venerdì 8 febbraio 2013

La cugina di Insolito Scrittore



Ci sono cose che sai è bene non fare, come guardare dal buco della serratura. Te lo ripetono fin da piccolo, come non indicare, saluta. ecc. ecc.
Il bello di una certa età e che te ne fotti poi di tutte queste etichette. Ma quando sei piccolo quella trasgressione si chiama eccitazione.
Così dalla toppa delle porta la vedevo far scivolare il nylon sulle sue gambe. Era mia cugina, ospite per qualche giorno dei miei, per sostenere una sessione di esami universitari. Era più grande di me di 3 anni, lei ne aveva 20. Non c’eravamo mai filati fino a quel momento in cui la sua presenza mi aveva usurpato della mia stanza. Era lì, seduta sul mio letto tranquilla, inconsapevole che la stessi spiando.
La cosa che mi colpì subito fu quella carnagione chiara e la delicatezza con la quale sfiorava la sua pelle, non troppo veloce, ma attenta che le calze non si sfilassero.
Avevo atteso che si spogliasse completamente per poter accedere in camera fraudolentemente.
C’era quasi, era quasi completamente nuda, si era levata il reggiseno e le sue tettine cadevano assecondando la forza di gravità. Aveva due boccioli tutti da succhiare, cosi li immaginavo già nella mia bocca.
Sfortunatamente nella casa non eravamo soli e dovevo prestare cautela hai movimenti dei miei. Puntualmente sul più bello dovetti desistere. Passi in avvicinamento del corridoio. Uff. Che sfiga.
Sapete quelle cose che rimangono in sospese e che continuano ad alimentare ciò che non è stato saziato? Ecco, il giorno successivo avevo immaginato di nascondermi dietro le tende, che scemo, sarei stato subito notato, dentro l’armadio forse, ma come faccio mica vedo attraverso le ante.
Niente ormai ce l’avevo in testa. Avrei osato, laddove non pensavo.
La luce filtrava ancora da sotto la porta della mia camera, sicuramente stava ancora studiando per l’esame.
Si voltò e mi salutò “Ciao cugino. Scusa se ho preso in prestito la tua camera”
Faceva anche la dolce ora, uff.
Buttai l’occhio sulla valigia semiaperta con il campionario di intimo in bella vista.
Dette un calcetto e la valigia si chiuse.
“Senti è tardi” - mi fece - “perché non mi fai un po' di compagnia, tanto ora come ora non credo che entri più niente in questa testolina”.
Ci sedemmo sul letto e incominciammo a parlare di noi, dei vecchi ricordi (come se a quella età ne potessimo avere una quantità infinita). Da piccoli vivevamo scorci di estate insieme e da li arrivare fino ai giorni nostri il passo fu breve. Fu naturale diventare abbastanza intimi, parlare di tutto, anche di sesso. Gli raccontai - vincendo quel mio naturale senso di vergogna che l’avevo spiata, e questo sembrò destare in lei eccitazione, chiedeva particolari su particolari, scandagliando le mie emozioni adolescenziali. Ho voglia di toccarti le dissi, come se attendessi il suo consenso.
Mi rispose fallo e incominciò a guidarmi, sui seni che la sera precedente avevo immaginato di gustare tra le mie labbra.
Le mie dita danzavano mentre lei si spogliava. Non facemmo l’amore - dico quello con penetrazione del mio pene dentro lei - ma mi consenti di frugarla, anzi mi guidò a sentire il suo orgasmo mentre con la sua mano mi faceva eiaculare tenendo stretto il mio membro.
Il desiderio di lei era tanto in quei momenti.
Provai a farle cambiare idea, ma percepivo la sua riluttanza.
Era tardi e la stanchezza si faceva sentire, soprattutto per lei, che l’indomani doveva sostenere l’esame.
Ci salutammo con bacio che voleva dire molto di più di quel contatto di labbra. Era uno spiraglio che avevamo lasciato aperto per entrambi.
La mattina seguente non la vidi uscire di casa. Sicuramente era già all’università a sostenere la prova scritta. Rincasò all’ora di pranzo. Il tavolo era già apparecchiato ed eravamo i procinto di mangiare, per un po evitai di guardarla, non sapevo come comportarmi ora che era li davanti a me. Il silenzio fu rotto da lei rivolgendosi a mio padre - zio, mi sono permessa di invitare una mia amica questo pomeriggio, per ripassare l’esame. Mio padre grugni, era un cenno di assenso, osservai il loro dialogo in silenzio, in quei frangenti non mi aveva degnato di uno sguardo.
Erano le 16,00, quando suonò il campanello, in casa in quel momento c’eravamo mia cugina e io e ora presumibilmente la sua collega.
Lella, esce dalla mia stanza e mi incontra nel corridoio - ti sto preparando una sorpresa - disse strizzandomi l’occhio.
Sollevai le sopracciglia, sorpreso, e vidi entrare Giuseppina, non era molto alta, anzi per la verità non credo raggiungesse neanche il metro e sessanta. Me la presentò, e fin li niente di strano. Quel suo rimarcare siamo in camera mi suono però come un invito. Un invito a guardare nuovamente oltre il buco della serratura. Mi aveva manifestato il suo piacere la notte precedente quando le avevo rivelato di averla spiata mentre si spogliava e avevo avvertito la sua eccitazione nel sentirsi desiderata. Ma ora c’era Giuseppina, anzi Pina come aveva precisato lei durante la presentazione, sarebbe stata dello stesso parere? Non avevamo avuto modo di risentirci dopo la notte insonne.
Lasciai trascorrere qualche minuto, sentii aprirsi la porta della mia stanza temporaneamente occupata da mia cugina . Sentii passi lungo il corridoio e la vidi percorrere con una caraffa per l’acqua vuota. Abbiamo sete, disse voltandosi verso di me. Ok, la vidi ripassare sbuffando come a dirmi allora…
Senti richiudersi la porta, si era innervosita, quante palle mi metto.
Lasciai cigolare la porta della stanza in cui ero ospite in modo da farle capire che mi stavo muovendo, mi inginocchiai e incominciai a scrutare. Pina era in reggiseno con delle mutande a fascia alta, non vedevo Lella, ah, si eccola.
Si stava spogliando, che gioco stavano facendo erano lesbiche? E la sera prima allora? quando si faceva toccare da me? Che vuol dire forse le piaceva sia l’uno che l’altro. Mi intrigava osservare quei seni nuovamenti liberi e il suo folto pelo pubico.
Si voltò ora verso la porta, sapeva che ero li, che la osservavo, liberò i seni di Pina e ricontrollò verso di me come a dire ti piacciono? Si le risposi telepaticamente, levale anche quelle orribili mutande, e così fece, osservai il disordinato pelo pubico di Pina cercando di scorgerne la fessura.
Si sdraio sul letto e Pina su di lei in posizione inversa mi stavano facendo assistere a un loro 69. Cavolo, mi stavo eccitando da morire, incominciai a toccarmi senza tirarlo fuori.
Vedevo la lingua di Pina sul sesso di Lella e distinguevo il suo respiro su quello di Pina, tutto incredibilmente eccitante.
Cambiarono posizione e vidi Lella bisbigliare qualcosa all’orecchio di Pina che rispose con un cenno di Si con la testa, Lella guardò nuovamente verso la porta e disse entra Gianluuu, mi chiamava così con la u allungata.
Aprii la porta e la richiusi alle mie spalle, Pina stava sui seni di Lella che la notte prima stavano tra le mie labbra, allora, Gianluuu, disse Pina che aspetti!, ho voglia di te… cazzo che imbranato che sono…
Abbassai la zip, tirai fuori il coso, e cercai il suo buco, lo trovai finalmente dopo qualche tentativo andato a vuoto. Siiiiiiii, cosi, disse Pina, e vidi anche il viso soddisfatto di Lella, forse è quello che mi piaceva di più vedere lei contenta. Mentre ora riprendeva questa volta lei a succhiare le labbra della sua collega. Ogni volta la mia spinta diventava l’occasione di imboccare mia cugina sempre più soddisfatta. Ricordo quando venni, ricordo quando Pina me lo prese in bocca, ricordo le mani di Lella abbracciarmi , bravo cuginetto, poi Pina baciò in bocca Lella e capii che il gioco per me era finito.
Sostenne l’esame, andò bene, per un po' non la vidi, non sentii neanche Pina che era una delle mie prime esperienze sessuali della fanciullezza, ma ormai quello che era successo ci aveva segnati, così successe ancora.
Successe, successe. L’estate di quell’anno trascorsi con i miei genitori il periodo di ferie nella casa familiare a disposizione dei miei, potevo rifiutarmi, ma l’idea di ritrovare mia cugina e la sua amica mi piaceva, chissà, forse.
La vita in un paese sconosciuto scorre noiosa, soprattutto se non conosci nessuno e specie quando non parli una lingua che dovrebbe essere tua.
Era un altro dialetto, incomprensibile per molte parole.
Le amicizie di mia cugina erano poi molto più grandi di me e facevano pesare quella differenza di età con la loro sicurezza, spregiudicatezza ed esperienza.
Incominciavo a odiare quell’ambiente, ostile, tutti i pensieri indecenti che avevo agognato si erano frantumati sulla mia ennesima insicurezza con l’altro sesso.
Era la notte di San Lorenzo, stelle cadenti, indianata in spiaggia e tende piantate nella pineta sulla quale sarebbe sorto negli anni successivi un rinomato camping.
Fui invitato da mia cugina, con il consenso ancora dei miei genitori a rimanere fuori tutta la notte, che strazio non avere 18 anni e dover dipendere da una famiglia dalla morale rigida.
Mi fu accordato per quella sera di dormire fuori. Materassino gonfiabile, raccomandazioni di non fare il bagno dopo mangiato ecc. Che palle. Non uscirò mai da questo inferno.
Il fuoco ardeva sulla spiaggia, l’aria era fresca e i costumi perennemente umidi dall’entra e esci dall’acqua. C’era una chitarra, canzoni stonate cantate a squarciagola. Battisti, De Andrè, Nomadi, Battiato gli artisti più gettonati.
“E alla stazione successiva
molta più gente di quando partiva
chi manda un bacio, chi getta un fiore,
chi si prenota per due ore.

Persino il parroco che non disprezza
fra un miserere e un’estrema unzione
il bene effimero della bellezza
la vuole accanto in processione.
E con la Vergine in prima fila
e bocca di rosa poco lontano
si porta a spasso per il paese
l’amore sacro e l’amor profano”.

Le mie frustrazioni divennero per un momento un ricordo.
Mi piaceva quel modo di dileggiare il sesso senza pudori.
Alcune amiche di mia cugina misero i pezzi di sopra del costume ad asciugare, risero della mia erezione, diventai rosso, e non per le fiamme del fuoco.
Paolina, che non si ricordava il mio nome mi chiamo come cugino di Lella vuoi venire a fare il bagno. Colsi al volo l’occasione di togliermi dall’imbarazzo.
“Però Lella - si udi una voce che non identificai - ben dotato tuo cugino”, seguirono altre risate, ahahah
Paolina si levò la parte di sopra del costume mostrando due seni perfetti, fece altrettanto con il costume di sotto, rivelando un sesso completamente glabro.
Mi guardò e mi disse “non ti spogli?”
“Un po' mi vergogno“risposi.
“Di fronte a una donna?”
“Si”
Si sedette in riva al mare e la raggiunsi, poco distante il suo costume.
“Ti piace dove vivi?” mi chiese a bruciapelo guardando l'infrangersi delle onde e affossando le gambe nella molle sabbia del bagnasciuga.
“Dici in città? Non particolarmente troppa gente e pochi legami è una dimensione troppo grande per me, non riesco a socializzare”
“Io ci andrei di corsa, qui mi sento soffocare, non ho futuro se non sposare un uomo che rientra a casa così ubriaco che per trovare il buco della mia figa deve fare svariati tentativi.
Da voi è diverso, qui se ti metti nuda come faccio io ti danno della troia, da voi ormai non ci badano.”
“Non è proprio così”, dissi, ma mi rincuorava sapere che stava aprendo il suo cuore. Sentivo le sue fragilità, la sua voglia di vivere, non so cosa le dissi, forse di provare ogni tanto a scendere in città e se voleva poteva chiamarmi.
Passò a parlare di me, “non sei male come ragazzo, sei timido, molto chiuso. Forse non è un caso che ci siamo incontrati”
“Cioè”
“Io forse avevo bisogno di sentirmi dire esci da questa realtà e tu di sentirti dire di avere fiducia che piaci. Ora vieni in acqua?”
“Si ora si”.
Mi prese la mano e facemmo qualche passo, il fondale si fece subito alto. La sentii toccarmi, frugarmi e scomparire sott’acqua. Mi levò il costume, feci un po di resistenza, ma poi cedetti facilmente, riemerse fuori e disse “voglio fare l’amore con te”.
Vidi una lacrima sul suo viso, ne ero certo anche al chiarore della luna che quella sera era splendida. Tornammo dove si toccava e le mi cavalcò per un po al ritmo delle onde, mi strinse, venne, mi baciò e mi tenne ancora stretto.
Ancora chiesi prendendoci gusto.
Questa sera dormirai con me allora. Passò una stella cadente, non ricordo di aver espresso un desiderio, forse perché si era già realizzato.
La sera nella tenda facemmo l’amore diverse volte, mi piacque come mi guidava dentro di lei, mi insegnò a credere in me stesso e forse io inconsciamente feci lo stesso. In un paese di poche anime è facile essere tutti parenti così seppi che anche Paolina mi era cugina per via di qualche parente di cui ho scordato il nome.
Intanto Lella faceva le sue scelte di vita, più orientata all'universo femminile che quello maschile. La ritrovai l'estate successiva con una nuova compagna.
Paolina aveva abbandonato l'isola in cerca di esperienze significative in continente. Ci sentivamo ogni tanto ma da quell'estate non ci siamo più rivisti.

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