martedì 11 novembre 2014

FILO SPINATO di Alice Stregatta




Piano piano, senza quasi accorgersene, si ricoprí di fittissimi aculei. In un primo momento si sentì protetta. Poi, aggiunse collane di filo spinato.
Non voleva far avvicinare nessuno, ma allo stesso tempo non desiderava che quello.
Qualcuno che si armasse di pazienza. Qualcuno che avesse tempo e voglia di spogliarla da tutte quelle paure e insicurezze. Che tramutasse la rabbia in sorrisi, che sciogliesse il dolore, che cancellasse il suo odio profondo, radicato.
Che si dedicasse a lei.
Che le sfilasse aculeo per aculeo, delicatamente, pur pungendosi, che continuasse ad esserci.
Che la scegliesse.
Invece.
Invece, alcuni le si erano avvicinati: incuriositi, intrigati, rapìti.
Ma senza tempo da perdere. Da impiegare. Da dedicare.
Un breve giro di ricognizione prima di abbandonare il campo: troppa fatica. Troppo impegno. Risultato incerto.
Ogni volta che permetteva a uno di loro di sbirciare attraverso la sua corazza, si sentiva sollevata e speranzosa, per poi crollare all'inesorabile defezione.
Ancora, e ancora, e ancora...
Si accorse ben presto che, purtroppo, gli aculei non erano solo rivolti verso l'esterno. Avevano due punte. Un'estremità le si conficcava nella carne e irradiava pungenti fitte di un dolore lancinante, che le si irradiava fino al cuore, al cervello, allo stomaco, dilaniandola.
Voleva solo smettere di sperare.
Voleva solo smettere di sognare.
Voleva solo smettere di soffrire.
Decise di chiudersi definitivamente al mondo.
Nessuno avrebbe potuto più ferirla.
Non parlò mai più con nessuno.
Morì sola.

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