venerdì 25 gennaio 2013

Onda anomala di Sharon Lake


Ancora non ero sicura di quanto avessi capito, forse sì, ma importava? In sostanza era solo un sospingere, attirare e rilasciare quel filo sottile che ci univa. Del resto era un nodo ad ogni ritorno. Ho sempre pensato che fosse un filo di seta, ma forse il materiale era altro. 
Quel giorno il suo ultimo sms era chiaro: “raggiungimi, pochi abiti addosso, scegli tu se coprirti anche di sola carta di riso” rimasi un momento vuota nei pensieri sul contenuto del testo, sgranai gli occhi. Forse immaginava anche la mia reazione. Non risposi.
Ci pensai, così mi venne di riporre quello che avevo preso dall’armadio d’istinto. Che cretina, non era quello che volevo? Mi aveva preso alla lettera, perché sino ad allora mi prendeva in modi diversi. Ogni volta che mi incrociava, mi sfiorava, mi guardava con l’intenzione di sospingermi verso la parete, sicuramente in quel modo avrei avuto meno probabilità di correre avanti o stare dietro di lui. 
I messaggi erano chiari, lapalissiani anche senza parlare, oramai avevo imparato a capirlo: sguardi e silenzi. 
Che pretendevo allora? I miei messaggi erano stati altrettanto chiari: “ esponiti, prendi, osa”. 
Bene era arrivato il momento di sciogliere nodi, se ancora ce ne fossero fra di noi. 
Ripresi tutto, autoreggenti, intimo, il mio filo inseparabile composto da preziosi grani, avrei potuto non portarlo? Quante volte aveva infierito con lo sguardo e con le sue parole mute in quello spazio dove si fermavano? Un silenzioso vestito di occhi fra l’incavo del seno e tra i lembi della camicetta di seta. Se avessi sfilato la giacca si sarebbe accorto delle mie risposte. Mi conosceva troppo bene. Io conoscevo bene, lui, sapevo cosa gli facesse ribollire il sangue, quando si poteva mordere le labbra e per cosa. Era stato un caso che aveva lasciato un’agenda una panchina, non era un caso che io la lessi e lasciai delle parole. L’inizio di un filo più resistente fra quel vento d’autunno. Oramai era inverno. Forse era tempo di spogliarmi davvero per lui. 
Indossai il cappotto sopra il necessario, nella borsa dei fogli di carta di riso. Non semplici fogli, quelli che mi regalò per il mio compleanno, il contenuto delle parole? Erano solo parole strozzate oppure urlate. Era insolito nel suo modo di scrivere. Anzi, no, era quello che era diventato. Contorto vero? Lo siamo tutti più o meno. 
Sapevo dove lo avrei trovato, quello che non sapevo era dove saremmo arrivati. Era questo che cercavamo, credo. Il senso. 
Entrai senza bussare, mi tolsi il cappotto e rimasi in piedi davanti a lui, così come mi aspettava. Semplicemente con pochi abiti addosso. 
Si avvicinò, mi guardo, finalmente, negli occhi, lasciò scivolare un dito partendo dal labbro inferiore all’incavo del seno, si fermò quando la collana di perle lo bloccò. 
Alzò lo sguardo, la bocca portata ad un sorriso anomalo, un misto fra sarcasmo e malizia, uno dei tanti momenti che lo odiavo: “ Un ostacolo, vedi? Lo devo intendere come un messaggio? Ora, mi dirai, fermati?”
Non attese la mia risposta, mi sospinse con lo sguardo e con il dito appena premuto sulla mia pelle verso la parete della stanza. Era quello che mi era sempre arrivato. Niente di nuovo, sino ad ora. 
La parete fredda contro la mia schiena diede il colpo di grazia alle vette del mio seno sotto il pizzo, erette come fusi! Spostò il dito dall’incavo del seno e percorse l’orlo di pizzo nero, lo abbassò quanto bastava per liberare dalla costrizione quello che voleva alla sua mercé. Non distoglieva lo sguardo dalle ampie areole. Si umettò le labbra come se l’arsura lo stesse consumando. Riempì i suoi palmi di abbondanza e generosità della natura, cercò le mie labbra sospingendomi ancora di più contro la parete con il peso del suo corpo. Era desiderio che spingeva, fiato che si fermava, era quell’onda che aspettavo ad infrangersi contro il mio corpo. Il mio desiderio scese come ghiaccio sciolto impregnando il pizzo delle mutandine. Non potevo più fingere. Non attendevo altro che farmi avvolgere da quell’onda anomala in ogni parte del corpo. 
Potevo essere quello che voleva, acqua da contenere nei palmi, oppure da assorbire con le lettere scritte sui fogli di carta di riso. 

S.L.

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