venerdì 20 dicembre 2013

LA CRISI di Andrea Lagrein






Il rumore che proveniva dal vicolo sottostante rendeva la nostra conversazione alquanto difficile. Ma l'afa e il caldo che c'erano in quei giorni proprio non mi permettevano di chiudere le finestre. Del resto, avessi avuto un condizionatore! E come l'avrei pagato? Lasciamo stare. Però mi sudavano anche le palle tanto era afosa quella serata.
Lanciai una birra a... Francesco. Almeno quella era fresca. Di più non potevo fare. "Tu sei abituato a vivere in sta merda". Lo guardai. Mi appoggiai al davanzale della finestra, in cerca di un refolo di frescura. Nulla! Giù in strada un gruppetto di sudamericani, boliviani, peruviani, sa solo iddio di quale etnia fossero, se le dava di santa ragione. Forse era tutta colpa di una guapa, un sorriso di troppo, un apprezzamento poco apprezzato. Forse si trattava di una partita di droga non pagata. O forse era semplicemente il caldo che li aveva fatti uscire di testa. Mi accesi una sigaretta. Sì! Francesco aveva ragione. Ormai mi ero abituato a vivere in questa merda. La realtà è che non potevo permettermi un cazzo, nemmeno un fottutissimo condizionatore per sopravvivere a questa afa. Sicché mi tenevo le palle sudate. E bevevo birra.
"Io non ce la farei a vivere come fai tu" continuò Francesco come se stesse semplicemente sottolineando un'ovvietà. "E chi te lo fa fare?" domandai forse un pò troppo rudemente. Lui sollevò il suo sguardo su di me. Cristo santo, vi lessi la più totale e assoluta disperazione. Io almeno, quella, l'avevo già superata. Ero oltre, ormai!
Ci conoscevamo da un'eternità. Da sempre, mi verrebbe da dire. Quanta strada avevamo percorso insieme! Ora, mentre lo guardavo, i ricordi tornavano prepotenti alla memoria. La fuga precipitosa nelle vie del paesino di sua nonna, rincorsi dal contadino armato di forcone e incazzato duro per le ciliege che avevamo rubato dal suo albero. I pomeriggi passati insieme a far finta di studiare latino e greco, mentre sognavamo a occhi aperti di fotterci la zoccola del liceo. Le prime canne e le sbronze con vomito finale. La tedesca che ci scopammo insieme in una lontana vacanza sul lago di Garda. Le serate passate a cercare di rimorchiare. I primi lavori. I matrimoni. Il mio fallimentare. Il suo perfetto. Lui che mi chiede di fargli da testimone. Io, un senza Dio patentato! La nascita di sua figlia. Il mio divorzio. Una vita, insomma. Una vita condivisa.
"Oggi mi ha chiamato di nuovo il direttore di banca. O rientro o saranno costretti a prendere provvedimenti". Aveva le spalle chine. Non aveva il coraggio di guardarmi. "Cristo, non ce la faccio più! Ma come cazzo faccio a rientrare se non trovo lavoro da sei mesi? Eh? Me lo dici come cazzo faccio?" urlò disperato. "E lo chiedi a me?" ribattei serafico. "A me manco mi chiama più, il direttore. Ha perso ogni speranza ormai!". Sogghignai sorseggiando la mia birra.
"Tu non hai una famiglia! Cazzo, non hai una figlia a cui pensare. Tu hai solo birra, troie e case in affitto dove regolarmente ti sbattono fuori dopo tre mesi!". Aveva ragione. Completamente ragione. Ma Cristo santo, che potevo dirgli? Le solite cazzate, le solite frasi fatte, la solita favola di fiorellini e buoni propositi? Non ce la facevo. Era nella merda, questa era la sola realtà. E non si vedevano vie d'uscita.
Gli lanciai un'altra birra. "Di lavoro non se ne trova?". Mi guardò quasi con le lacrime agli occhi. "C'è la crisi. Nessuno assume. Hanno tutti paura di chiudere bottega!". Pareva ormai rassegnato. Poi scoppiò a ridere. Una risata isterica, di quelle che non riesci a smettere, di quelle che ti vengono per non urlare di disperazione.
"Valgo più da morto che da vivo, sai?" mi disse infine. Lo guardai senza capire. Sospirò con rassegnazione. "Ho un'assicurazione sulla vita, sottoscritta anni fa. Se morissi oggi, la mia famiglia si beccherebbe qualcosa come centocinquantamila euro". Emisi un fischio. "Cazzo, una bella sommetta, fratello!". Mi sorrise. "Già! Così non avrebbero più problemi!". Lo fissai serio. La disperazione può portare a gesti sconsiderati. Cristo santo! Ora non era più il caldo a farmi sudare.
"Già, ma ti perderesti le sontuose pere di tua moglie e quel suo culo da far venire i brividi!". Lui scrollò le spalle. Tracannai quel che restava della mia birra. "Guarda che se ti ammazzi, non me ne frega un cazzo, ma io tua moglie me la scopo, eccome se me la scopo. Capito?". I suoi occhi mi guardavano. Spenti! Gesù, non sapevo più che dire. Ma dovevo provarci, quanto meno per la nostra lunga amicizia. "Ascoltami, Fra, pensi veramente che tua figlia, fra qualche anno, sarà soddisfatta di aver sostituito suo padre con un pò di bigliettoni? Lo credi veramente, brutto stronzo?". Quasi urlai le ultime parole. Ma in fondo, dentro di me, lo capivo. Lo capivo benissimo!
Gli lanciai un'altra birra. Lui continuava a tacere. "Senti! Fai così. Torna a casa. Fatti fare un bel pompino. Fatti una bella dormita. E domani ricomincia a lottare. Per tua moglie. Per tua figlia. Ma soprattutto per te stesso. Non dargliela vinta, a tutta sta merda che ci circonda!".
Francesco mi sorrise. Finì la sua birra, si alzò e mi abbracciò. "Ti ringrazio. Sei un amico!". Pacca sulla spalla e uscì da casa mia.
Mi affacciai nuovamente alla finestra accendendomi una sigaretta. Un trans scese dal suo SLK ed entrò nello stabile di fronte, seguito furtivamente da un cliente. Sorrisi amaro. Di questi tempi, per far strada nel mondo, bisogna saper dar via il culo!

Quattro giorni dopo ricevetti la telefonata. Dissero che forse era stato un cedimento meccanico. O più probabilmente un colpo di sonno. Sta di fatto che l'auto sbandò ad alta velocità mentre si trovava su un cavalcavia e.......beh, non c'è stato più nulla da fare. Tragica fatalità!
Mi sedetti sul divano. Rimasi tutta sera con la luce spenta, al buio. Presi quella bottiglia di Sassicaia del 2004 che Francesco mi regalò nella speranza di brindare a un mio nuovo fidanzamento, cosa che sto ancora aspettando. La terminai in poche sorsate. Fanculo alla crisi, Cristo santo! Fanculo ai direttori di banca! Fanculo ai fottutissimi soldi! Fanculo a questa società di merda!
Sorrisi amaro. Già immaginavo la faccia del direttore di banca, atteggiata a lutto di circostanza, ma sollevata nel sapere che di li a poco un bel gruzzolo sarebbe giunto a risolvere i problemi di quel conto in banca. E la piccola Lisa? Beh, avrebbe avuto per Natale quel bambolotto che tanto le piaceva. E poi........e poi sarebbe andata tutte le domeniche a portar fiori freschi sulla tomba di papà. Già. Forse!


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