domenica 23 novembre 2014

TITANIC di Alice Stregatta



Navigavo in acque calme su una nave da crociera, ero in prima classe. L'orchestra: un piacevole sottofondo ad una vita agiata, forse pigra, a tratti troppo. Piatta, con guizzi di allegria.
Una pacata serenità. I miei pensieri si inseguivano come i delfini che si rincorrevano all'orizzonte, giocosi. Una voglia latente di scappare da quella gabbia dorata strisciava come un geco alla ricerca di un raggio di sole... un'insoddisfazione di fondo che mi faceva sentire fuori posto in ogni luogo, con la voglia di altro, la voglia di altrove.
Fino al giorno, apparentemente come tutti gli altri, in cui la nave si scontrò contro il suo iceberg, collassando.
Si spezzò in due, spezzando anche me. Vita distrutta, sgomento, disperazione, senso di vuoto e solitudine esplosero in un silenzioso, assordante boato.
Colai a picco. Mi aggrappai ad una sbilenca scialuppa di salvataggio: fuscello, barchetta che imbarcava acqua ad ogni ondata calma. Gelida morsa d'acqua ghiacciata.
Bagnata fradicia, attorniata da squali, dibattuta tra la voglia di resistere e la tentazione di lasciarmi scivolare tra i flutti. Darmi in pasto alle belve, diventare cibo per pesci, dare un nobile scopo alla mia vita: finalmente, smettere di soffrire.
Un attimo di panico, un dolore feroce, un lago di sangue: un morso, un boccone.
E poi, la pace.

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