lunedì 28 gennaio 2013

Fantasie genovesi di Insolito Scrittore


Genova è una città a me cara, nonostante abbia di quella città ricordi grigi e parenti, tanti parenti, sparsi qua e la lungo quell'infinito litorale ligure.
“Zena” come la chiamano nel loro dialetto, mi ricorda anche il periodo Spezino, quando ottenuto il permesso domenicale dalla leva, trascorrevo quel fine settimana con i cugini e i loro amici in una discoteca a Varazze. Ricordi sbiaditi, è molto che non torno a Genova, l'occasione potrebbe essere lei. Lei è un sole, forse pallido, ma pur sempre un sole. Questa è la prima impressione, un potenziale dentro quel sorriso che mi aveva affascinato. Avevo desiderato incontrarla, ormai la seguivo da un po' di tempo, quegli innumerevoli scatti mi permettevano di esplorare quegli aspetti più intimi di lei, non parlo di quei minuti seni che avrei avuto piacere avere tra le labbra, o chissà, ormai aveva inondato quel gruppo delle sue fotografie. Pensavo solo a quell'incontro a ciò che mi avrebbe restituito in termini di sensazioni. Sono sbarcato a Genova, ho il suo numero, vorrei chiamarla subito, organizzare qualcosa con lei. Aspetto, forse non è il caso di farle capire che sono li per lei. Mi faccio venire a prendere da mio cugino e ospitare per il WE da mia zia. Ho bisogno di staccare, trovare qualcuno fuori da tutto il mio mondo. Saluto i parenti ed esco, vado a chiamarla. M., inutile mentire ora, mi piace, vorrei conoscerla, vorrei farci l'amore.
- Ci incontriamo?
Lei risponde titubante, - si dove?
- All'aquario.
- OK.
Non credo in molte parole, solo in quegli sguardi complici, capisci subito se vuoi che accada. E' cosi, uno sguardo, un bacio interminabile e un desiderio incontrollabile, veloce corre troppo veloce. No, era tutto ciò che serviva, le sue attenzioni, le sue mani strette intorno alla vita a sfiorare quei tatuaggi che aveva cercato di decifrare sulle fotografie. Dal vivo sono un'altra cosa. Lei è un'altra cosa. Ha un bel sorriso veramente, mi piace avere le mie mani tra i suoi capelli, sentire il suo respiro addosso, e le sue mani che mi cercano. “Dove andiamo?” Mi dice. Io gli rispondo “Vorrei fare pace con Genova.” Mi guarda e mi porta a casa sua, si spoglia senza tanti preamboli, poi incomincia a spogliare me, lentamente, “Tu mi conosci, ma io non conosco te. La sua pelle sulla mia, mi scivola giù, ha voglia del mio sesso in bocca, indietreggio e la lascio fare. Sono eccitato dal momento in cui l'ho vista all'acquario, è un pensiero difficile da levarsi. Sale su, condivide il mio sapore sulle mie labbra, vuole baci, tanti baci, un vestito di baci. Riprendo da un punto indefinito tra spalla e collo, scendo giù i suoi seni tra le mie mani e la bocca, il suo respiro si accentua, starei ore su quei particolari, lei invece mi spinge giù sul suo sesso glabro e umido, cerco quella fessura con la lingua, la divarico, fino a becchettare sul bottoncino fino a sentire un mugolio diverso, è il suo modo di farmi sapere che le piace. Ha un buon sapore e le faccio sentire il mio desiderio mentre spingo il suo sesso tra le mie labbra. Infilo le dita, ma questo è già un altro mondo, un mondo in cui M. mi ha già fatto suo. Credo mi abbia fatto far pace con Genova.

I.S.

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