venerdì 17 ottobre 2014

L'ENTRATA DI CRISTO A BRUXELLES di Andrea Lagrein




Il vociare che proveniva giù in strada aumentò d'improvviso. La processione era prossima a passare sotto il balcone dell'appartamento dove mi trovavo. "Sta arrivando Gesù! Stanno arrivando, devo andare!" quasi urlò trafelata Laura, uscendo dal letto ancora caldo del nostro amplesso. Scoppiai a ridere. La scena era esilarante. Quelle parole dette così velocemente stridevano con il culo pieno e le tette cadenti che avevo di fronte, mentre cercava di rivestirsi in fretta e furia. Già, stava arrivando Gesù e la mia Maddalena doveva correre per redimersi!
"Non c'è nulla da ridere, stronzo!" mi fulminò con lo sguardo. "Nella processione c'è anche mio marito e sai che casino se ci dovesse beccare? Si aspetta di vedermi giù in strada e non voglio certo che si insospettisca se non mi vedesse!". Rischiò quasi di cadere nella fretta di infilarsi la gonna. E questo non fece altro che aumentare il mio divertimento. Era sposata con un pezzo grosso del luogo, assessore o roba del genere. Non la scopava ormai più da tempo, ma le garantiva comunque una vita più che dignitosa, con una bella villa, auto sportiva e spese folli sempre garantite. E a Laura, infondo, non dispiaceva. Sarebbe corsa in strada ad assistere al passaggio di Gesù Cristo, mentre con la mano, da brava e devota moglie, salutava il marito che camminava in mezzo al corteo. Tanto lui non avrebbe avvertito il suo afrore di cagna in calore. E la mascherata avrebbe potuto placidamente continuare per la sua strada.
Si trattava, o si sarebbe dovuto trattare, di una cerimonia religiosa, di una processione. Era la commemorazione dell'entrata di Gesù a Gerusalemme. L'intero paese si era riversato in strada per l'occasione. Era uno dei momenti salienti della placida e monotona vita di questo luogo. Ogni anno si ripeteva la stessa sarabanda e tutti accorrevano non certo per ammirare Gesù che attraversava il paese a dorso di mulo ma per mettersi in mostra agli occhi dei propri concittadini. Una fiera carnascialesca, ognuno con la propria maschera!
Mi accesi una sigaretta, aprii una lattina di birra e mi misi al davanzale della finestra a torso nudo, per osservare la folla tumultuosa che si assiepava ai bordi della strada. In quel luogo ci ero capitato quasi per caso. Stavo cercando di rimettere insieme i cocci della mia vita e un amico mi aveva offerto quel suo appartamento che non usava. Era il classico paesino sconosciuto sperduto nel nulla, in mezzo alla campagna, dove ancora l'agricoltura la faceva da padrone e tutti gli abitanti si conoscevano e si salutavano per nome. Dopo due settimane conoscevo già le storie di ogni singolo abitante. Era semplicemente perfetto!
Più che una processione sembrava una sfilata, dove la moltitudine di persone chiassose oscurava e nascondeva il Cristo. Don Ciro capeggiava la parata. I suoi occhi tronfi e scintillanti facevano il paio con gli ornamenti che indossava. Guardava a destra e a sinistra, ammiccando e salutando tutti quanti. Era risaputo che Don Ciro fosse un sacerdote dedito alla vita. Certe storie erano giunte anche alle mie orecchie. Fica e tette, insieme a un bel culo pieno, erano la sua passione, uguagliata forse dal buon rosso forte e sincero della zona. L'avevo incontrato pochi giorni prima sul sagrato della chiesa, in uno dei miei soliti giri oziosi. Aveva la bazza ancora sporca di unto del pasto appena consumato. Mi salutò soddisfatto prima di sparire velocemente in un piccolo vicolo laterale. Sapevo dove stava andando. La casa di Simona si trovava poco più in la. Era risaputo da tutti che Don Ciro amava scoparsela, e la cosa era ricambiata. La passione, evidentemente, poteva superare qualsiasi barriera, anche la più solenne. Così, fra un miserere e un te deum, aspergeva le sue pecorelle con il suo uccello da Priapo mai sazio. Il suo gregge faceva finta di non vedere e in cambio lui chiudeva un occhio, se non tutte e due, sulla fede non proprio irreprensibile dei propri parrocchiani. E oggi, impettito nei sacri paramenti, camminava come fosse su una passerella di Milano. Sfilava in bella mostra come fosse lui il protagonista di giornata. Mansueto, l'asino con il Messia, lo seguiva a debita distanza.
Spensi la sigaretta, m'infilai una maglietta e decisi di scendere anch'io in strada. Lo spettacolo era troppo allettante! L'odore di frittelle e dolciumi assortiti mi colpì immediatamente. Varie bancarelle stipate sui marciapiedi offrivano le loro mercanzie. Il sacro che si trascinava il profano! "Ehi, bel signore, la vuole una frittella succulenta?". La voce era di una donna di mezza età ben in carne che, dietro al suo tavolaccio, mi offriva quello schifo colante di olio. La guardai sorridendo. "Ma sta passando Gesù! Non vuole assistere alla processione?" chiesi con il tono più angelico che riuscii a fare. "Eh, caro mio, gli affari sono affari. Gesù capirà, ne sono sicura!". Mi voltai perdendomi nella folla, mentre con lo sguardo iniziai a cercare Laura. "Il prezzo del grano è alle stelle e anche con il latte siam messi maluccio!". "Già, è uno schifo. Son quasi ridotto in miseria!". Non potei far a meno di ascoltare la conversazione dei due tizzi di fianco a me. Gesù intanto stava arrivando. Cristo, mi sembrava di essere fra i mercanti nel tempio. Tutti che vociavano e discorrevano dei fatti propri incuranti della processione.
Nel frattempo la sfilata continuava a scorrere. Dietro Don Ciro venivano dei ragazzotti che tenevano in mano delle palme. Erano a torso nudo e facevano bella mostra di se, gonfiando i muscoli che guizzavano sotto la pelle sudata per il caldo. Con gli occhi scrutavano fra la folla in cerca di ragazze che li rimirassero avide. In fondo era una ghiotta occasione per pavoneggiarsi e magari rimediare una bella scopata per la sera. Che Gesù li seguisse da presso era un fatto meramente marginale. Nel frattempo una mano delicata mi sfiorò il braccio. Mi voltai di scatto. Era Amanda, la puttana del paese. "Costo molto meno di quelle di città e ti faccio godere molto di più!" mi sussurrò maliziosa. Il Cristo a dorso d'asino aveva quasi raggiunto il posto dove eravamo fermi. La guardai. "Ma questa è una giornata dedicata al Signore. Lavori anche oggi?" domandai divertito. Fece scendere la mano fra le mie gambe senza farsi vedere e con le dita afferrò il mio uccello. "E' proprio in queste giornate che si lavora meglio. Se vuoi lo possiamo fare nella posizione della missionaria!". E scoppiò in una risata volgare. Quasi mi venne il voltastomaco. Quasi! "Tesoro, non oggi. E' già passata qualcun'altra prima di te. Sarà per la prossima volta!". Amanda non mi rispose neppure. Si voltò allontanandosi, in cerca di qualche altro cliente, ennesima Maddalena da redimere!
La mia attenzione fu nuovamente catturata dal corteo. La banda del paese iniziò a suonare a ritmo infernale, quasi fosse una fanfara militare, ennesima promiscuità fra sacro e profano. Gesù passava benedicendo, ma tutti erano molto più attenti ai musicisti che non alla sacra rappresentazione. Su un loggione erano comodamente seduti il sindaco con i vari notabili del paese, sorridenti e sgargianti nei loro doppio petto di circostanza. Si affacciavano dalla balconata dispensando saluti e ampi cenni delle mani a chi da sotto ossequiava il loro potere. Per la gente questa era una benedizione ben più potente e importante di quella impartita dalla figura a dorso di mulo.
Improvvisamente, con la coda dell'occhio, vidi due ragazzini che si davano da fare fra la folla. Le loro mani erano leste e, senza che nessuno se ne accorgesse, un bel po di portafogli finirono nelle loro tasche. Uno dei dei due si accorse che lo stavo fissando. Mi guardò scrollando le spalle, come a dire "e a te che te ne importa!". In quel momento Gesù passò proprio al loro fianco. Tornai a fissare la processione. Quei due erano probabilmente i più onesti che c'erano in mezzo a tutte quelle persone. Li lasciai fare senza dire nulla. Probabilmente quella sera si sarebbero presi una bella sbronza.
Decisi di averne abbastanza di quel carnevale improvvisato. Tutti accorsi in massa all'evento, ma nessuno che degnava di uno sguardo il Messia. Triste simbologia dei giorni nostri! Meglio tornare in casa a scolarmi qualche birra che stare in mezzo a queste maschere fasulle. Ma non feci in tempo a incamminarmi che Laura apparve d'improvviso al mio fianco. Gesù ormai ci aveva superato. "La processione si sta allontanando!" mi sussurrò maliziosa. La guardai con occhi interrogativi. "Ho ancora una voglia matta di rotolarmi con te fra le lenzuola. Voglio che mi scopi ancora, e poi ancora, e poi una volta ancora. Torniamo da te, dai!". Non ero certamente un santo e a certe proposte non sapevo dire di no. Così ci avviammo, mentre suo marito, felice e sorridente, procedeva in mezzo alla processione.
Nel contempo il Messia a dorso di mulo fu ingurgitato dalla folla festante, mentre noi due ci eclissavamo nei nostri olezzi adulterini.
E così la benedizione non scese su di noi!

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