Sfoglio un vecchio album di fotografie. Le sue. Le nostre. Il mio
bilocale in affitto è vuoto, troppo vuoto. E silenzioso, troppo
silenzioso. E' ormai più di un anno che se n'è andata. Dieci anni
cancellati dalle troppe incomprensioni, dai troppi errori. I miei!
“E' un macaco senza storia, dice lei di lui, che gli manca la memoria In fondo ai guanti bui.”
Invece la memoria ce l'ho eccome, vivida, lucida, come se il passato
non fosse mai passato, e i dieci anni continuassero ancora a correre nei
nostri abbracci. Osservo il suo volto sorridente, in quella foto
stampata in bianco e nero scattata a Montmartre. Gesù, sento ancora il
suo profumo.
Mi accendo una sigaretta. Chiudo gli occhi. L'ho amata?
Da morire. E in fondo la amo tutt'ora, dopo che tutto è finito, dopo
che anche un tribunale ha emesso la sua sentenza. Guardo nel fondo dei
miei guantoni. La vera domanda non è se l'ho amata, ma se ho combattuto
per difendere il nostro amore. Sospiro. Questa è la risposta più
difficile da dare!
“Ma il suo sguardo è una veranda, tempo al tempo e lo vedrai, che si addentra nella giungla, no, non incontrarlo mai.”
Già! Il mio sguardo è una veranda. Una veranda con vista su ciò che fu.
La sua pelle, morbida e vellutata, la sento ancora al tatto delle mie
dita. Non ho mai desiderato così tanto una donna nella mia vita. Sogno
ancora a occhi aperti di sprofondare fra il suo seno superbo. E la foto
che ora sto osservando non mi aiuta certo a dimenticarlo! Lei, in
costume da bagno, quell'estate in Sicilia, in posa mentre si appoggia
alla roccia di una falesia.
Mi sono addentrato nella giungla dei
miei tormenti, dei miei patimenti, delle mie delusioni. Tutto per
cercare di dimenticarla. Son sprofondato fra fiche, cosce e tette di
innumerevoli comparse. Ma nulla ha potuto pareggiare il calore del suo
corpo.
“Ho guardato in fondo al gioco, tutto qui? ma - sai - sono un vecchio sparring partner.”
Come era bella, quel giorno. Raggiante, splendente, infinitamente
unica, nel suo vestito bianco mentre scendeva le scale per raggiungermi
all'altare. Io la osservavo ammaliato, ammirato, adorante.
Mi scolo
d'un fiato una birra. Forse è stato proprio questo il problema. La mia
adorazione! Uomo passivo inginocchiato davanti all'altare della sua
superba sensualità. Uno sparring partner, una controfigura, vuota
suppellettile priva di iniziativa.
“E non ho visto mai una calma più tigrata, più segreta di così, prendi il primo pulmann, via, tutto il resto è già poesia.”
Mi alzo e mi affaccio alla finestra. La notte rende tutto più chiaro
grazie alla sua quiete surreale. E le fantasie più segrete prendono
forma dai miei incubi nascosti. Mi porto la mano all'inguine. Già! Non
posso farci nulla. La sogno, la sogno ancora. La sua vulva così
profumata, così umida, così aperta e dischiusa al tocco delle mie labbra
e della mia lingua. La penso, mi tocco e subito mi divien duro,
nonostante sia passato un anno, nonostante mi abbia detto addio.
Ma
in fondo la desidero ancora e forse ancor più di prima. Gia la
rimpiangevo appena salito in auto lasciandomela alle spalle! E questa
sera la voglia è ancora più forte. Voglia dei suoi occhi, voglia dei
suoi sorrisi, voglia dei suoi ansimi, voglia dei suoi baci!
“Avrà più di quarant'anni e certi applausi ormai son dovuti per amore, non incontrarlo mai.”
In notti come queste la malinconia, la nostalgia, porta a ripensare al
proprio passato, a tirare le somme. E a piangere per lei! Chiara, cosce
di una notte mai più riviste, uscendo dal mio letto ancora caldo di
orgasmo, me lo aveva detto. L'aveva intuito. Scopare per dimenticare non
è una gran cosa, anche se al momento sembra tutto perfetto! Ma io non
le diedi ascolto. E cercai nelle fiche altrui una soluzione per la
perdita della sua, l'unica che in fondo mi abbia mai veramente
emozionato.
Conobbi donne che si concessero per speranza, per
follia, per compatimento, per ubriachezza. Pagai, perfino, per un'ora di
oblio. Più e più volte! Ma nessuna, nessuna, mai come lei.
“Stava li nel suo sorriso a guardar passare i tram, vecchia pista da elefanti stesa sopra al macadam.”
Un'auto passa lentamente sul selciato della strada. Sorrido mestamente
agli scherzi del destino. Dall'abitacolo, fugace esecuzione, sento la
voce di Paolo Conte. E' un attimo, ma tanto basta a farmi sentire come
lo sparring partner della sua canzone.
Solo, nel mio bilocale
silenzioso, a sognare ancora le sue calde labbra scivolare lungo il mio
sesso, come quei primi giorni a Parigi nell'appartamentino di rue St
Martin.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, mentre ancora ho addosso
l'odore dell'ultima puttana di turno, vuoto miraggio di un oblio
inconsistente.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, pensando a come sarebbe stato averla ancora una volta al mio fianco.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, a richiedere alla sorte la
concessione di un'ultima ora di passione con lei, per poi morire
soddisfatto.
Ma son solo, solo con il mio sorriso, le mie sigarette, le mie birre e un album di fotografie carico di ricordi!