martedì 12 agosto 2014

Faccio il cinese di Giuseppe Balsamo




“Che sogno del cazzo!”
Sono più stanco di quando mi sono messo a letto, non ho dormito per niente e mi sento come se mi avessero scaricato addosso dei sassi. Lame di luce hanno la meglio sulle imposte semi aperte. Mi stropiccio gli occhi abbagliato e disturbato, comprendendo perché le chiamano “lame di luce”.
Eva ha già allungato la mano sul mio membro e mi sfotte crudelmente, come suo solito rispondendomi a tono:”Tu, hai cazzo da sogno mio bello italiano”, cercando allo stesso tempo di baciarmi.
Mi ritraggo, mi sento come se una lucertola stesse pasteggiando con la mia lingua, per poi marcirmi in bocca. Lei mette su il musetto, ma stamattina non ce la faccio, a tastoni cerco il bicchiere che ho lasciato la sera prima sul comodino. Se non ricordo male ci dovrebbero essere ancora due dita di rhum, quello che ci vuole come prima colazione.
Ingurgito l’alcool e lo sento bruciare nello stomaco, forse era meglio un caffè.
Intanto Eva riprende il suo lavoro con la mano, per reagire adeguatamente sarebbero necessari almeno quindici anni di meno, forse anche quindici sigarette in meno al giorno.
Osservo i capelli colore del grano scivolare sul mio corpo, si muovono come onde marine, come se il vento le sospingesse.
La sua lingua percorre il torace appena sotto il petto, quindi si avvia a far compagnia alla sua mano, priva di qualunque compassione per la mia nottata insonne e per il mio corpo privo di forze. Sento le sue labbra lambirmi il sesso, il suo palato carezzarlo, in un inesorabile movimento.
So che mi ascolta, mentre mi dona piacere, così cerco di raccontarle il mio sogno.
“Conosci quello stronzo della TV, sai quello che fa politica e ce l’ha con le pale eoliche, che poi a volte non mi sta nemmeno così antipatico. Sgarbi, si che hai capito. Me lo son sognato che mi guardava dal fondo della tazza del cesso, con i suoi occhialoni e con il dito puntato mi diceva guarda come la fai!”.
Eva interrompe quello che sta facendo, comprendendo che voglio andare avanti con la mia storia, solleva lo sguardo divertita annuendo, restando appoggiata con parte del viso sul mio sesso, continuando ad accarezzarlo con la mano, quasi a volermi aiutare a proseguire.
“Insomma ero in bagno tutto intenzionato a far pipì, guardo giù e non ti vedo il faccione di Sgarbi che mi guarda? Lo stronzo, puntandomi il dito, mi urla contro di tutto, sai come fa in televisione? Dice che è colpa delle pale eoliche quello che mi è successo, che bisogna far qualcosa se no altri diventeranno come me, mi invita a guardare che disastro son diventato. Io resto lì a guardarlo, nemmeno troppo stupito di vederlo laggiù dove dovrebbe nuotare la merda, penso ora gli piscio in faccia così sta zitto; cerco di prendermi l’uccello in mano e non lo trovo. Vado nel panico, mi cerco l’uccello, fra i peli, niente: mi è cresciuta la patata, comincio a toccarla con curiosità, poi mi spavento. Mi scappa, devo farla, ma rinuncio e penso: sto cazzo di maniaco di Sgarbi mi sta guardando la fica, così gli sbatto il coperchio in faccia; non gli permetterò di guardarmi tutto mentre mi siedo sul cesso”.
Eva ride come solo lei è capace di fare, cerco di spiegarle che la cosa mi ha terrorizzato, poi mi coinvolge nella sua risata.
“Non è finita, ho paura di girarmi e guardarmi allo specchio, così con le mani mi esploro e vado un po’ più su: due tette da paura che quasi ma fa piacere toccarle, quasi fossero le tue. A sto punto, vinco ogni resistenza e mi giro verso il lavandino. Mi vedo riflesso, anzi ti vedo riflessa Eva. Io sono te, oppure tu sei me , come preferisci. Sono diventato una bella figa bionda, intendiamoci sei belle Eva, ma mi è preso un cazzo di spavento che non hai idea. Mi è caduto il mondo addosso, comincio a pensare come fare a dirlo a te, agli amici, al lavoro. Immagino tutti quelli che vorranno scoparmi. Insomma rivoglio la mia brutta faccia ed il mio uccello e non so come fare, sono impotente e spaventato: terribile tu non immagini”.
Questa volta sono io a ridere mentre le racconto il sogno, una risata nervosa che cerca di nascondere quello che in realtà è stato un incubo.
“Povero il mio bel maschione”.
Eva risale sul mio corpo, sento i suoi seni gonfi sul petto ed il suo sesso tiepido che si struscia sul mio. Mi morde il mento e con gli indici mi tira gli occhi, facendoli diventare a mandorla: vuole che le faccia l’imitazione del cinese, è una cosa che faccio con stile e che la diverte sempre molto.
Dopo che faccio il buffone per lei, sento che laggiù qualcosa si muove, alla faccia di Vittorio Sgarbi.
Stavolta non le dico di no, facciamo l’amore come lo si può fare solo al mattino. Languidamente, con calma, come sbocconcellassimo un croissant farcito e tiepido.
Lo si assaggia un po’ alla volta, per ingurgitare improvvisamente l’ultimo boccone di marmellata che rischia di cadere. Così si muove su di me: prima lentamente, poi impazzita, lasciandomi venire dentro di lei.
Ci godiamo le prime ore del mattino nel nostro enorme lettone quadrato.
Mi scappa da pisciare ma sono restio ad andare in bagno, non voglio rischiare i danni delle pale eoliche.

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