sabato 2 febbraio 2013

Fino all'estremo di Giuseppe Balsamo


Non appena ebbe la presa salda sullo scoglio, piccole bolle d’aria gli fuoriuscirono dalla bocca dove il boccaglio penzolava seguendo il ritmo del mare. Non ci volle molte e la splendida orata che aveva visto galleggiando a pelo d’acqua gli passò davanti. Liberò l’arbalete dal gancio, prendendo il grilletto e l’arpione si proiettò veloce in avanti. Quando la punta di metallo sembrava ormai doversi abbattere sul pesce luccicante, questi fece un guizzo improvviso, cambiando traettoria e facendo andare il colpo a vuoto.
Rimise fra le labbra il boccaglio, imprecando fra se, preparandosi alla risalita, nonostante dicesse a tutti che non gli importava di tornare a mani vuote, nel suo intimo era un cacciatore, amava scovare la preda, annusarla, darle la caccia, appropriarse. Pinneggiò veloce verso la luce, riemergendo tra le onde senza fiato, ripromettendosi che quella sarebbe stata l’ultima volta che sarebbe andato in apnea rischiando l’iperventilazione, consapevole contemporaneamente che lo avrebbe fatto ancora.
Amava spingersi al limite, per lo più pigro in molte faccende della sua vita, in altre non si fermava mai, non trovava tregua: aveva bisogno dell’adrenalina, di emozioni forti, del sogno che si tramuta in realtà, una ricerca continua e forsennata dell’estremo, del rischio, della paura che si tramuta in piacere.
Infreddolito si tolse le pinne, usci dall’acqua dirigendosi verso il borsone, sulla spiaggetta desolata, sotto un freddo sole invernale. Toltosi la muta indossò, l’accappatoio asciutto, accese la sigaretta e si frizionò il corpo, cercando calore. Non gli bastava mai, questo pensava mentre ormai asciutto si rivestiva, indossando gli indumenti per correre e le sue Asics, si mise alle orecchie l’I pod e con passo veloce risalì sul lungo mare, ove gli spettavano i suoi dieci chilometri di corsa, perché aveva bisogno di misurarsi con se stesso, di arrivare all’ultimo respiro, di sentirsi sudato e sfinito, prima di buttarsi sotto la doccia.
Trovò pace solo sotto l’acqua bollente che scrosciava sulla sua pelle, sulla sua testa, rimase appoggiato al muro della doccia per alcuni minuti, sentendo la necessità di fumare un’altra sigaretta non appena uscito, ma soprattutto di una birra gelata. Non aveva molto tempo, doveva incontrarla, incurante del freddo, quasi sentendosi di ferro ed immortale, si rivestì, indossò il casco con i capelli bagnati e si recò all’appuntamento.
Come sempre spinse la moto al limite, perché ogni cosa per lui era così, anche un semplice viaggio in motocicletta diventava la ricerca di emozioni forti, di adrenalina. Andarono insieme a bere, lei si limitò ad una piccola birra, lui ne trangugiò tre, aprendo il secondo pacchetto di sigarette, prima di uscire dal locale, ne avrebbe fumate altre cinque o sei prima che la giornata finisse, perché quella era la quantità media di veleno che riusciva ad assimilare nelle ventiquattro ore.
Non era per niente brillo quando si misero a letto, il suo modo di fare l’amore rispecchiava il suo carattere, gli piaceva indugiare sul corpo di lei, assaporarla lentamente, prenderla gradualmente, cominciando con lentezza per poi sbatterla in maniera animalesca, irruente. Godeva nel riempirsi le mani del suo culo, mentre con colpi profondi le faceva raggiungere il piacere, solo allora trovava il suo. La scopava finchè non sentiva il suo respiro affannoso, finchè tutte le forze abbandanovano il suo corpo con il sopraggiungere dell’orgasmo. Fu così anche quella notte, fecero l’amore più volte, finchè lei esauste sdraiata sul suo petto, disegnando piccoli cerchi con le dita sul suo capezzolo si addormentò.
La osservò mentre dormiva scostandole una ciocca di capelli dagli occhi, gli piaceva guardarla mentre il sonno vinceva sulla veglia, accorgendosi lentamente che il suo respiro diveniva tranquillo e regolare. Lui non era un dormiglione, gli bastavano poche ore, così durante la notte passava delle ore a guardare nel buoi e pensare, oppure quando era con lei si perdeva con lo sguardo sul suo corpo, cercando sempre nuovi particolari, di cui sorridere la mattina successiva.
Quando ormai lei era ormai preda dei suoi sogni, si alzò dal letto per andare in bagno, accese la sigaretta socchiudendo la porta alle sue spalle, per non disturbarla con la luce accesa. Aprì la finestra, fuori la notte era fredda e limpida, non c’era luna, ma si vedevano le stelle, un brivido percorse il suo corpo nudo, ancora caldo di lei, mentre buttava fuori il fumo dalla finestra, seduto sulla sponda della vasca da bagno.

Si osservava allo specchio, quando un dolore forte gli partì dal braccio, arrivando dritto al cuore, come fosse una stilettata. Si rese immediatamente conto di quello che gli stava succedendo, aveva ancora fiato in gola per poterla svegliare con un urlo, ma non lo fece…..dormiva così bene…
Allungò il braccio per prendere il telefono cellulare, mentre il dolore si diffondeva nel suo corpo, lo teneva indeciso fra le mani. Si riguardò allo specchio, sentendo forte la paura sentendo l’adrenalina scorrere nel suo corpo come gli avessero appena iniettato una dose di qualche sostanza eccitante.
Osservo il suo sorriso, distorto, una sorta di smorfia strana, un misto di paura e piacere. Ad un certo punto non sentì più male, sapeva bene cosa stava succedendo, ma in fondo era stata una bella giornata, una giornata di quelle che piacevano a lui, come ne aveva avute tante, non era il caso di continuare.
G.B.

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