martedì 12 agosto 2014

Simply the best di Andrea Lagrein



-Ehi, Georgie, non ti sembra di aver bevuto a sufficienza questa sera?-. L'uomo fissò con occhi vacui il proprietario del pub dove si trovava, lasciandosi sfuggire una smorfia di disapprovazione. - E tu chi cazzo sei, Tony? Mia madre? La mia ex moglie? Lasciami in pace, fottuto grassone, che so badare bene a me stesso!-. Tony sbuffò contrariato. - Ti dovrei buttare fuori a calci in culo, Georgie. Ma Cristo santo, ti hanno appena fatto un trapianto di fegato e tu che fai? Subito dietro il bancone ad affogare fra birra e whisky! Senza contare tutti i soldi che butti nel cesso continuando a sbronzarti a sto modo!-. George lo fissò divertito. - Non mi sembra che le mie sterline finiscano nel cesso. Mi sembra piuttosto che finiscano nelle tue tasche, no? Comunque non ti preoccupare. Nella mia vita ho speso molti soldi per alcool, belle donne e macchine veloci. Il resto l'ho buttato via!-. Tony sollevò gli occhi al cielo. - Già, lo so bene! Ma se mi crepi qui, bastardo d'un nordirlandese, sai che pubblicità per il locale!-. George ruttò. - Faresti fortuna, vecchio mio! Diventerebbe una sorta di mausoleo sto schifo di pub. Forse ti farei davvero un gran regalo se morissi proprio qui, su questo bancone!-. Tony fece un gesto sconsolato. Non si poteva ragionare con lui. Alla fine si spostò a servire un nuovo cliente.
George rimase solo, con la sua pinta di birra e i suoi ricordi. Dura vivere di ricordi! Dura essere stato un dio acclamato da milioni di persone per poi ritrovarsi solo davanti a un bancone di un pub. Ma la vita comunque se l'era goduta, il buon George, e di questo non poteva lamentarsi. Da dove veniva, la gente faticava a mettere insieme il pranzo con la cena. Anche la sua famiglia non era messa bene. E di questo, lui, se ne era sempre vergognato. Non della povertà della sua gente, che era gente onesta e per bene. Ma del suo successo, di tutto quanto aveva guadagnato. Era una sorta di pudore. Del resto, per chi proveniva da Cregagh, uno dei sobborghi più poveri di Belfast, la miseria era quasi un marchio inconfondibile. Eppure lui, la miseria, era riuscito a sconfiggerla facendo quel che più gli piaceva. Un uomo fortunato, senza alcun dubbio!
I suoi ricordi furono interrotti dall'arrivo di Kelly, sfacciata troietta di ventidue anni, una biondina con il diavolo in corpo e due tette da mozzare il fiato. Subito la ragazza gli si avvinghiò contro, lasciando scivolare la mano sul pacco dell'uomo. - Ce la siamo proprio spassata questa notte, eh, vecchio porco?-. A George sfuggì un sorriso a quelle parole. Cristo, a cinquantanove anni sapeva ancora come far impazzire una donna. O una ragazzina! - Eh già, baby. Anche se starti dietro non è stato per nulla facile!-. Le fece l'occhiolino in un gesto di complicità. Lei scoppiò a ridere. - Ma smettila, depravato! Che questa mattina, quando mi sono svegliata, ce l'avevo ancora in fiamme!-. George sentì che gli stava tornando duro. Era più forte di lui. Alla fica, come all'alcool, non sapeva proprio dire di no! Beh, nel '69 ci aveva provato a dare un taglio a donne e alcool. Erano stati i venti minuti più brutti della sua vita! Errore che non commise più.
Le donne per lui erano quasi un'ossessione. Ne avrà avute più di duemila, ma a lui non bastavano mai. E non doveva neppure far fatica a trovarsele. Erano loro che venivano da lui. Scopare e bere. Bere e scopare. Forse era un modo per dimenticare gli ormai lontani echi del successo. Nemmeno Alex, la sua splendida seconda moglie, era riuscita a farlo ravvedere. Alla fine, stanca, lo aveva sbattuto fuori di casa, dopo averlo trovato a letto con l'ennesima puttanella di turno. Ma a lui parve non importare granché. Fu il divorzio più veloce della storia. Impiegò appena due minuti e quaranta secondi per prendere la decisone. E in tribunale si presentò sbronzo marcio!
Kelly gli sorrise maliziosa. - Sei stato semplicemente fantastico, semplicemente il migliore!-. E per meglio sottolineare il concetto, gli strizzò per bene l'uccello. George rise di gusto. - Dammi una pinta di birra e un culetto ben fatto, e certo che divento il migliore!-. Scoppiarono entrambi a ridere. - Quello è stato veramente il migliore!- intervenne Tony, indicando una foto di giornale appesa alla parete. Era una vecchia immagine in bianco e nero ormai ingiallita dal tempo, che ritraeva un giovane calciatore in azione palla al piede. Sopra la foto era stata messa una sciarpa dello United. George la fissò. Si ricordava bene quando fu scattata.
Lisbona, 9 marzo 1966. Fuochi d'artificio, razzi, cori. E sessantamila persone ululanti che aspettavano solo che la loro squadra li facesse a pezzi. George ricordava ancora la sensazione che provò prima di scendere in campo. Cristo! Quello era il Benfica di Eusebio, una squadra invincibile sul suo campo. Tutti erano convinti che sarebbe stata una vera e propria mattanza. E loro le vittime designate. Mentre usciva dal tunnel per scendere in campo a George si rizzarono i capelli in testa. Quello non era uno stadio, ma una bolgia infernale. Ma infondo quello era il suo ambiente. Lui non era fatto per il paradiso. Lui era l'uomo del peccato. In paradiso non avrebbe saputo che fare. Lì non conosceva nessuno!
George sorrise al ricordo. Per tutti, quella fu la sua partita più bella. Vinsero 5 a 1 e fanculo agli invincibili portoghesi! Da qui nacque la sua leggenda, quella di El Beatle, il quinto Beatle, un inglese dai capelli lunghi. Cristo! e da allora nulla fu più come prima. Ragazzine arrapate pronte a concedersi, fiumi di champagne, donne ammogliate e ricche dame, tre Miss Universo e danaro a non finire. Era riuscito! Era riuscito a dare un calcio nel culo alla miseria di dove proveniva. E iniziò a godersi la vita!
- E no, Tony! Dovevi vedere il mio George questa notte. Altro che quel ragazzino in quella foto!-. Kelly scoppiò a ridere di gusto. Ma per Tony, quella frase, non fu per niente spiritosa. - Non sai quel che stai dicendo, bambolina! Quel ragazzino riuscì a scaldare il cuore di migliaia di persone. Quel ragazzino, come dici tu, ci fece sognare tutti quanti. Ecco chi era quel ragazzino!-. George ne aveva le palle piene di tutta quella prosopopea. Urlando, afferrò il bicchiere da cui stava bevendo e lo scagliò contro lo specchio che aveva di fronte. - Basta, cazzo, basta! Quel ragazzino non esiste più, capito Tony? Smettila di parlarne. Smettila, ti prego!- terminò in un sussurro.
In fondo George aveva ragione. Quegli anni erano svaniti. Per sempre! Se solo avesse potuto tornare indietro, nel passato, negli anni sessanta, allora sì che sarebbe stato davvero felice. Ma non si poteva. Si doveva andare avanti. E lui lo faceva fra fiche, birre e whisky. In fondo era un modo come un altro per sopravvivere!
- Cristo, Georgie, sei di nuovo ubriaco. Vuoi che ti chiami un taxi per farti portare a casa?-. Tony ormai era rassegnato alle violente sfuriate di George. Ma gli voleva bene, era il suo idolo e così gli perdonava tutto. George lo guardò sconsolato. Si rendeva perfettamente conto di essere sbronzo. Come al solito, nulla di nuovo. L'alcool, per lui, era ormai diventato un compagno inseparabile. Gesù, nemmeno la nascita di suo figlio Calum era riuscita a farlo smettere di bere. L'alcool era diventato la cosa più importante della sua vita. Più dei successi, dei premi, del Pallone d'Oro vinto. Più di sua moglie e persino di suo figlio appena nato! Si sentiva in colpa per il fatto di non riuscire a smettere nemmeno per lui. E probabilmente iniziò a bere ancor di più proprio a causa di quel senso di colpa. Ci aveva provato anche con gli Alcolisti Anonimi. Ma il problema era che lui non poteva essere anonimo! Lui era semplicemente il migliore.
Cosa della quale se ne accorsero fin da quando era ragazzino e giocava per divertirsi nei campetti fangosi della periferia di Belfast. Bob Bishop passava da quelle parti e rimase subito incantato da quel ragazzo. Scrisse immediatamente un telegramma a Matt, Matt Busby, allenatore dello United. "Matt, credo di aver trovato un genio!". George si ricordava ancora il viaggio in nave da Belfast a Liverpool, e da lì in treno fino a Manchester. Era un ragazzino timido, in fondo aveva solo quindici anni, aveva nostalgia di casa e così, dopo un solo giorno, scappò per tornare nel suo sobborgo, dalla sua famiglia. Ma fu proprio il grande Matt in persona ad andare a Belfast e a convincerlo a tornare. E da lì nacque la leggenda!
George appoggiò la testa al bancone. Tanti ricordi. Troppi! Baciato dal talento e maledetto dalla vita. Per chi era stato definito "il più bravo del mondo" dal grande Pelè, era dura vivere giornate anonime fra pub e squallide camere di hotel. La birra e la figa gli permettevano di andare avanti, ma a George rimaneva sempre nelle orecchie l'ululato delle folle in visibilio per lui.
- Ehi, Georgie! Ti ho chiamato il taxi. Fra poco te ne torni a casa a riposarti, va bene?-. Tony gli parlò in modo premuroso. George sorrise stancamente fra i denti. Vecchio grassone! Lui sì che era un vero amico. Ancora si preoccupava di lui! Dopo poco infatti arrivò il tassista.
- Ehi, ma questo è......!-. Tony non lo fece nemmeno finire. - Già! Hai visto bene, amico. Questo è! Ora aiutami a portarlo sull'auto!-. I due uomini lo afferrarono per le braccia e lo portarono fuori dal locale. George era sbronzo perso, e non aveva più alcuna forza per opporre resistenza. Kelly iniziò a protestare. - Ma dove lo portate? George, diglielo anche tu. Dobbiamo stare insieme questa sera. Voglio che mi scopi come ieri!-. Ma ormai a George le parole giungevano lontane, incomprensibili. - Sparisci, troietta! Lascialo in pace!- grugnì Tony mentre lo sistemava sul sedile posteriore. La portiera si chiuse e l'auto partì.
Durante il viaggio il tassista non seppe resistere. - Senta, la corsa la offro io. Però lei me lo fa un autografo, vero? Gli amici e i colleghi moriranno di invidia!-. George sogghignò. Erano passati decenni, ma in fondo quel ragazzino venuto dal sobborgo più povero di Belfast ancora continuava a scaldare il cuore delle persone.
Perché in fondo lui era George Best. Semplicemente il migliore. Simply the Best!

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