lunedì 28 gennaio 2013

TT (tentativo di Tanka) di Larissa Ragdoll



Parole, strade
per arrivare al mio
cuore, come
frustate schioccanti
della tua lingua.

L.R.

Fantasie genovesi di Insolito Scrittore


Genova è una città a me cara, nonostante abbia di quella città ricordi grigi e parenti, tanti parenti, sparsi qua e la lungo quell'infinito litorale ligure.
“Zena” come la chiamano nel loro dialetto, mi ricorda anche il periodo Spezino, quando ottenuto il permesso domenicale dalla leva, trascorrevo quel fine settimana con i cugini e i loro amici in una discoteca a Varazze. Ricordi sbiaditi, è molto che non torno a Genova, l'occasione potrebbe essere lei. Lei è un sole, forse pallido, ma pur sempre un sole. Questa è la prima impressione, un potenziale dentro quel sorriso che mi aveva affascinato. Avevo desiderato incontrarla, ormai la seguivo da un po' di tempo, quegli innumerevoli scatti mi permettevano di esplorare quegli aspetti più intimi di lei, non parlo di quei minuti seni che avrei avuto piacere avere tra le labbra, o chissà, ormai aveva inondato quel gruppo delle sue fotografie. Pensavo solo a quell'incontro a ciò che mi avrebbe restituito in termini di sensazioni. Sono sbarcato a Genova, ho il suo numero, vorrei chiamarla subito, organizzare qualcosa con lei. Aspetto, forse non è il caso di farle capire che sono li per lei. Mi faccio venire a prendere da mio cugino e ospitare per il WE da mia zia. Ho bisogno di staccare, trovare qualcuno fuori da tutto il mio mondo. Saluto i parenti ed esco, vado a chiamarla. M., inutile mentire ora, mi piace, vorrei conoscerla, vorrei farci l'amore.
- Ci incontriamo?
Lei risponde titubante, - si dove?
- All'aquario.
- OK.
Non credo in molte parole, solo in quegli sguardi complici, capisci subito se vuoi che accada. E' cosi, uno sguardo, un bacio interminabile e un desiderio incontrollabile, veloce corre troppo veloce. No, era tutto ciò che serviva, le sue attenzioni, le sue mani strette intorno alla vita a sfiorare quei tatuaggi che aveva cercato di decifrare sulle fotografie. Dal vivo sono un'altra cosa. Lei è un'altra cosa. Ha un bel sorriso veramente, mi piace avere le mie mani tra i suoi capelli, sentire il suo respiro addosso, e le sue mani che mi cercano. “Dove andiamo?” Mi dice. Io gli rispondo “Vorrei fare pace con Genova.” Mi guarda e mi porta a casa sua, si spoglia senza tanti preamboli, poi incomincia a spogliare me, lentamente, “Tu mi conosci, ma io non conosco te. La sua pelle sulla mia, mi scivola giù, ha voglia del mio sesso in bocca, indietreggio e la lascio fare. Sono eccitato dal momento in cui l'ho vista all'acquario, è un pensiero difficile da levarsi. Sale su, condivide il mio sapore sulle mie labbra, vuole baci, tanti baci, un vestito di baci. Riprendo da un punto indefinito tra spalla e collo, scendo giù i suoi seni tra le mie mani e la bocca, il suo respiro si accentua, starei ore su quei particolari, lei invece mi spinge giù sul suo sesso glabro e umido, cerco quella fessura con la lingua, la divarico, fino a becchettare sul bottoncino fino a sentire un mugolio diverso, è il suo modo di farmi sapere che le piace. Ha un buon sapore e le faccio sentire il mio desiderio mentre spingo il suo sesso tra le mie labbra. Infilo le dita, ma questo è già un altro mondo, un mondo in cui M. mi ha già fatto suo. Credo mi abbia fatto far pace con Genova.

I.S.

Fantasie veneziane (anonima veneziana) di Insolito Scrittore


Venezia, ha sempre avuto il suo fascino, i suoi canali, l'acqua alta, piazza San Marco, le variopinte case di Burano, i pregiati vetri di Murano o dei viaggi in gondola lungo il canal grande e il carnevale, vogliamo dimenticarci del carnevale?

Un invito in maschera, uno dei tanti a cui non volevo cedere, così, mi ritrovo a Venezia alla ricerca di quelluogo indicato sull'invito e del vestito appropriato per celare la mia identità. Perché il carnevale a Venezia è anche questo - per tradizione - un azzeramento del proprio status sociale.
Mi innamoro di un abito bianco con ricami dorati e di una maschera che copre quasi tutto il viso, lascia scoperta solo la bocca (e sarà una fortuna averla scelta così) oltre ai fori per gli occhi naturalmente. Un cappello con abbinata parrucca dai rigogliosi e fluenti boccoli bianchi.
Le danze d'epoca, dama e cavaliere, abbinamenti casuali, sguardi che si incrociano e si scelgono.
- Buonasera maschera, sono le mie uniche parole proferite quella sera.
- Buonasera cavaliere sono invece le sue.
E' stato così tutta la sera guardarsi e parlarsi con gli occhi, a fare l'amore con gli sguardi.
Le persone dietro la maschera possono diventano chiunque.
Il mio pollice sfiora il dorso della sua mano, lo preme fino a farle sentire il mio desiderio di possesso. Fa caldo la dentro, l'abbigliamento diventa una prigione, solo quegli occhi azzurri mi trattengono ancora la dentro con quella dama.
All'improvviso la festa si anima, tutti corrono fuori, ha inizio lo spettacolo dei fuochi pirotecnici, ha in sé qualcosa di incredibile il loro specchiarsi sulla superficie calma dell'acqua della laguna.
La mia mano si tende all'indietro e la trascino via da lì – seguimi – le dico.
Lei non ha resistenze e si lascia trascinare via.
La trascino per corse a perdifiato lungo percorsi mai improvvisati, destra, sinistra, ancora sinistra, ponti e vicoli, saliscendi e corsa fino a che reggono i polmoni prima di esplodere.
Finalmente mi fermo, il nostro fiato sono coni di vapore che si intrecciano a vicenda. Il suo petto sale e scende, invitante quasi a voler scappare dal vestito.
- Esprimi un desiderio, le dico, sull'onda di un fragoroso fuoco d'artificio.
- Shhhhhhh, baciami. Solleva di poco la sua maschera quel poco che basta per infilarci le mie labbra.
Scendo giù sollevo il vestito e le cerco il sesso, già umido e spalancato, la sua voglia , il suo sapore, la investo del mio respiro caldo e si ricopre di infinite goccioline, continuo, in quell'estenuante banchettare di lei, mi sollevo vedo quegli occhi celesti compiaciuti, un cenno si volta , le mani già sui seni le areole ora sbordano il mio sesso dentro lei, con forza, con brutalità mi muovo come se avessi ancora poco tempo, quello dei giochi pirotecnici.
La sento inondarmi del suo piacere, caldo il mio segue a breve, restiamo piantati li come basso rilievi su quel muro a rapire il respiro dalle sue labbra e infierire quei baci sul collo libero.
Rientriamo, non ci siamo allontanati tanto dalla festa, abbiamo quasi fatto un giro dell'isolato, bagnamo le nostre labbra con dell'ottimo spumante, poi il tempo di chiudere gli occhi ed è già sparita. Non credevo di rivedere quegli occhi mai più. Sul volo di rientro un anonima signore seduta al mio fianco allunga il suo braccio per ritirare la consumazione offerta dalla compagnia aerea. Gliela avvicino sfiorandole il dorso del polso, mi guarda, occhi azzurri, stringo, lei capisce.



Corto circuito d'amore Di Insolito Scrittore e poi il duetto con Sharon Lake

Da qualche parte si era spezzato quel filo, forse troppo pesante quell'improvviso sovraccarico d'amore, un corto circuito tra quei due strumenti di cui aveva sempre padroneggiato. Mente e cuore all'unisono trasmettevano il pensiero alle dita, ma non alle labbra, eppure, il segnale c'era, arrivava, pulito, senza problemi, come un codice morse quel segnala arrivava “- .. .- -- ---”. Doveva essere quel generatore. Forse le aveva rapito troppi battiti e quel cuore non riusciva a pompare più quelle parole sulle sue labbra, forse avrebbe dovuto pomparle lui direttamente su quelle labbra. Lo avrebbe fatto, pur di sentirle.
I.S.


Defibrillazione d’Amore di Sharon Lake
Scosse arrivavano all’improvviso, inaspettate, così come era stato inaspettato quel codice, un messaggio per il loro navigare in mezzo al mare. Le loro immagini danzavano fra i sussulti, fra le palpebre indagatrici di capire, fr
a le dita che venivano portate al petto per placare battiti impazziti, dentro. Ancora, manda segnali “- .. .- -- ---” le labbra si schiudono, tremano, il sangue che circola dentro le vene le irrora, cambiano colore senza morderle. Un soffio prende vita fra irrealtà e coscienza, una fascio di luce della luna entra nel brivido negli occhi. Ti Amo. Ferma il cuore. 

S.L.

 L'ultimo battito. di Insolito Scrittore
Un istante interminabile, luce nella luce nell'attesa di quelle cinque lettere, bianchi, pallidi come la luna su di loro. Ogni sfumatura scomparsa, ogni pensiero svelato. I loro visi ora si richiudevano impedendo a che quella lu
ce invadesse ancora i loro corpi. Si occultarono nelle ombre dei loro visi, dove tutto diventava respiro nel respiro e intrecciarsi di lingue e pensieri. Nodi sciolti, desideri compiuti, ora senza freni. Ho capito sai cosa significa andare oltre la pelle. Mi hai aspettato, grazie. Non lo credevo possibile, amarti così, da folle. Mentre i battiti incominciarono a rallentare fin quasi a fermarsi e cessare.

I.S.

Il silenzio di me di Sharon Lake


Io e i miei timori di esternare, le mie ansie che catalogo per non farmi soffocare prima di inserirle nelle pagine dei giorni che passano. 
Io e le mie parole che si attorcigliano sulle dita, entrano sotto le unghie, scarabocchio dentro la mia vita, perché sono la mia vita.
Io e me, che non vanno d’accordo, si scontrano, si odiano, si amano.
Io e il mio sguardo che ha paura, brucia sino a farmi male di bene.
Io e la mia incapacità di urlare dentro l'altro sguardo, il timore di far capire. E taccio.
Forse so solo scriverlo “Ti amo”. 


S.L.

Frammenti di Allie Walker


Piccoli spazi
Di gioia assoluta
Ecco sorrido

A.W.

Due freddi di Federico Nanker Phelge


Inverno fuori
e gelo dentro
dalla mia bocca escono parole
che si condensano in bianche nubi
come l'alito nell'aria

F.N.P.

Lettera da uno sconosciuto di Francesca delli Colli

Non mi serve sapere il tuo nome ed i tuoi occhi sono senza volto , ma e’ come se ne conoscessi la luce da sempre. 
So che mi scrutano, mi leggono, mi parlano e quel “parlare” e’ piu’ intenso di una parola, perche’ mi entrano dentro scovando i nascondigli in cui si rannicchia la mia anima e tirandola fuori a forza.
Quello sguardo che immagino riesce a spogliarmi lentamente e le tue parole mi rivestono di quella passione che scivola sulla mia pelle mozzandomi il respiro.
Non hai idea quante volte mi sono immaginata cio’ che ci scriviamo, le nostre scene descritte in ogni minimo particolare e la nostra eccitazione che urla quel desiderio mai vissuto ma tangibile sui nostri corpi.
La tua “presenza” e’ come un fuoco che divampa ogni volta che ti leggo, ti scrivo, ti parlo , sciogliendo lentamente i miei sensi che assumono una forma, la tua.
La verita’ e’ che ho voglia di te, delle tue mani, dei tuoi baci, della tua pelle , del tuo odore .
Il tuo pensiero la notte mi tiene sveglia e tu sei con me, lasciando che il mio corpo, la mia mente e le sensazioni viaggino all’unisono con le tue.
Il letto disfatto profuma dei nostri odori ancora eccitati . Io tra le tue braccia, pelle contro pelle, respiro contro respiro, un senso di appagamento e protezione.
Quei tuoi sussurri che mi mettono i brividi li sento ancora vivi sulla mia pelle e scivolano come lente ed oleose gocce che vanno a sciogliersi tra le cosce.
So di cosa saresti capace, conosco la forza della tua passione, forse una passione disperata che non riesce ad avere pace, troppo forte per riuscire a gestirla rimanendo sempre affamato.
Ti accarezzo, sei sudato, la mia mano scorre leggera e sicura, scivolando impazzita sul tuo corpo oramai quasi addormentato cercando quello spiraglio di vita che sta sorgendo di nuovo.
I tuoi occhi sono socchiusi cercando di assaporare meglio le sensazioni che cominciano ad accavallarsi nella tua mente.
Questo pensiero, amplificato dal buio della notte, dove scorro tutte le immagini , come in una pellicola di un film nel quale noi siamo di unici attori mi fa sentire nervosa e mi rigiro a pancia in giu’, nascondendo il viso tra i cuscini del mio letto ma l’odore della tua dolcezza mi inebria come se si fosse imbevuto realmente nella stoffa e la mia mente si svuota per far posto ad emozioni inaspettate e sconosciute.
La tua mano scorrere lungo la schiena, una lenta e dolorosa carezza alla quale mi abbandono.
Le labbra umide mi accarezzano le spalle, lasciando baci sparsi che adagi nel mezzo e scendendo verso il basso mi fanno venire la pelle d’oca .
A quel pensiero non riesco a contenere un fremito e le lenzuola del mio letto diventano un agglomerato informe mentre mi rigiro a scatti e i capezzoli si puntellano sul materasso dolenti quanto sono eccitati.
Perche’ non sei qui con me?
Di nuovo sprofondo in quegli attimi senza tempo e ti immagino andare giu’, il mio respiro si fa piu’ pesante come per lenire cio’ che sento mentre mi intrappolo le mani tra la sommita' umida delle cosce.
Un leggero alito di vento scivola lungo il mio corpo prendendo le sembianze della tua lingua che delicata sembra accarezzare il solco che divide le natiche, il mio respiro aumenta ancora assaporando quei gesti a cui regalo la mia vita.
Decisa si incunea profondamente fino ad arrivare allo spazio che porta alla via del piacere.
Le socchiudi cercando lo spazio per arrivare piu’ velocemente al miele, sembri un’ape impazzita che non sa dove fermarsi .
Ed in quell’oblio di sensi confusi le mie gambe si aprono offrendoti il mio sesso turgido e bagnato senza decenza.
Le tue mani….
le tue mani mi esplorano, le tue mani voglio conoscere. le tue mani voglio sentire.
Le sento vagare per il mio paradiso, si muovono dentro di me lasciandomi gemere sommessamente.
Mi sento tirata come una corda di violino , le tue mani sono le mie in questa notte solitaria.
Dio mio come mi sembra tutto reale!
Ti desidero totalmente, li dentro quel letto in compagnia solo di me stessa dove i miei pensieri non cessano di martoriarmi, come le dita che stringo tra le cosce e non riescono a star ferme
La mia pelle e’ umida, i miei umori la oliano mentre scivolano tra le labbra aumentando il piacere e quando “mi entri dentro” sussulto.
Ad ogni tua spinta un lamento mi esce fievole, il tuo fiato sul mio collo e’ caldo, la tua bocca sfiora la mia senza rubarle un bacio.
Percepiscoil tuo ansimare dietro di me, mi eccita, mi piace sentirti, mi piace vederti godere.
Sarebbe uno spettacolo da non perdere…
I tuoi ansimi mi incitano, col bacino e la figa pulsante accompagnano i tuoi movimenti lenti ma decisi.
Ho voglia di sentirti esplodere.
Vorrei guardarti negli occhi ,ma non posso……
Ti immagino ed e’ ancora piu’ eccitante pensare al tuo viso contratto dal piacere con un’espressione intensa concentrata su di me che rivendica la sua proprieta’.
Mi manca il respiro , ti sento quasi in gola, vorrei che non finissi mai.
La tua fronte e’ poggiata sulla mia nuca, quasi posso percepire il pulsare delle tue tempie mentre i nostri capelli si intrecciano tra di loro.
Stiamo perdendo la cognizione delle cose e del tempo , solo i nostri ansimi hanno consistenza e mentre ti aggrappi ai miei fianchi ti lasci andare nell’infinito dei sensi.
Mi sto perdendo anche in quella confusione di passione mista di desiderio reale e sogni effimeri .
Il piacere arriva esplodendo,
e’ tuo ..
Rimango quasi senza fiato godendo di quell’attimo di fusione delle nostre anime e dei corpi che hanno quasi assunto una sostanza' reale.
Vorrei conoscere i tuoi occhi…
Ne ho bisogno.


F.D.C.

Arrivo presto di Allie Walker



Pericoloso
scappate da li sotto
potrei buttarmi

Homo Sapiens Sapiens di Larissa Ragdoll


Inutile fuggire non respirare
quel fumo tetro é sempre nell'aria
ci ha impregnati nell'anima
non bastano gli anni i lustri i secoli
é opera nostra anche se non c'eravamo
e potremmo farlo ancora e poi ancora...
nessuno é esente
nessuno può dirsi immune

L.R.



Fottiti di Allie Walker


Cosa non vorrei
per un abbraccio dato
senza inganno

A.W.

sabato 26 gennaio 2013

Elucubrazione di metà pomeriggio di Francesca Delli Colli

Spesso mi soffermo a “studiarmi”, sfogliando tutte le pagine di cui sono fatta.
Parole, parole, parole, qualche immagini a colori, qualcuna in bianco e nero, qualche sottotitolo, qualche citazione, un po’ di traduzioni, qualche pagina strappata.
Sono alla stregua Della “Treccani” .
Tanti volumi con argomenti diversi, regolari appendici che si aggiungono periodicamente e con un dizionario in dotazione cercando disperatamente un significato di “me stessa”.
Oggi ho preso il volume di “Scienze naturali” ma non per studiare il corpo umano, ma per conoscere da cosa
Puo’ essere composto il terreno su cui si cammina.
L’occhio mi e’ andato sul capitolo “Sabbie mobili”.
E leggi leggi ho scoperto che ci sono tanti motivi per affondare nelle sabbie mobili e non me ne ero mai resa conto.
Ecco qualche esempio :
Perche' ti ci butti arbitrariamente,
perche' le incontri senza riconoscerle,
perche' ti ci spingono,
perche' pensi di saperle evitare, ma inciampi e fai il tuffo,
perche' pensi di poterle oltrepassare con un salto,
ma la cosa di base e' che quando metti quel piede in fallo
e' la fine ed e' una fine lenta, consapevole, ansiosa, dolorosa, terrificante,
fino a che la melma non ti entra nel naso, negli occhi in bocca , nelle orecchie
e ti blocca ogni movimento allora trovi quella pace, quella rassegnazione finche' la mancanza di ossigeno
non ti annebbia la mente lasciandoti scivolare via.
Le mie sabbie mobili hanno diverse forme a seconda di cio’ che sono composte,
ma per lo piu’ sono fatte di insicurezze e delusioni.
Nelle prime mi ci butto io, consapevole dei miei limiti, che siano veri o che nascano per pararmi il culo non ha importanza, spesso sono comodi perche’ ti tolgono le decisioni . Nella giungla dei miei “ma” , “perche’” o “forse” qualche volta riesco ad afferrare una
“Liana” (sicurezze) alla quale aggrapparmi e tirarmi fuori con mia grossa soddisfazione.
Dalle seconde invece vengo risucchiata senza pieta’ e come zavorra attaccata ai piedi
Ho le insicurezze di cui prima che unite al rancore di non averle dissipate e il rammarico che potevo farlo, la voglia di farlo ora e l’impossibilita’ di mostrarlo, creano un peso non indifferente, che mi strascina giu’ nel “mio fondo” e opprimendo ogni respiro e annientando ogni possibilita’ di riemergere.
Ma qui la domanda sorge spontanea, sono io il problema che non ho quella “forza motrice” che mi da l’input
Di emergere dall’intreccio delle mangrovie della mia mente, oppure sono gli altri che mi spingono il piede sopra la testa evitando di farmi emergere?
Fatto sta che il risultato non cambia, perche’ sono annientata comunque e mi ritrovo come Dante “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la diretta via avea smarrita”, senza essere mai riuscita ad arrivare alla fine di questa benedetta foresta , di essere riuscita negli intenti preposti, o per colpa mia o degli altri, con sperpero di fatiche inutili e con la “Fermata di linea ” di Caronte spostata non so dove.
Ma la zattera di Caronte galleggia sulle sabbie mobili?


F.D.C.

Switch on di Francesca Delli Colli



Tra le tue mani e’ come sentirmi un cerino.
Cerino acceso che puoi spegnere con un soffio,
Cerino spento che puoi accendere con una scintilla.
Sono tra le tue mani,
un cerino.
Li fermo,
dritto,
stretto tra le tue dita,
non le allentare…
cadrei a terra.
Tu mi sei necessario
Per vivere o morire
Io ti offro l’oppurtunita’ di farlo.
Ma finche’ non decidi il mio destino,
ed io accettarlo,
continuo ad essere quel cerino
con l’anima di legno
ed un cuore da accendere.

F.D.C.

Perfida ed ammaliante troia di Allie Walker


Volo sulle pareti della mente… e non solo. Mi arrampico, mi abbarbico, stringo i denti e rifletto. Oggi ho sbagliato, ancora una volta, lo faccio spesso ed è per questo che mi ha voluta. Non ti sei accontentato della semplice schiava obbediente e devota. No. Tu hai voluto me, intelligente e presuntuosa, mi hai detto appena mi hai conosciuta. Cribbio, ti ho risposto io, lo so già, non hai scoperto l’acqua calda. Conflittuale il nostro rapporto, due caratteri forti, ma opposti che si attraggono. E’ quando mi vuoi punire che arriva il bello. Mi realizzo in quel momento, mi diverto e ti diverti. In fondo la vita è breve, se non ci fosse un po’ di malizia e divertimento che cazzo di vita sarebbe. Ecco, in quei momenti, c’è una strana calma che scivola nella mia mente, quando mi condanni a pene in cui non sei attivamente coinvolto. Mi metti in un angolo e mi guardi, immobile, senza espressioni apparenti. E io, nella calma della mia mente, sono instabile con il corpo, sono una cosa che si trova in bilico su un asse posto sopra una botte arrotondata, che si muove impercettibile verso di te. E’ qualcosa che assomiglia alla preoccupazione, il mio muovermi, ma anche una specie di curiosa aggressività… e tu lo sai, sai che non riesco a rimanere immobile. Sai che le mie attese poi divengono pene profonde… sono come macigni nel cuore. Ma tu vuoi vedere dentro la mia testa, vuoi imprimere momenti di quiete, vuoi costringermi a riflettere sulle mie azioni. Ah, cosa daresti per essere una stilla di sangue che scorre dentro le mie vene e irrora il mio cervello, cercando la verità dentro di me e non solo nelle mie smorfie di attesa, E lo so, vorresti sapere se si tratta di rimorso o solo frustrazione quella che mi pervade, per non essere riuscita ad obbedire, per essere una mente in fermento e non sempre sottomessa. Vorresti sapere… sapere se mi dispiace almeno un po’.
Ti piacerebbe conoscere la mia opinione sulla punizione, vorresti sapere se funziona.
E io, in attesa di una tua parola, elenco mentalmente le cose che devo fare oggi, poi penso al sesso… inevitabilmente. E la tentazione è grande, anche in bilico. Vorrei far vagare la mano verso il mio centro pulsante, verso il cuore vitale e fremente. Vorrei giocare tra le carni calde, ma tu ancora non vuoi, lo vedo dal tuo sguardo. Cazzo, adesso vorrei che te ne andassi, vorrei rimanere sola nella stanza. Dai, su… vattene. Ma se non te ne vai, vieni qui e prendimi, usami. Sono una cagna vogliosa, pronta da usare, perché non lo vedi?
E tu, che fai invece? Rimani ancora li, a testimoniare il mio dialogo interno, ad argomentare silenzioso contro di me, arrivando a conclusioni inevitabili. Vorresti leggere i miei pensieri, dietro questo mio volto poco piacevole e sbeffeggiante, posta in un angolo come una bambina che ha messo le dita nel miele, e poi… alzo le spalle, tiro un sospiro e la voce esce piagnucolante: “Quanto mi manca? Sono stanca.”
E lui: “Lo vedi? Mi senti? Sono scivolato nella tua mente. So cosa vuoi. Implorami, e forse… dico forse… mi avrai,. Perfida ed ammaliante troia!”

A.W.

Parchi di parole di Larissa Ragdoll


E' il mio destino...la nemesi della chiacchierona incallita che sono io, attirare uomini enigmatici che non parlano o parlano così poco da sospettare un mutismo selettivo nei miei confronti. Ed io, astuta, applico le mie conoscenze lavorative, come faccio con i cani : studio ogni movimento dell'occhio o del labbro, l'arricciare il naso , il dito che batte nervoso, e poi..provo a comunicare, leggendo i segnali, cominciando a capire. Non scappo, resto fedele ad aspettare , ascolto e dopo un pò i "parchi di parole" diventano latori di qualche monosillabo ,parole, piccole frasi...poi chissà ...ci sarà un discorso

L.R.

Equilibrio di Larissa Ragdoll


Resto appesa
come foglia sul ramo
é eterna l'attesa.

L.R.

Immerso in onde verde lucente di Insolito Scrittore


Questa notte mi sono immerso in quelle onde verde lucente. Ho solcato quel mare scavalcando quei grani nel frastuono di quei respiri. Quelle perle erano come una barriera corallina, frenavano ogni emozione, impedendo di scivolare oltre quell’abisso.
Ho salato la tua pelle del mio sapore, condito la tua anima delle spezie mancanti, ho sentito sciogliere quelle paure e le ho condivise nei miei occhi. Ho rubato respiri, battiti e sorrisi.
Ho detto ti amo, spiaggiandomi in quelle parole. Ho spogliato il tuo corpo di invadenti baci, uno dopo l’altro ti hanno vestita. Quelle labbra chiedevano “lasciami spazio nel tuo cuore”.


I.S. in risposta a Nuotare nella presa di coscienza di Sharon Lake

Globo (doppia versione) da un idea di Giuseppe Balsamo



Giuseppe Balsamo lo vede alla sua maniera:

Da bambino avevo un mappamondo, un globo con la lampadina che si illuminava. Prima di addormentarmi, chiudevo gli occhi facendolo girare, puntavo il dito in un punto.
Quando finivo su qualche oceano riprovavo, cercando la terra ferma, leggevo ad alta v
oce il nome storpiandolo puntualmente, mi concentravo ed immaginavo, avventure inverosimili esseri fantasiosi con cui confrontarmi. Andavo a dormire con la certezza che quel luogo mi sarebbe apparso in sogno.
Sono passati molti anni ed alcuni di quei luoghi li ho visti veramente, i sogni si sono realizzati.
Molti sogni di bambino, ma anche alcuni da adulto, li ho realizzati.


Allie Walker prende spunto e aggiunge malizia

 Quando ero bambino, mi regalarono un mappamondo. Ricordate quei globi con la lampadina dentro, che attaccavi alla corrente e si illuminavano? Prima di addormentarmi, mi divertivo a chiudere gli occhi, farlo girare e puntare il dito in un punto casuale.
Finivo in mezzo a qualche oceano ed ero costretto a riprovare, cercando con il polpastrello la terra ferma, leggevo ad alta voce il nome del luogo, storpiandolo. Immaginavo poi battaglie, avventure inverosimili, esseri fantastici, mi addormentavo con la certezza che li avrei sognati. 
Oggi, lo riguardo, forse in maniera distorta… ehm ehm… ma un mappamondo così chi non lo vorrebbe?


venerdì 25 gennaio 2013

Nuotare nella presa di coscienza di Sharon Lake


Oggi. Non ieri, oggi. Ho guardato dentro quel mare, lo spazio che esiste fra te e me, dove la carta si bagna e si scioglie. Mi sono immersa insieme alle parole, disperse galleggiavano come salva genti. Un’ancora dove rimanere a galla. Non servono più, almeno alcune, oramai è tutto sotto pelle, sino al cuore. Mi hai raggiunta, mi sono fermata. Ho sollevato le palpebre dalle parole, hanno sbriciolato le mie paure. C’eri tu. Sorrido. Non sai come mi ami? Spiegamelo stanotte, mentre toglierai gli ultimi brandelli di tessuto dalla mia pelle. Inizia dal solito spazio, quello fra spalla e collo. 

S.L.

Porcellana cinese di Francesca Delli Colli


Sensazione surreale, il tempo e' come essersi fermato nel momento in cui sono entrata in quella stanza. Non so se ho il cuore che si e' bloccato oppure batte talmente forte che non riesco piu' a percepirlo fondendosi con il tremore che mi circola per tutto il corpo.Un minuto sembra un'eternita' rispetto al tempo che passa realmente.

Forse vorrei andarmene, ma ora e' troppo tardi, sono bloccata da un qualcosa che non riesco a capire e che perfora la mia mente, oltre che da quel pezzo di scialle nero rotto per l'occasione che tiene legate le mie mani sopra la testa. Non e' quello che mi trattiene, ma la mia testa alla quale manca una parte di consapevolezza per essere completa.

Continuo a convincermi che devo restare, lo devo fare per me..devo capire e farmi largo tra i mille dubbi che mi girano attorno, ma fondamentalmente non so quale sara' il fine reale di tutto questo e questo mi terrorizza.

Mi sembra di essere sdoppiata, mi guardo come se fossi riflessa in uno specchio non riconoscendo la mia figura ed eccomi qui incatenata alle mie paure che cerco di esorcizzare, spero una volta per tutte.

E' stato pattuito tutto, dopo non so quante ore di chiacchierate e chiarimenti ed incontri,quindi questo mi dovrebbe tranquillizzare, ma non lo sono.

Tu sei li che mi guardi seduto sul ciglio del letto, il volto è pensieroso come se stesse valutando le mie reazioni che in fondo ancora non sono stimolate da nulla se non da una forte ansia. Sei anche te un po' imbarazzato dalla situazione sicuramente inusuale rispetto al tuo vissuto, oltre che dalla persona particolare e forse infantile che sono in questa situazione che tento di vivere.

Penso che avrei fatto passare la pazienza anche ai santi con tutte le mie domande, dubbi, indecisioni..ma invece tu sei ancora li e questo mi conforta.

Paragonata ad una "porcellana cinese" ,hai detto che devo essere trattata come un oggetto delicato che rischia di rompersi al primo gesto sbagliato, ed e' vero, ti sto perforando con il mio sguardo cercando di prevenire le tue mosse... come se potessi evitarle......

Sono proprio ingenua....mi sono vestita di tutto punto come se dovessi andare ad un incontro galante, senza pensare che allo stato scevro della mia mente si presenta una situazione completamente opposta.

Tante sensazioni, tante emozioni ma del tutto diverse da quelle che conosco normalmente.

Ed ora mi ritrovo quasi nuda davanti ad uno sconosciuto, un misto di vergogna ed eccitazione, che i miei seni esprimo senza alcuna remora, sbocciando oltre il leggero velo che dovrebbe coprirli, anzi che ne copre solo uno, il movimento delle braccia alzate sopra la testa hanno scoperto quello destro, che impotente ti si offre.

Il mio volto e' contrito, per nulla disteso nel momento in cui ti alzi da quel letto per venirmi vicino, ho la sensazione che le mie gambe stanno per cedere, vittime del tumulto che ho dentro...ma so che tu mi "raccoglierai" mentre mi adagio inerme nelle tue mani .

F.D.C.


Il brivido a cavallo dell'onda di Insolito Scrittore (risposta a Onda anomala di Sharon Lake)



Io credo che tu lo sai, in cuor tuo lo sai, ammettilo, non puoi continuare a mentire a te stessa e a me. Ha molta importanza lo spessore del filo che ci unisce? Ho come l'impressione che non sia mai stato fragile e al contempo resistente come ora. Ha scavalcato il mare. 
Quanto ad essere qualcosa di diverso dalla seta, non giurerei di essere diverso da ciò che i tuoi occhi cercano. La questione ora è un'altra semmai, A M A M I. Sei in grado di farlo? Ho pensato a tante volte a questo nostro gioco di parole, a volte interminabile, sfiancante altre, per occhi indiscreti, ora ti ho raggiunto, sono davanti a quegli occhi e busso chiedendo di lasciarmi affogare la dentro. Ho varcato porte socchiuse e oltrepassato quelle ombre. L'ho fatto per andare a conoscere un anima ritrovata. L'ho fatto per una promessa atavica di non lasciarla mai, l'ho fatto perché mi ha stregato nuovamente come ogni volta. Mi ci è voluto un po per capirlo. Ma ora ci sono. 
Ho letto quel sms mai spedito, mai digitato, ancora incubato dentro quei pensieri che sembrano pennacchi di canne al vento. Sono io quel vento o sei tu che ti fletti a me? Io inseguitore o inseguito. Mi son voltato e ho visto che mi cercavi dietro di te. In quel momento l'hai vista, quell'agenda, l'hai letta indagando su quei pensieri. Ti sei lasciata vestire da quelle parole e ti sei spogliata di altre. E quel gioco è continuato fino ad oggi.
Perché indietreggi? Son io che ti spingo su quella parete, inchiodandoti ai tuoi pensieri? Perché chiudi quelle palpebre, celando quei lucenti occhi verdi. Ho provato a fuggire da te, tante volte, troppe, rifiutando ciò che ora mi è chiaro. Solo tu non ne vuoi prendere coscienza.
Perché hai paura di me? Che mostro pensi di aver creato tra quelle lenzuola di carta, vuoi essere solo un indimenticabile ricordo di una notte o quell'eterno ritrovarsi di anime elette che riescono sempre a sfiorarsi. Perché scindere le categorie, mi chiedo, se fosse anche questo insegnami ad amarti, sfiorarti al meglio.
Conosci i miei vizi, troppo bene, mi hai insegnato tu a viverli sulla tua pelle, credi mi faccia effetto un'altra donna nuda tra i palmi, che squallido pensiero son diventato, contorto? Innamorato? FOLLE! Se dovessi mai muovere le dita per disegnare quelle gentili forme che mi hanno stregato lo farei, senza esitazione per accedere la dove vorrei rubare battiti dal tuo cuore.
Ho sciolto le distanze e sono a un respiro da te. Inebriato dal sapor di vaniglia, dai pizzi, dai grani delle perle che ti ho regalato.
No, non scivolo ancora lungo quel canale di desiderio che mi offri, aspetto che sollevi le palpebre, voglio leggertelo negli occhi quel desiderio di avere il dorso delle mie dita sfiorarti, voglio sentire il tuo respiro reclamare il mio, non desiderare le mie mani sulle generose forme prima ancora che le mie labbra colpiscano un punto indefinito tra spalla e collo.
E' tutto semplice ora, anni di corteggiamento, di parole che vestivano l'anima è tutto così facile ora, cosa non capisci tra l'amarmi e lo spogliarti? Mi hai chiesto di osare, l'ho fatto, mi sono spogliato di ogni maschera, di ogni pudore interagendo lungo quei pizzi, ora sono solo un ricordo, come acqua ormai passata sotto i ponti, ora io ho solo una cosa da offriti, essere la sorgente dei tuoi desideri più intimi. Alza lo sguardo. Dischiudi quegli occhi. Fallo! Rischiara ogni perplessità, che hai nell'anima, liberati da quel fardello di dolore, pensi di averne uno tutto tuo, più pesante di altri. 
Non è difficile, alzi il viso in direzione del mio respiro, mi guardi e lasci che io ti sfiori. 
Quanta paura avevo di una donna. E ora sono li ancora un passo e lo spazio tra te e il muro sarà colmato.
Un brivido, lo scorgo ora, le tue punte ben visibili sotto l'intimo, un rossore sulle gote, qualche scia riga il tuo volto, le palpebre si levano in su, gli occhi si velano di un oceano di colori, quel dito che reclamavi ti sfiora, scivola lento, sulla pelle, liscia come seta, indugio un attimo sulle perle, leggo ancora l'ultimo dubbio e lo scavalco, il respiro si ferma, affogato nelle labbra in un punto indefinito tra collo e spalla, come promesso, si allarga e si chiude quella bocca risale verso il collo, la mano scivola dietro ai capelli per lasciar morire le labbra sulle tue labbra.
Credo tu sappia dove è l'altra mano. Vero? La senti danzare sull'orlo del pizzo, a rivelare un desiderio, il mio, il tuo, il nostro.


I.S.

Il collare di Eleonora Marino Rosso Seta




Un collare, lasciato in sospeso, pronto per essere indossato, so che desideri farlo, so che mi desideri, so che i tuoi pensieri offuscati non ti permettono di vederlo... Presto sarà primavera e il sole riscalderà anche il tuo cuore e la tua anima dalle sofferenze che ti hanno preso mente e corpo. Io attenderò fino a quel momento dove le nostre anime si uniranno, senza dire nulla, sapremo come arrivare alla nostra complicità e a dissetare la nostra anima...
Pensarti e volerti mi accompagneranno sino al giorno in cui tenderai la mano e essa arriverà a me... Donna e Slave.

E.M.R.S.

La telefonata di Giuseppe Balsamo


Era diventato il mio secondo lavoro, cominciato quasi per scherzo con un annuncio messo per caso, era diventata la mia maggior fonte di reddito.
La prima volta era sta dura, una sorta di sfida con me stesso. Rammento ancora la telefonata di lei, forse ero ancora più imbarazzo della mia nuova cliente, a tavola e nella camera dell’albergo fui un fiume di parole, forse questo servì a metterla a suo agio, farla ridere servì a tranquillizzarla “non rido così da molto tempo”, erano queste le sue parole più ricorrenti e che rammento di più. Le pronunciò, la prima volta, mentre le mie mani scorrevano sulle spalline di seta del suo abitino, la baciavo mettendole a nudo l’animo, scoprendo quel corpo che tra poco avrei avuto dietro compenso.

Imparai a farle ridere, il denaro ed i regali non erano per il sesso, ma per quelle risate spontanee che sentivo nella stanza poco prima di averle avute. Richiamavano e passavano il numero alle loro amiche, non perché le facevo godere, non per il mio fisico atletico o i capelli brizzolati, ma perché le facevo sorridere, perché “era da molto tempo che non ridevano più così”. Non erano tante, ma molte di più di quelle che mi sarei aspettato, tanto da potermi permettere una vita agiata, una seconda vita di cui nessuno sapeva nulla.
Così come era incominciata, con una semplice telefonata, finì allo stesso modo: con una telefonata da parte di una sconosciuta.
La voce preoccupata ed imbarazzata di quella donna che chiedeva un appuntamento per parlarmi, mi mise una certa inquietudine addosso. L’urgenza di quel tono, la condiscendenza ed allo stesso tempo la sua decisione, mi spinsero a recarmi all’incontro.
Milena, così disse di chiamarsi, mi aspettava su una panchina isolata. Al di sotto il Po scorreva lento e scuro, le luci provenienti dal Monte dei Cappuccini ed i pochi lampioni illuminavano parzialmente il volto di quella giovane donna. Era più giovane di me, uno sguardo triste color nocciola le caratterizzava il viso, le labbra non erano carnose, ma ben disegnate, una bellezza mesta ma allo stesso tempo magnetica, da cui era difficile ritrarre lo sguardo. Restammo qualche momento seduti uno accanto all’atro, poi cominciò a raccontarmi della sorella, più grande di lei e che avevo visto più volte, del marito e del loro rapporto, pregandomi di non rivederla più; non riuscendo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi la rassicurai. Non ci fu molto altro da dire e me ne andai, lasciandola sulla panchina e continuando a sentire i suoi occhi colpirmi la schiena, come frecce spuntate che non fanno male ma provocano fastidio e disagio.

Quando fui sopraffatto dai tre uomini, sentii lontano la sua voce le sue grida, quel bruciore sul fianco, il liquido caldo e denso sulla maglietta e poi il buio. 

Fui risvegliato dalla voce di Milena e dall’odore pungente del disinfettante, le sue scuse non servirono a placare il dolore, ma la sua presenza mi fece stare meglio. Mi venne a trovare più volte, poi non la rividi più. Passò un mese, ogni volta che guardavo il telefono e quel piccolo biglietto dove c’era il suo numero appuntato, pensavo di chiamarla, ma lo feci solo passato l’inverno. Le dissi che avevo qualcosa per lei, alcune lettere della sorella che sarebbe stato meglio tenesse lei. Era pettinata in maniera diversa, aveva però lo stesso sguardo malinconico e ricordavo bene il suo viso ai tratti irregolari. Bevemmo qualcosa insieme al bar sotto casa mia, sotto i portici di piazza Vittorio; mi raccontò che era sposata, parlavamo, parlavamo, non mi aspettavo che un tipo del genere potesse parlare così a lungo di se stessa.
La feci salire per consegnarle le lettere, in casa notai che si guardava in giro con attenzione come volesse scoprire qualcosa; la sorpresi alle spalle:”qui le donne non vengono!” , si voltò e la baciai facendola ritrarre spaventata e sorpresa: “che stai facendo..!?!”. La sua voce era diversa, aveva uno sguardo impaurito, la baciai di nuovo spingendola sul letto. Non feci in tempo a spogliarla del tutto, non mi spogliai del tutto: fu tutto veloce quasi avessi l’esigenza di averla in fretta, pochi colpi dentro di lei e venni preso dal desiderio dall’urgenza di possederla; tutto il contrario di quello che avrei fatto con le donne da cui ricevevo danaro.
Rimasi sdraiato, il respiro irregolare, lei accanto a me nella stessa condizione.
La osservai mentre si spogliava, restava nuda davanti a me, dopo che la biancheria intima color rosa antico cadeva per terra. Feci altrettanto anche io, e la ebbi sul mio corpo, le sue labbra mi assaggiavano fino a riempirsi del mio membro, facendogli riprendere rigidità.
Si sedette sopra di me, accogliendo il mio sesso nel suo, muovendosi lentamente sue giù mentre le mie mani imparavano a conoscere il suo corpo.
Questa volta fu più lungo, il suo orgasmo lento precedette di poco il mio, esplosi dentro di lei, stringendole i glutei fino a farle male.
Passammo la notte a parlare e fare l’amore, fino a che sottili lame di luce, attraverso le tapparelle annunciarono il mattino. Giunse il sonno, mi svegliò Milena, sorridendo, passandomi due dita sulle labbra. Aprii gli occhi e sentii la sua voce..:”stavi ridendo nel sonno…!!”
Le sorrisi e compresi, la cosa migliore non era “farle ridere”, la perfezione era quando a ridere si era in due.

G.B.