venerdì 6 dicembre 2013

LA LIBERAZIONE di Andrea Lagrein




La festa regnava allegra tutt'attorno a lei. Chi cantava, chi ballava, chi rideva, chi stappava di quello buono, ma buono per davvero. Sembravano tutti impazziti. E ne avevano ben donde. L'incubo era finito. L'inferno era terminato. O almeno così a loro pareva, che di lì a qualche giorno si sarebbero dovuti ben ricredere.
Dunque la festa era ovunque. Ovunque tranne che nel suo cuore, nei suoi pensieri, nei suoi ricordi. Nei suoi occhi. Negli occhi della Nina c'erano ancora lacrime, solo lacrime. E un passato duro da cancellare. Lì, in quella piazza di quel piccolo paesino, all'ombra del campanile, sotto un cielo terso e in lontananza ben visibile la Grigna, la Nina non riusciva a festeggiare come tutti la fine del dramma. Perché il dramma, lei, lo aveva ancora nell'anima.
Il Sandro non era li con lei. Il Sandro non sarebbe mai più stato li con lei. Questo, la Nina, non poteva scordarlo. Non riusciva a scordarlo. Neppure in mezzo alla festa. Neppure al termine di quell'orrore che li aveva perseguitati in tutti quegli anni.
Il Sandro fu il suo primo moroso. Il suo unico moroso. Che a quei tempi, a vent'anni, una ragazza che c'aveva avuto più di un moroso era vista come donna di malaffare. Il Sandro era il ragazzo più bello del paese. Occhi come il cielo, capelli biondi sempre scompigliati, fisico muscoloso, di quei muscoli che ti vengono a lavorare nei campi, in mezzo alle spighe di grano, sorriso allegro, un'infinita bontà e dolcezza nello sguardo.
Tutte le ragazze gli morivano dietro. E la Nina non capì mai perché lui scelse proprio lei, lei che non era bella, lei che non aveva nulla di particolare, lei che si vedeva assolutamente insignificante. Ecco, se avesse scelto una come la Claudia, allora poteva ben capirlo. Era bella, intelligente, maliziosa e smaliziata, di buona famiglia, mica come la sua, che c'avevano solo una mucca, malandata per giunta, qualche gallina, un piccolo orto e il papà che lavorava a giornata nei campi altrui. La Claudia invece conosceva la vita. E c'aveva pure le calze di seta. Altro che i mutandoni e le calzacce di lana che indossava lei.
Ma il Sandro si innamorò proprio della Nina. E la Claudia non la prese bene. Fu un affronto alla sua bellezza, al suo rango. Preferita a una contadina! Questo proprio no. E giurò a se stessa che prima o poi i due l'avrebbero pagata. Pagata cara!
Ma la Nina, a questo, non vi badava. Lei era la ragazza più felice del mondo. E quando un giorno di festa il Sandro la prese per mano e l'accompagnò nel fienile, lei chiuse gli occhi e si lasciò condurre dalle sue mani innamorate. Inesperte, certo, ma ardenti e passionali, come solo le mani di un innamorato sanno esserlo.
Non sentì dolore quando lui scivolò in lei. Sentì solo un calore, una tensione, un desiderio e un piacere mai prima d'ora sperimentati. Mentre accoglieva dentro di sé la sua verga, la Nina sentiva che stava accogliendo un nuovo futuro. Da quell'istante, fare l'amore con il Sandro, ogni giorno, giorno dopo giorno, divenne la cosa più bella che le fosse mai capitata. Si amavano, i due ragazzi, e i loro corpi si cercavano in continuazione. In mezzo ai campi, in chiesa durante la messa, fra le bancarelle nei giorni di mercato, nei sogni serali prima di addormentarsi.
Un giorno, mentre erano stesi sotto un filare di vite, stanchi e sudati dall'amplesso appena concluso, glielo chiese. Perché? Perché mai proprio lei? Lui la guardò e, prima di rispondere, le sorrise. Le sorrise di dolcezza. "Ma Ninetta mia, perché tu sei la donna che voglio sposare. Sei la donna che voglio al fianco per tutta la vita. Tu sei la mia quercia, Ninetta. C'hai gambe e braccia robuste, che queste cose contano nella vita. Io non c'ho grilli per la testa, che quelle cose le lascio a chi perde le giornate in osteria. Io c'ho voglia di una famiglia, voglio lavorare sodo e avere tanti figli attorno a me. Che questo deve volere un uomo. E anche una donna forte e robusta che sa stare al suo fianco. Questo voglio, Ninetta mia. E per questo voglio te!". Lei quasi pianse del tanto belle erano quelle parole. Ed erano tutte per lei.
Nel resto del mondo si sparava, si moriva, cadevano le bombe e avanzavano i carri armati. Ma per la Nina era roba lontana. C'erano solo i campi da coltivare, le bestie da accudire, la messa alla domenica, i rintocchi delle campane e la Grigna sempre là, immobile, sullo sfondo del cielo. E c'era lui. Poi, un bel giorno, qualcosa cambiò. La Nina non se n'era accorta subito, ma il ciclo tardava ad arrivare. Tale fu il ritardo che alla fine comprese di essere rimasta incinta. Con apprensione, un pomeriggio in mezzo ai campi, ne parlò con il suo moroso. La Nina aveva paura della sua reazione. Lui la ascoltò serio. Come faceva sempre. E alla fine scoppiò in un urlo di gioia irrefrenabile. La prese fra le braccia, la sollevò e iniziò a ballare una danza scatenata. La Nina era pazza di felicità. Avrebbero avuto un figlio. E tutto sarebbe stato perfetto.
Almeno, questo lei credeva. Che in quei giorni, tutto pareva andare nel senso opposto. La pazzia aveva preso il sopravvento sul buon senso. E tutti caddero in un baratro infernale.
Questo vedevano i suoi occhi in quel giorno di festa. L'inferno che tutti loro avevano dovuto subire. L'inferno che lei aveva dovuto subire. E quasi non si accorse della Claudia, della bella Claudia, che a forza, strattonata, insultata e ricoperta di sputi, veniva condotta in mezzo alla piazza, piatto forte di questa strana sagra paesana.
Quando il Sandro e la Nina avevano annunciato le prossime nozze, lei, la bella Claudia, non l'aveva presa bene. Tutt'altro. E la sua gelosia si trasformò presto in rancore, in un odio smisurato. Lei aveva conoscenze, conoscenze anche altolocate, perfino giù in città, perfino a Milano. Una parola, un cenno, un semplice sospetto, che la macchina si mise in moto. Che non era tempo, quello, di scherzare con certe cose. Fra un paio di autoreggenti di seta, una sigaretta fumata con malizia e una coppa di champagne, per la Claudia non fu difficile far passare il Sandro per un pericoloso elemento, un agguerrito partigiano pronto a imbracciare le armi contro il regime. Lui, che nella sua vita, aveva imbracciato solo zappa e forcone!
Così, solerte, giunse giù in paese una squadraccia di ragazzotti in nero, arroganti e chiassosi, quasi fossero nel bel mezzo di una scampagnata. Presero il Sandro e lo riempirono di pugni e calci, insulti e sputi, finché gli legarono mani e piedi e lo caricarono sull'autocarro pronto a partire verso chissà dove.
La Nina, urlante e piangente, si lanciò a peso morto su quei demoni. Che allegri e festanti per quell'insolito fuori programma, la riempirono pure lei di calci e pugni, insulti e sputi, fra gli sguardi attoniti e inermi dei compaesani, che c'avevano paura pure loro di buscarle di brutto. Ma la Nina ormai non sentiva più nulla. Stesa a terra, colpita e calpestata dai quei grossi stivaloni infangati, non avvertiva più il dolore fisico. Avrebbero potuto continuare per ore, che lei tanto non sentiva più nulla.
Aveva il sapore amaro del sangue nella bocca. Lo sentiva scorrere fra le cosce. Lo vedeva ricoprirle a poco a poco le braccia e il ventre, inzuppandole i vestiti di povera contadina. Ma il dolore no, quello non lo sentiva più. Non lo sentiva più perché non aveva più senso. Nulla aveva più senso. Le avevano portato via l'uomo che amava. Le avevano strappato dal grembo, a furia di calci e pugni, il frutto del loro amore. No, nulla ormai aveva più senso. Stesa lì dov'era, la Nina alzò gli occhi. Vide l'autocarro partire. Vide l'autocarro allontanarsi. Vide il Sandro svanire per sempre. E vide la bella Claudia guardare lo spettacolo dal suo balcone. Trionfante.
Quel giorno la festa regnava allegra tutt'attorno a lei. E la Claudia fu fatta inginocchiare in mezzo alla piazza, circondata da tutti, insultata da tutti. Puttana, puttana. Baldracca fascista. Lei piangeva, tentava di divincolarsi, ma mani forti da contadini la tennero inchiodata lì, in attesa che le forbici facessero il loro dovere. Come un marchio infamante, la sua bella chioma fu rasata completamente, lasciandola calva, nuda, umiliata in mezzo alla piazza.
La Nina guardava. Ma non vedeva. Nei suoi occhi c'erano ancora lacrime, solo lacrime. Nulla avrebbe potuto cancellare quel che poteva essere e non fu, quel che non doveva accadere e invece accadde.
La festa era ovunque. Ovunque tranne che nel suo cuore, nei suoi pensieri, nei suoi ricordi. E il Sandro, il suo Sandro, non sarebbe più stato li con lei!

Ancora oggi, a più di settant'anni di distanza, nei rari momenti in cui ne parla, a Nina le si velano gli occhi di lacrime. Ancora oggi, a più di settant'anni di distanza, mia nonna non ha ancora terminato di piangere!

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