere il bacino chiedendo di più, implorandolo con i miei gemiti.
"Calma..." mi disse sorridendo e godendo della mia solita impazienza. Sfilò lentamente la mano portandosi dietro una scia dei miei umori e lentamente, con infinita maestria infilò la prima perla del mio sedere, poi un'altra. Prende l'altra estremità e infila le prime perle tra i miei petali bagnati...e continua così a riempirmi di quelle piccole e deliziose perle, davanti e dietro, fino a sentirmi piena.
" Sei adorabile lo sai? Sei pronta?"
"A cosa?"...
Sorride il mio bastardo e senza dirmi nulla afferra l'unica perla rimasta fuori, a congiunzione dei miei fori e la tira...
Tutte le perle escono fuori, una dietro l'altra, stimolando la mia carne già sensibile e in un attimo il mio corpo cede, viene, gode, spossato da onde che invadono le viscere, contraggono il mio ventre e rimbombano nella mia testa. Urlo quasi con disperazione sotto lo sguardo orgoglioso del mio uomo.
"Brava...possiamo continuare vero?"

La mia musa di Andrea Lagrein





Aprii la porta e lei entrò in casa. Il suo viso era stravolto dalle lacrime. La prima cosa che fece fu di gettarsi fra le mie braccia. Affondò il volto nel mio petto e scoppiò in un pianto dirotto. Non potei far altro che abbracciarla e tenerla stretta a me, accarezzandola teneramente lungo la schiena. "Mi ha lasciata, lo stronzo, hai capito? Mi ha lasciata!" singhiozzò disperata.
La feci sedere sulla poltrona. Mi accesi una sigaretta e le passai una lattina di birra. Presi una sedia e mi misi di fronte a lei, pronto ad ascoltarla. Lei mi guardò e iniziò a calmarsi, asciugandosi le lacrime con il palmo della mano fra una sorsata e l'altra di birra. Dio, quanto era bella, pensai fra me e me!
"Credevo che mi amasse. Credevo fosse il ragazzo giusto. Mi diceva cose bellissime, diceva che ero la sua principessa, diceva che un giorno mi avrebbe portato via da tutto questo schifo. Diceva che non ci saremmo lasciati mai. Questo diceva. E io gli credevo!". Scossi il capo. A vent'anni se ne dicono di stronzate. E ad alcune ci si crede pure. A vent'anni si ha ancora il tempo per sognare. A trenta apri gli occhi e ti accorgi della verità. A quaranta, cioè quanti ne avevo io, puoi solo richiuderli e mandare tutto a fanculo. Magari bevendoci su!
Ma Sabrina aveva vent'anni e a quelle frasi credeva sul serio. Abitava nell'appartamento sotto il mio, insieme alla madre divorziata, mentre del padre non si sapeva granché. Ogni tanto dava qualche sporadico cenno di sé, per poi però scomparire nuovamente. Nella zona in cui abitavamo, a vent'anni, la vita la si conosceva in fretta. Non c'era tempo per farsi cullare dolcemente. Vivevamo in fondo a viale Certosa. La scenografia era l'ingresso dell'autostrada, aziende e uffici più o meno grandi, un traffico maledetto, case corrose dallo smog, proletariato suburbano. L'università era quasi un miraggio. Già se si terminavano le superiori era un gran successo! Lì, a vent'anni, la smettevi subito con i sogni. Lì, a vent'anni, iniziavi la lotta per la sopravvivenza. Tranne Sabrina, che ancora credeva alle vuote frasi di un suo coetaneo. E proprio per questo la trovavo attraente. Per questa sua candida ingenuità, splendido fiore profumato nato in mezzo agli olezzi del letamaio della vita.
"Mi ha detto tutte quelle cose solo per portarmi a letto! Figlio di puttana! E io come una cretina che ci sono cascata. Gliel'ho pure data, a quel bastardo!". Dalla disperazione era passata all'ira. Le fissai le gambe. Come dargli torto, a quel bastardo! Ci sarei andato a letto anch'io, lì, subito, in quel momento, fregandomene dei suoi problemi e delle sue tristezze. Aveva due gambe da delirio, un culo a cui ci si poteva solo inchinare, due tette piccole ma piene, da ubriacarsi, ma soprattutto un viso di una bellezza sconvolgente. Una cerbiatta selvatica, dallo sguardo profondo e invitante, una cascata di ricci castani e due labbra da sogni indecenti. Eh sì, come dargli torto a quel bastardo!
La guardai divertito. "Almeno ne è valsa la pena?" domandai. "Ne è valsa la pena di cosa?". Mi aprii un'altra birra. "Scoparci insieme!". Sospirò quasi spazientita. "Non è questo il punto! Di stalloni con l'uccello grosso ne posso trovare quanti ne voglio. Il fatto è che mi ha preso in giro solo per portarmi a letto!". Sbuffai. "Ben venuta nel mondo dei grandi, bella bimba! Devi imparare che per noi maschietti ruota tutto attorno a quello che avete fra le gambe. E per quella siamo disposti a tutto, anche a dirvi un mucchio di cazzate!".
Forse ero stato un pò troppo brutale. Ma era bene che sapesse come girava il mondo. Che poi la psicologia maschile non era granché complicata. In fondo la psicologia maschile aveva semplicemente la forma di una fica, di un'enorme, gigantesca fica! Si trattava unicamente di genetica, della legge darwiniana della conservazione della specie. Scopare per riprodursi!
Sabrina si prese un'altra birra. "Tu ci verresti a letto con me?". La domanda mi spiazzò. Avevamo vent'anni di differenza, ma mi ci sarei infilato volentieri fra le lenzuola con lei. Non glielo dissi, ma quante volte me l'ero già scopata! Nella fantasia certo, ma era come averla realmente sotto di me. O sopra, di fianco, in piedi, inginocchiata! Praticamente l'avevo già posseduta in tutti i modi possibili e immaginabili. Ma non glielo dissi. Non sarebbe stato bello fare la figura del segaiolo!
E comunque, in realtà, non mi sarei mai permesso di sfiorarla nemmeno con un dito. Sabrina, semplicemente, era troppo preziosa per me! Sabrina era, come si suol dire, la mia musa ispiratrice. Quando scrivevo, avevo davanti il suo volto. Il solo pensarla sferzava la mia immaginazione, la mia vena creativa. La immaginavo, l'uccello immediatamente mi diventava duro e sfogavo tutta questa forza sessuale scrivendo, scrivendo e scrivendo ancora. Sabrina semplicemente fustigava la mia mente, incendiandola, eccitandola, infervorandola. Non avrei mai rinunciato per nulla al mondo a questa forza creatrice. Ed ero sicuro che andandoci a letto questa magia sarebbe svanita!
Mi accesi una sigaretta. "Certo, tesoro! Ti scoperei al volo, se vuoi saperlo. Ma non ti aspettare da me frasi del cazzo o espressioni sdolcinate tipo sono tuo per sempre, ti amo alla follia o sei la mia unica donna! Semplicemente non sarei credibile!". Sogghignai beffardo. Anche lei sorrise divertita. "Scommetto però che sarebbe una gran bella scopata!" disse con sguardo malizioso. Sollevai gli occhi al soffitto. Cristo, queste ragazzine indemoniate del giorno d'oggi! "Ci puoi giurare, bimba!". Mi alzai a prendermi un'altra birra. Mi alzai per allontanarmi da lei. Mi alzai perché io, con i buoni propositi, non sono mai andato molto d'accordo. Mi alzai per non saltarle addosso!
"Sarebbe magnifico, sai? Già m'immagino la scena. Ancora fra le lenzuola, sudati e stanchi, e tu che componi una poesia in mio onore. Bellissimo!". La fissai mentre tracannavo la mia birra. Gesù, altro che poesia! Quelle gambe meritavano un poema! "Già, e per non farci mancare nulla la intitoleremo Ode alla dea del cazzo!". Scoppiammo entrambi a ridere, fra le spirali di fumo delle nostre sigarette e il muro di lattine vuote che ci separava.
Ma a vent'anni era inevitabile essere così. Una frase ben detta, una poesia, un sogno a occhi aperti, due cuori e una capanna. E tutto diventa possibile, tutto è bello, tutto è romantico. Non si è ancora incurvati dai fardelli della vita. Poi a trent'anni si cambia. Sarà forse il mutuo, la maternità o le vacanze a cui proprio non si può rinunciare. E allora non bastano più le poesie e le belle frasi, ma un uomo che porti a casa uno stipendio dignitoso, di quelli con cui magari togliersi qualche sfizio in via della Spiga o che permettano una bella scopata in riva al mare su una qualche spiaggia tropicale. A quarant'anni non si scopa nemmeno più, ma si passa il tempo a litigare e a essere insoddisfatti per l'ultimo modello di SUV che non si riesce a comprare. A cinquant'anni si smette infine anche di parlarsi e, per chi ancora non ha divorziato, si passa il tempo in palestra, nei centri benessere o dal chirurgo estetico nel tentativo di recuperare una vaga giovinezza con cui adescare giovani maschi dall'uccello sempre pronto. Anche in questo caso si trattava di genetica, della legge darwiniana della conservazione della specie. Scopare per riprodursi con un maschio dominante, che assicurasse una certa sicurezza e stabilità. E magari anche un bel brillante. Altro che due cuori e una capanna!
Queste cose, però, era meglio che non gliele dicessi. Non volevo che il mio cinismo rovinasse la sua tenera ingenuità. Infondo avrebbe avuto tempo e modo per scoprirlo da sola!
Buttai giù un'altra bella sorsata di birra. "Forza ragazzina, adesso fuori dalle palle. E' ora di tornare a casa!". Sabrina mi guardò falsamente imbronciata. "Allora non vuoi venire a letto con me?". Sogghignai. "Lo sai che sono un inguaribile sognatore, no? Preferisco immaginarti e masturbarmi pensando a te, in completa solitudine!". Le feci l 'occhiolino. "Cretino!" mi disse sorridendomi. "E il bello è che ne saresti davvero capace!". Scoppiai a ridere. "Si vede che mi conosci bene, eh?".
Sabrina si alzò, mi baciò delicatamente su una guancia e mi sussurrò un timido grazie. L'accompagnai alla porta, anche perché l'erezione cominciava a essere troppo visibile. Nuovamente solo, mi sedetti al tavolo. Mi accesi una sigaretta e aprii una nuova lattina di birra. Carta e penna. Una lunga notte davanti a me. E l'immagine di Sabrina a fustigare la mia immaginazione.
Iniziai a scrivere. A scrivere di una ragazzina che a vent'anni aveva sogni che la vita non era ancora riuscita a rubarle. Di una ragazzina che a vent'anni credeva nell'amore. Di una ragazzina che era ormai una donna, una splendida donna.
Di Sabrina, la mia musa!

Ringrazio Chiara e Alberto Melcangi per la gentile concessione della foto

Rimescolami di Sereno Notturno



Sonno di pensieri leggeri che inumidiscono il contatto, sono chiaro esempio di quelle volontà della carne che non producono solo possesso ma nitida consapevolezza.
Quel giorno era simile a tanti altri, cambiava la percezione.

Aforisma di Sereno Notturno



Domandati chi sei e cosa puoi fare, ti dirò chi sono e cosa posso essere.

Libellula di Sereno Notturno




Non puoi camminare sull'orlo
di un' emozione
rischieresti di rimanere inghiottito.
Devi essere pesantemente sopra
per riuscire a spremere
ogni minima essenza.
Allora saprai di aver fatto
la cosa giusta
e sarai così leggero
da non stropicciarla col passo.

Disperato erotico stomp di Giuseppe Balsamo



“Ti hanno vista alzare la sottana, la sottana fino al pelo: che nero!...”.
Dalla suonava nell’IPod insistentemente. Le note e le parole di quel brano rimbombno nelle tue orecchie, ossessive ritmate ed incessanti, mentre un invisibile strato di sudore ricopre il tuo corpo nudo, costringendoti ad un continuo girarti e rigirarti fra le lenzuola appiccicose. 
La sagoma di tuo marito si muove impercettibilmente, seguendo il ritmo del suo respiro e tu, in quella notte d’agosto, ti senti terribilmente sola; in quel letto troppo spazioso, talmente grande che le tua mente non vuole saperne di smettere di galoppare dietro sentieri tutti da esplorare.
Sai bene che alla fine mi troverai, così fra una nota e l’altra di quella melodia, rimbombano anche le mie parole. Sottofondo alla proiezione in technicolor del nostro ultimo amplesso.
Seguendo le parole di Lucio Dalla, mi osservi mentre ti scopo seguendo il ritmo di quella canzone. Da dietro ti penetro riempiendoti di piacere, tirandoti a capelli ed affondando le mie mani sul tuo culo, dosando dolore e piacere, come piace a te, come piace a noi. Ti assaggio con le labbra, poi ti mordo lasciandoti i segni dei miei denti, costringendoti a dondolare le natiche per accogliermi meglio, per avermi tutto dentro. Il tuo sudore diventa così la mia saliva calda, il pensiero di me si diffonde nella tua fica umida, risale nella pancia per arrivarti dritto al cervello.
“Ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza è partita la mia mano…”.
Non riesci a non seguire le parole della canzone in quel momento, nel silenzio di una notte d’agosto, mentre lui inconsapevole dorme al tua fianco, esegui i miei ordini e l’esempio di Lucio Dalla.
La tua mano scivola nelle mutandine, cerchi il clitoride gonfio e lo torturi, penetrandoti poi con le dita senza trovare pace, muovendole come fosse il mio cazzo.
Passi la lingua sulle labbra, immaginando di avere il mio sesso fra le labbra, ti strizzi i seni perché tutto sia come quando sei con me, non puoi smettere, almeno finchè c’è questo, così lo segui fino alla fine.
Ora è la tua sagoma a muoversi impercettibilmente nel buio, al ritmo di me che da lontano ti possiedo fino a non poterne più.
Così arriva il mio seme caldo, ectoplasma immaginario, ad inondarti il corpo, mentre l’orgasmo ti invade improvvisamente. Una sorta di fuoco d’artificio colorato e rumoroso, esploso in una festa di mezza estate in cui sei l’unica invitata.
Non puoi godere come vorresti. Costretta al segreto, l’esplosione è solo nella tua mente, nella realtà si riduce ad un gemito soffocato e muto, ad una serie di respiri affannosi, che lui può sempre interpretare come un’insonnia dovuta al troppo caldo.
La canzone è finita, Lucio Dalla sfuma e così anche il nostro film in technicolor. Comincia un'altra canzone, decidi di ascoltarla prima di dormire.
Sono gli Stadio, cantano: “Grande figlio di puttana”, mi pensi e trattieni una fragorosa risata, di quelle che sappiamo fare solo noi quando siamo insieme :”sscchhhh non ridere che lo svegli!!”. 

Simply the best di Andrea Lagrein



-Ehi, Georgie, non ti sembra di aver bevuto a sufficienza questa sera?-. L'uomo fissò con occhi vacui il proprietario del pub dove si trovava, lasciandosi sfuggire una smorfia di disapprovazione. - E tu chi cazzo sei, Tony? Mia madre? La mia ex moglie? Lasciami in pace, fottuto grassone, che so badare bene a me stesso!-. Tony sbuffò contrariato. - Ti dovrei buttare fuori a calci in culo, Georgie. Ma Cristo santo, ti hanno appena fatto un trapianto di fegato e tu che fai? Subito dietro il bancone ad affogare fra birra e whisky! Senza contare tutti i soldi che butti nel cesso continuando a sbronzarti a sto modo!-. George lo fissò divertito. - Non mi sembra che le mie sterline finiscano nel cesso. Mi sembra piuttosto che finiscano nelle tue tasche, no? Comunque non ti preoccupare. Nella mia vita ho speso molti soldi per alcool, belle donne e macchine veloci. Il resto l'ho buttato via!-. Tony sollevò gli occhi al cielo. - Già, lo so bene! Ma se mi crepi qui, bastardo d'un nordirlandese, sai che pubblicità per il locale!-. George ruttò. - Faresti fortuna, vecchio mio! Diventerebbe una sorta di mausoleo sto schifo di pub. Forse ti farei davvero un gran regalo se morissi proprio qui, su questo bancone!-. Tony fece un gesto sconsolato. Non si poteva ragionare con lui. Alla fine si spostò a servire un nuovo cliente.
George rimase solo, con la sua pinta di birra e i suoi ricordi. Dura vivere di ricordi! Dura essere stato un dio acclamato da milioni di persone per poi ritrovarsi solo davanti a un bancone di un pub. Ma la vita comunque se l'era goduta, il buon George, e di questo non poteva lamentarsi. Da dove veniva, la gente faticava a mettere insieme il pranzo con la cena. Anche la sua famiglia non era messa bene. E di questo, lui, se ne era sempre vergognato. Non della povertà della sua gente, che era gente onesta e per bene. Ma del suo successo, di tutto quanto aveva guadagnato. Era una sorta di pudore. Del resto, per chi proveniva da Cregagh, uno dei sobborghi più poveri di Belfast, la miseria era quasi un marchio inconfondibile. Eppure lui, la miseria, era riuscito a sconfiggerla facendo quel che più gli piaceva. Un uomo fortunato, senza alcun dubbio!
I suoi ricordi furono interrotti dall'arrivo di Kelly, sfacciata troietta di ventidue anni, una biondina con il diavolo in corpo e due tette da mozzare il fiato. Subito la ragazza gli si avvinghiò contro, lasciando scivolare la mano sul pacco dell'uomo. - Ce la siamo proprio spassata questa notte, eh, vecchio porco?-. A George sfuggì un sorriso a quelle parole. Cristo, a cinquantanove anni sapeva ancora come far impazzire una donna. O una ragazzina! - Eh già, baby. Anche se starti dietro non è stato per nulla facile!-. Le fece l'occhiolino in un gesto di complicità. Lei scoppiò a ridere. - Ma smettila, depravato! Che questa mattina, quando mi sono svegliata, ce l'avevo ancora in fiamme!-. George sentì che gli stava tornando duro. Era più forte di lui. Alla fica, come all'alcool, non sapeva proprio dire di no! Beh, nel '69 ci aveva provato a dare un taglio a donne e alcool. Erano stati i venti minuti più brutti della sua vita! Errore che non commise più.
Le donne per lui erano quasi un'ossessione. Ne avrà avute più di duemila, ma a lui non bastavano mai. E non doveva neppure far fatica a trovarsele. Erano loro che venivano da lui. Scopare e bere. Bere e scopare. Forse era un modo per dimenticare gli ormai lontani echi del successo. Nemmeno Alex, la sua splendida seconda moglie, era riuscita a farlo ravvedere. Alla fine, stanca, lo aveva sbattuto fuori di casa, dopo averlo trovato a letto con l'ennesima puttanella di turno. Ma a lui parve non importare granché. Fu il divorzio più veloce della storia. Impiegò appena due minuti e quaranta secondi per prendere la decisone. E in tribunale si presentò sbronzo marcio!
Kelly gli sorrise maliziosa. - Sei stato semplicemente fantastico, semplicemente il migliore!-. E per meglio sottolineare il concetto, gli strizzò per bene l'uccello. George rise di gusto. - Dammi una pinta di birra e un culetto ben fatto, e certo che divento il migliore!-. Scoppiarono entrambi a ridere. - Quello è stato veramente il migliore!- intervenne Tony, indicando una foto di giornale appesa alla parete. Era una vecchia immagine in bianco e nero ormai ingiallita dal tempo, che ritraeva un giovane calciatore in azione palla al piede. Sopra la foto era stata messa una sciarpa dello United. George la fissò. Si ricordava bene quando fu scattata.
Lisbona, 9 marzo 1966. Fuochi d'artificio, razzi, cori. E sessantamila persone ululanti che aspettavano solo che la loro squadra li facesse a pezzi. George ricordava ancora la sensazione che provò prima di scendere in campo. Cristo! Quello era il Benfica di Eusebio, una squadra invincibile sul suo campo. Tutti erano convinti che sarebbe stata una vera e propria mattanza. E loro le vittime designate. Mentre usciva dal tunnel per scendere in campo a George si rizzarono i capelli in testa. Quello non era uno stadio, ma una bolgia infernale. Ma infondo quello era il suo ambiente. Lui non era fatto per il paradiso. Lui era l'uomo del peccato. In paradiso non avrebbe saputo che fare. Lì non conosceva nessuno!
George sorrise al ricordo. Per tutti, quella fu la sua partita più bella. Vinsero 5 a 1 e fanculo agli invincibili portoghesi! Da qui nacque la sua leggenda, quella di El Beatle, il quinto Beatle, un inglese dai capelli lunghi. Cristo! e da allora nulla fu più come prima. Ragazzine arrapate pronte a concedersi, fiumi di champagne, donne ammogliate e ricche dame, tre Miss Universo e danaro a non finire. Era riuscito! Era riuscito a dare un calcio nel culo alla miseria di dove proveniva. E iniziò a godersi la vita!
- E no, Tony! Dovevi vedere il mio George questa notte. Altro che quel ragazzino in quella foto!-. Kelly scoppiò a ridere di gusto. Ma per Tony, quella frase, non fu per niente spiritosa. - Non sai quel che stai dicendo, bambolina! Quel ragazzino riuscì a scaldare il cuore di migliaia di persone. Quel ragazzino, come dici tu, ci fece sognare tutti quanti. Ecco chi era quel ragazzino!-. George ne aveva le palle piene di tutta quella prosopopea. Urlando, afferrò il bicchiere da cui stava bevendo e lo scagliò contro lo specchio che aveva di fronte. - Basta, cazzo, basta! Quel ragazzino non esiste più, capito Tony? Smettila di parlarne. Smettila, ti prego!- terminò in un sussurro.
In fondo George aveva ragione. Quegli anni erano svaniti. Per sempre! Se solo avesse potuto tornare indietro, nel passato, negli anni sessanta, allora sì che sarebbe stato davvero felice. Ma non si poteva. Si doveva andare avanti. E lui lo faceva fra fiche, birre e whisky. In fondo era un modo come un altro per sopravvivere!
- Cristo, Georgie, sei di nuovo ubriaco. Vuoi che ti chiami un taxi per farti portare a casa?-. Tony ormai era rassegnato alle violente sfuriate di George. Ma gli voleva bene, era il suo idolo e così gli perdonava tutto. George lo guardò sconsolato. Si rendeva perfettamente conto di essere sbronzo. Come al solito, nulla di nuovo. L'alcool, per lui, era ormai diventato un compagno inseparabile. Gesù, nemmeno la nascita di suo figlio Calum era riuscita a farlo smettere di bere. L'alcool era diventato la cosa più importante della sua vita. Più dei successi, dei premi, del Pallone d'Oro vinto. Più di sua moglie e persino di suo figlio appena nato! Si sentiva in colpa per il fatto di non riuscire a smettere nemmeno per lui. E probabilmente iniziò a bere ancor di più proprio a causa di quel senso di colpa. Ci aveva provato anche con gli Alcolisti Anonimi. Ma il problema era che lui non poteva essere anonimo! Lui era semplicemente il migliore.
Cosa della quale se ne accorsero fin da quando era ragazzino e giocava per divertirsi nei campetti fangosi della periferia di Belfast. Bob Bishop passava da quelle parti e rimase subito incantato da quel ragazzo. Scrisse immediatamente un telegramma a Matt, Matt Busby, allenatore dello United. "Matt, credo di aver trovato un genio!". George si ricordava ancora il viaggio in nave da Belfast a Liverpool, e da lì in treno fino a Manchester. Era un ragazzino timido, in fondo aveva solo quindici anni, aveva nostalgia di casa e così, dopo un solo giorno, scappò per tornare nel suo sobborgo, dalla sua famiglia. Ma fu proprio il grande Matt in persona ad andare a Belfast e a convincerlo a tornare. E da lì nacque la leggenda!
George appoggiò la testa al bancone. Tanti ricordi. Troppi! Baciato dal talento e maledetto dalla vita. Per chi era stato definito "il più bravo del mondo" dal grande Pelè, era dura vivere giornate anonime fra pub e squallide camere di hotel. La birra e la figa gli permettevano di andare avanti, ma a George rimaneva sempre nelle orecchie l'ululato delle folle in visibilio per lui.
- Ehi, Georgie! Ti ho chiamato il taxi. Fra poco te ne torni a casa a riposarti, va bene?-. Tony gli parlò in modo premuroso. George sorrise stancamente fra i denti. Vecchio grassone! Lui sì che era un vero amico. Ancora si preoccupava di lui! Dopo poco infatti arrivò il tassista.
- Ehi, ma questo è......!-. Tony non lo fece nemmeno finire. - Già! Hai visto bene, amico. Questo è! Ora aiutami a portarlo sull'auto!-. I due uomini lo afferrarono per le braccia e lo portarono fuori dal locale. George era sbronzo perso, e non aveva più alcuna forza per opporre resistenza. Kelly iniziò a protestare. - Ma dove lo portate? George, diglielo anche tu. Dobbiamo stare insieme questa sera. Voglio che mi scopi come ieri!-. Ma ormai a George le parole giungevano lontane, incomprensibili. - Sparisci, troietta! Lascialo in pace!- grugnì Tony mentre lo sistemava sul sedile posteriore. La portiera si chiuse e l'auto partì.
Durante il viaggio il tassista non seppe resistere. - Senta, la corsa la offro io. Però lei me lo fa un autografo, vero? Gli amici e i colleghi moriranno di invidia!-. George sogghignò. Erano passati decenni, ma in fondo quel ragazzino venuto dal sobborgo più povero di Belfast ancora continuava a scaldare il cuore delle persone.
Perché in fondo lui era George Best. Semplicemente il migliore. Simply the Best!