venerdì 8 febbraio 2013

Il giardino di Allie Walker



Era il suo posto preferito, il suo giardino curatissimo, colorato, profumato, nuda o vestita o qualsiasi drappeggio coprisse le sue carni chiare, amava stare in quel luogo, crogiolarsi dei colori e dei profumi, stendersi sul prato di velluto riscaldato dal sole e ammirare le nuvole che in cielo creavano arabeschi fantastici.
Quel mattino ne era ancora più entusiasta, non era sola.
Rannicchiata tra le sue braccia respirava il suo profumo, il suo calore, le sue labbra dolcemente appoggiate nell’incavo del collo.
Cosa poteva volere di più?
Brevi sussurri, parole incomprensibili che affiorarono da una mente che pensava solo ad una cosa, pensava a ritmi ondulanti, fianchi lisci e nudi; una mente che immaginava incendi furiosi di due corpi abbracciati.
Ma niente, lui sembrava sonnecchiare, forse annebbiato dal sonno del mattino, da una notte di bagordi e da una festa movimentata e stancante.
Lei invece tratteneva a stento la sua incandescenza, e una semplice carezza la fece fremere, inarcarsi verso di lui.
Era un tocco innocente, ma nel profondo della pelle graffiante, provò a baciarlo, a dischiudere le sue labbra;
il potere di quel bacio fu la molla, gli abiti sparirono e si ritrovarono nudi a combattere contro la loro passione.
Quella mattina tutto quello che voleva era lui, li... accoppiati, a cavalcioni, morbidi e duri insieme, in dolce ebollizione e intensamente intimi, in perfetta aderenza, affamati.
Lui disposto tra i suoi fianchi morbidi e tra le sue curve, con il suo membro a violare le nuvole rosa gocciolanti della sua orchidea. Le sue labbra umide abilmente alla nuca, alla sua bocca amorosa, sui capezzoli. Lei raschiando sul petto cosparso di peli senza nessun pensiero, in un morbido samba pelvico, in sublimi picchi orgasmici.
Senza dubbio sorprendentemente persi in una passione mai provata, nell'aria pulita e frizzante del mattino, a spegnere il ritmo pigro e bucolico, di un discorso per la pace pastorale in paese la Domenica mattina, per poi finire improvvisamente, come un carro di carnevale fuori controllo, tra urla, gemiti, tra panna fresca e miele che schizzano da e in ogni fessura, trovando una strada per un fine disordinato benedetto e rauco. Fantasie che le apparivano dietro i suoi occhi chiusi.
In quel momento, inesorabilmente, voleva sentire la beatitudine di un orgasmo senza fine, disinvolto, bello, meraviglioso, viscerale, cullati da un oceano perfetto, ne calma piatta, ne tempesta implacabile, con movimenti all'unisono, due anime che si uniscono, che si confondono e si completano a vicenda. con il suo seme, a costruire e inondare i suoi cieli di pesca vellutata.
Si morse una mano, per bloccare parole che non osava pronunciare, che catturavano la sua mente, che custodiva segretamente, che fluttuavano come seta nella sua testa.
Lui la strinse ancora più forte, riportandola alla realtà, la baciò in un abbandono senza fiato e in silenzio, ma ad alta voce, urlando senza alcun suono udibile all’orecchio, un altro velo strappato tra loro: l'oblio, la fine.
Quello che era iniziato nel cuore di un dolce bacio, che aveva costruito un tonante gonfio maremoto, che li avevano spazzati via magicamente, senza restrizioni, persi in una dolce ambrosia, inesorabilmente era finito, lasciandoli esausti e felici.

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