martedì 12 agosto 2014

Il regno del nulla di Andrea Lagrein



Via Novara 385. Silvia abitava a quel civico. Caseggiato fatiscente di cinque piani, senza ascensore, ballatoi a ringhiera e puzza di miseria, di quella vera, di quella dura. Lei faceva la cassiera in un supermercato a 900 euro al mese, che affitto e bollette regolarmente si mangiavano quasi tutti quanti. La conobbi alla cassa. Alla terza volta che mi vide dietro una montagna di lattine di birra ruppe gli indugi e cercò di fare conversazione. Dopo una settimana avevo già bell'e pronto l'invito a casa sua.
Erano le nove di sera di un freddo novembre quando ci andai per la prima volta. Nebbia e umidità lungo la via. A sera la zona si trasformava in un ricettacolo di balordi, ubriaconi, puttanieri e malviventi di ogni sorta. La luce gialla dei lampioni illuminava scene di ordinario squallore, scene che improvvisamente apparivano e scomparivano fra le pieghe della nebbia.
Salii le scale di quel laido stabile. Quinto piano, cazzo! Maledissi tutti i pacchetti di sigarette fin li fumati. E per meglio esprimere il mio anatema, mi accesi una Pall Mall, così, a spregio! Mentre salivo ansante ascoltavo le innumerevoli storie che provenivano dai vari appartamenti che via via superavo. Storie di squallore, storie di vita ordinaria, fra un litigio familiare, un televisore a volume improponibile e ansimi e gemiti di scopate animalesche.
Del resto in via Novara non si poteva pretendere di trovare boutique all'ultima moda o locali trendy frequentati dalla meglio gioventù! No! In via Novara si incontrava la fatica, il sudore, la puzza, la disperazione, i ratti e gli scarafaggi. In via Novara ci si imbatteva in tutto ciò che era agli antipodi del falso lucore che le insegne del centro cittadino volevano far credere e reclamizzare. In via Novara si trovava Silvia, che con i suoi 900 euro al mese doveva far di conto pure davanti a una bancarella del mercato.
Entrai in casa sua. Bilocale mal messo, muffa al soffitto e muri che iniziavano a scrostarsi. Non vi badai granché. Non che io fossi messo meglio. Per lo meno, però, avevo vinto la mia personale battaglia con gli scarafaggi. Qui invece, di lavoro, ce ne era ancora da fare! Ma non era questo il momento di fare i sofisticati. E comunque, io, non sarei stato affatto credibile! In un rigurgito di buone maniere mi presentai con una bottiglia di rosso. Nel caso le cose non si fossero messe bene, avrei sempre potuto scolarmi del buon vino.
Non riuscivo a capire se la puzza di fritto che avvertivo distintamente provenisse da casa sua o da uno degli appartamenti che mi ero lasciato alle spalle nella mia affannosa ascesa. Una scalata certamente educativa per chi ama come me imbrattare pagine. Entrai nel cancello accompagnato da un trans con il suo cliente. L'uomo era visibilmente imbarazzato dalla mia presenza. Il trans invece era perfettamente a suo agio. In fondo stava facendo il suo lavoro. La figura del succhiacazzi la faceva l'altro, di cui sicuramente ignorava il nome. A me invero non fregava nulla. Non persi occasione di guardare con insistenza lo splendido culo del viados che saliva davanti a me. Si fermarono al primo piano. Mi annotai mentalmente quale fosse il suo appartamento. Si sa mai nella vita!
Una vita che scorreva con i suoi ritmi, qui in via Novara. Ritmi completamente differenti dalla frenesia del resto della città. Questo era il regno del nulla. Solo carcasse umane che rovistavano fra gli avanzi lasciati da altri, i più fortunati, i più forti, i più vincenti. Una periferia come tante altre, in fondo. Solo che qui non vi era nemmeno quel poco che nei sobborghi degradati solitamente si può trovare. Il regno del nulla, per l'appunto! Un distributore di benzina aperto 24 ore, una trattoria perennemente vuota, uno sfasciacarrozze, una discarica, un hotel a una stella, un'autofficina, un parco che alla sera veniva chiuso divenendo ricettacolo di zombie assortiti, un altro distributore, la fermata di una linea di autobus e in fondo, in lontananza, i cartelli dell'ingresso della tangenziale. In tutto questo si stagliava lo stabile dove abitava Silvia.
Mobilio scadente, ante scardinate, tovaglie floreali macchiate da pasti fugaci e solitari. Appena entrai lei mi sorrise, fiera di quel vestitino sintetico che indossava, suo apice di un'eleganza a buon mercato. Sorrisi anch'io. Del resto quel misero indumento non avrebbe avuto vita lunga! Di fatti, ben presto, si ritrovò stropicciato sul pavimento, insieme al resto della biancheria intima che le tolsi con frenesia. In quel momento non mi interessava di certo un defilé alla moda, ma le sue tette e il suo culo in cui affondarci le mani. E lei acconsentì di buon grado, forse e soprattutto per dimenticare le miserie che ci circondavano.
E quel che ci circondava non era esattamente un idillio. Di giorno le auto correvano veloci per entrare o uscire dalla città, passaggio repentino verso lidi migliori. Vecchie baldracche imbruttite dal tempo e dalla professione svendevano i propri corpi per pochi euro a puttanieri derelitti, dispensando veloci orgasmi dietro alberi e cespugli grigi di smog. Zingari lesti e furtivi si aggiravano su quei marciapiedi in cerca di chissà quale occasione, rientrando poi al campo nomadi poco distante. I pochi italiani del posto correvano a occhi bassi verso le loro incombenze, fra romeni e nigeriani che oziavano sui muretti fumando in continuazione. Di notte invece diveniva il regno dei trans brasiliani, splendide donne dagli uccelli enormi, concupiti da padri di famiglia e distinti signori in cerca di forti emozioni.
Questa era via Novara. Questa era la miseria che ci circondava. Relitti umani che tentavano di sopravvivere, grandi protagonisti dei talk-show politici dove nobili mestieranti e paladini degli umili parlavano in loro vece, salvo poi dimenticarseli immediatamente il giorno dopo che tanto, la merda sotto le scarpe, mica gliela levavano loro!
Silvia era uno di questi relitti. Non usava Chanel o Dior. No! Il suo profumo era l'acre odore di sudore di una intensa giornata lavorativa, puzza di ascelle e indumenti acrilici. Il suo aroma era quello di chi, a 900 euro, quasi non riusciva a raggiungere la fine del mese. Ma quando mi abbracciò e aprì le gambe tutto questo svanì. Rimase solo la nostra voglia, la nostra eccitazione, la nostra libidine. Scopammo la disperazione, la miseria, gli affanni. Scopammo i nostri corpi e in essi vi affogammo le nostre menti, in una sorta di fuga da tutto ciò che avevamo attorno.
Via Novara era questa. Nessuna poesia, nessuna dolce melodia. Merda e piscio a cui non badare, di cui far finta di non vedere, che in fondo via della Spiga non era molto lontana, circa un quarto d'ora di auto. Ma qui in via Novara la vita scorreva ugualmente, fra trans, vecchie baldracche e rom dai lesti coltelli. E poveracci che vivevano con 900 euro al mese, fra immondizia e scarafaggi.
Perché in fondo, questo, era il regno del nulla!

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