domenica 17 febbraio 2013

Faccia da schiaffi di Giuseppe Balsamo

Il locale era caldo, la musica insopportabile, come gran parte delle maschere: dame, principi, pirati, cow boy, moschettieri, che si aggiravano impazziti alla ricerca di un divertimento grasso e lontano dalle sue vere origini, incurante dell’imminente quaresima.
“Spegni la sigaretta!!”, la voce sembrava venire da lontano, ma il buttafuori era alle mie spalle e ce l’aveva con me, uno dei pochi come il sottoscritto privo di maschera, ma in realtà costretto in quella che ti porti dietro ogni giorni, ogni ora, ogni minuto, finchè non ti accorgi che è diventata la tua seconda pelle.
Lo guardo con aria di sfida, la mia solita faccia da cazzo che in passato mi ha provocato tanti guai, gli soffio il fumo in faccia e butto la cicca per terra. Si gira e se ne va, bofonchiando un “…che stronzo!!”, riesco a sentirlo nonostante le casse che rimbombano rendendo zombie tutti coloro che hanno pensato bene di travestirsi così, non immaginando minimamente di esserlo già da un pezzo. Mi viene voglia di rispondergli, di andare verso quella montagna di muscoli e servirgli la mia faccia da schiaffi, consapevole di rimediare un bel po’ di botte; come fosse quello l’unico scopo di quella serata. Vivo quella scena al rallentatore nella mia mente, allora resto immobile, tirando fuori un’altra sigaretta che però non accendo. 
Una dama del ‘600, con il viso imbellettato ed i capelli viola ha evidentemente osservato tutta la scena, almeno così presumo perché non mi ero accorto della sua presenza. Mi sorride, o forse è la sua maschera a farlo, fatto sta che sembra sia un sorriso nei miei confronti. Appoggia sul bancone il suo bicchiere pieno di un intruglio a base di menta e rhum e mi rivolge parola: “Serataccia??!!”; la guardo senza rispondere, sfacciatamente prendo il suo bicchiere e bevo quell’intruglio, la scruto prima in viso e poi nella generosa scollatura, poi le parlo con la mia voce di quella sera da cui chiunque comprenderebbe che sono incazzato col mondo: “…questa roba fa schifo”. Lei mi sorride mentre la sigaretta mi cade per terra, “che serata di merda…” penso. Mi abbasso a prenderla, trovandomi al cospetto delle sue gambe rivestite da autoreggenti bianche che si intravedono sotto un vestito che richiama il ‘600 barocco per pizzi e merletti, ma di taglio contemporaneo. Sfioro la sua caviglia, la tocco, le mie mani risalgono sulla sua gamba, mentre mi alzo, ritornando a guardarla negli occhi color nocciola. Lei si ritrae indietro, sorride imbarazzata, questa volta in maniera diversa, una sorta di autodifesa nervosa al mio comportamento: “sei uno stronzo!! Aveva ragione lui”, ho la certezza che aveva visto la mia scenetta col buttafuori ed aveva sentito le sue parole. 
Si volta e se ne va, lasciando il bicchiere mezzo vuoto sul bancone. Il mio solito sorriso da faccia da schiaffi, prendo il bicchiere e lo svuoto, vedendola scomparire tra la gente verso l’uscita, in compagnia del Mago Merlino. 
“Fottiti….fanculo”, stavolta non lo penso e le mie parole aspre, dure escono dalle mie labbra con una voce che nemmeno io riconosco, per quanto è rabbiosa. 
Mi avvio anche io verso l’uscita:” che serata di merda..!”. Spingo il buttafuori per farmi spazio, guadagnandomi il suo sguardo assassino, gli sorrido sarcastico alla ricerca di guai, finalmente l’aria fredda della notte di metà febbraio mi soffia sul viso. Il Mago Merlino ha una bella macchina che deve costare molte miglia di euro, le cose con la dama del ‘600 probabilmente non sono andate come dovevano, i due litigano animosamente e lui invece di farle un sortilegio le molla una sberla, lasciandola in lacrime nel parcheggio. Mi avvicino, solita faccia da schiaffi, tiro fuori la bandana dai jeans e gliela offro:
”Chi è lo stronzo ora?!..”
La dama mi guarda e sorride, con il terzo sorriso di quella sera, ancora una volta diverso dagli altri. Mi avvicino e la bacio, lei si lascia baciare. Le prendo una mano e la trascino dietro il locale, ormai c’è poca gente in giro, l’asfalto è umido e sporco. Il vestitino sembrava fatto apposta per essere strappato piuttosto che sfilato, le sue cosce fasciate da autoreggenti le danno un’aria da cortigiana d’altri tempi, che non stona affatto con il mio abbigliamento da motociclista: guarda te cosa vado a pensare in un momento come quello.
Dopo averla addossata con forza al muro del retro del locale comincio a palparla con violenza, finchè sento il rumore di uno strappo ed il vestito cade a terrà, bagnandosi ed imbrattandosi di scuro e roba viscida. Sento un suo gemito sommesso di dolore, il bruciore improvviso alle natiche la fa urlare; le tappo la bocca con la mia lingua, subito dopo un'altra sferzata prepotente fra le sue cosce, questa volta non si trattiene ed urla costringendomi a baciarla di nuovo con forza. I colpi dentro di lei si susseguono, mentre mani le strizzano i capezzoli, le frugavano la fica facendole sentire una fiamma nel ventre. L'ennesima frustata la fa esplodere in un orgasmo liberatorio. Eccitata ed addossata al muro sente il mio odore di maschio, sento la sua mano stringermi il membro. Si gira verso di me, lo sguardo eccitato, mezza nuda, seguendo il mio sguardo si inginocchia. La vedo quasi ipnotizzata davanti al mio cazzo: lo sfiora con le labbra, lo afferra con due mani e comincia a leccarlo, inumidendo la cappella . Il silenzio della notte viene rotto dal mio gemito, mi sorprendo ad ascoltarlo. Seguono parole rotte dall’eccitazione: “succhialo…prendilo in bocca”.
I mie occhi carichi di lussuria, mascherati da qualcuno che non sono io, non ammettono replica. Osservo le le mie mani che le afferrano con forza la parrucca viola, per spingerla a quei movimenti convulsi, come fossero quelle di qualcun altro. La dama obbedisce così al suo Signore, le sue labbra lambiscono la cappella per poi ingoiare il membro per tutta la sua interezza. Inarco la schiena, quasi strozzandola, lei continua però nei suoi movimenti inesorabili, agguantando i miei testicoli, massaggiandoli, finché schizzi del mio piacere la invadono. Godo come lei ha goduto di me poco prima. Si alza, e la addosso di nuovo al muro, ansimante le bacio un orecchio “non ho la macchina…non posso accompagnarti”. Il mio numero di telefono passa dalla mia mano alla sua. Ansimante sento la sua voce eccitata…”devo andare..”. 
Non la rivedrò più.
G.B.

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