giovedì 5 dicembre 2013

SULLE MIE GINOCCHIA di Allie Walker




Mi aveva fatto chinare, in ginocchio, il culo sollevato. Ero pronta, ma timorosa. Avevo paura di sperimentare una liberazione che sentivo quasi pericolosa.
Chi e che cosa mi avrebbe fatto rilassare e assaporare le emozioni? Come avrei potuto guardarmi e guardare lui una volta che tutto fosse finito? Che intenzioni aveva realmente?
Per il momento, tutto quello che potevo fare era controllare il mio respiro, era l’unica cosa che non mi era stata impedita di fare. Lo sbirciavo di sottecchi, mi guardava serio, nemmeno l’ombra di un sorriso o un ghigno e mi chiedevo: ma il mio corpo quasi completamente nudo è seduzione? O cosa? Come mi vede? Cosa succederà se le diavolerie di cui mi ha parlato, non avranno l’effetto che si aspetta? Riuscirò a piegare il mio corpo completamente alla sua volontà?
Non mi era permesso parlare, ma i pensieri si appoggiavano sulla lingua ed ero sul punto di vomitarli, quando lui si mosse attorno a me.
Presi un lungo respiro, poi un altro e un altro ancora e, mentre il corpo stava abbandonando naturalmente la tensione, fu allora che sentii un altro respiro che si accompagnava a quello dei polmoni che mi si gonfiavano nel petto.
La fica si contraeva, pulsava senza controllo alcuno, sotto il tessuto leggero del perizoma che la ricopriva, proprio come se respirasse.
Sentii le mani di lui sulle natiche, le dita afferrare il sottile filo che si nascondeva tra la carne, tirarlo e poi strapparlo in un solo colpo. Ero completamente esposta, a quel punto, le gambe, coperte dalle sole autoreggenti, allargate come mi aveva ordinato e supponevo che le mie labbra glabre fossero il suo oggetto di perlustrazione. Invece non si mosse, non fece altro.
L’aria fresca della stanza e un alito di vento leggero, che proveniva da una finestra aperta, era come se fosse un sussurro sensuale che si appoggiava lieve sulla pelle. Cominciai a gocciolare. Gli umori colavano sul clitoride, lentamente. E la fica continuava a pulsare, fremere, sussultare, sempre più martellante e un fiotto liquido colò copioso. Mi sentivo viva, esonerata da tutti i sensi di colpa, ossia quelli che mi avevano indottrinato i miei genitori.
Imperturbabile nella mia posizione, godevo appieno, per la prima volta, della mia sessualità, Godevo senza essere toccata, godevo senza ritegno, godevo come la zoccola che non pensavo di essere.
Abbassai ancor di più la testa a guardami fra le gambe, scossa da un ultimo fremito. Sentii la smorfia di un sorriso disegnarmisi sulle labbra, quando lui mi afferrò per i capelli costringendomi ad alzare il capo a guardarlo. Scorsi a malapena il suo ghigno soddisfatto, prima che le sue labbra raggiungessero le mie.

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