lunedì 13 maggio 2013

STAGIONI PERSE di Sharon Lake




Aveva bisogno di abbracci nell’espressione, non si sentiva questa necessità, si palpava nell'aria.
Passare a due centimetri dal loro tavolo, si potevano ascoltare i pensieri della donna.
Le frasi dentro la sua mente sembravano rotolare fuori dalle labbra, erano suoni sommessi, timorosi, temeva che l’uomo potesse sentirli.
... Sembrava stesse leggendo un libro a voce alta, si poteva ascoltare la prefazione: parlò del loro incontro, si soffermava nei dettagli, la donna, parlava del tempo, si capì che la stagione che li vide attori era l’inverno, raccontò della neve che scese in città, una in particolare, un paio di giorni prima di un loro incontro sfumato. Serrò le palpebre per una frazione di secondo, poi ritornò a fissare il vuoto e le parole tornarono come righe da leggere sul libro immaginario.
Si sentiva la sua anima tremare, insieme alle dita che tenevano la tazzina oramai con il suo contenuto freddo.
Distolse lo sguardo dal nulla per poter guardare i suoi occhi coperti di notte, era un modo per non sentirsi volubile o per non farsi leggere dentro, lui, era una presenza senza argomenti vicino a lei.
Volse lo sguardo verso l’esterno del bar, la donna, accarezzò i colori di una primavera in ritardo, avrebbe voluto scappare coprendolo di insulti e d’amore.
Non serviva, ci pensò lui a voltare le spalle e andarsene. Per sempre.


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