mercoledì 18 dicembre 2013

DOPPIA COPPIA ( Cahiers del tempo che fu ) di Andrea Lagrein




La mia vecchia Ford Fiesta nera. Il ciglio di una strada sterrata chiusa. La discarica poco distante. Notte fonda fiocamente illuminata da un lampione danneggiato. Soffuso rumore in lontananza proveniente dall'autostrada. Afosa calura di un luglio particolarmente infuocato. Gretto e squallido paesaggio di periferia urbana.

Venerdì sera. Venerdì come tanti altri. Serata d'incoerenza. Cosa facciamo, cosa non facciamo. Dove andiamo, dove non andiamo. Auto senza meta. Strada senza uscita. Caldo, tanto caldo. Due chiacchiere. Una sigaretta, due sigarette, tre sigarette. Cielo stellato. Le cosce ben in vista di Laura. Il culo ben sagomato di Silvia. Cosa facciamo, dove andiamo. Momento fugace. Abbraccio Laura. Bacio Laura. Afa, tanta afa. Ma l'uccello diventa duro. Mozzicone per terra. La portiera dell'auto che si apre. Serata di follia.

La vita scorreva rapida senza che noi ne potessimo afferrare un senso e un nesso logico.
Il futuro si tingeva di foschi presagi e noi a vivere la nostra incerta precarietà.
Era il nostro tempo, tempo di follia, in cui rivendicare al mondo intero le nostra stessa essenza vitale.
La mia mano scivolò sui suoi fianchi e decisa le afferrò il culo, affondando nel morbido della sua pelle. Laura era stesa sul sedile anteriore della mia auto. Il calore della passione sciolse i pensieri fino a precipitarci nel vuoto delle nostre menti.
Un vuoto in cui perdersi volentieri se aveva il caldo tepore della sua fica. Lei mi accolse con tutta la sua voluttuosità. La mia verga la penetrò al suono dei nostri sommessi ansimi e gemiti. Le sue braccia si strinsero alla mia schiena, i suoi occhi si chiusero, le sue labbra si aprirono in sospiri di puro piacere.
E più la scopavo, più cresceva la nostra lussuria. Di tutti e quattro! Eh sì, perché, oltre a noi due, in macchina c'erano anche Silvia e Donato, una coppia di nostri amici.

Fica. Sperma. Godimento. Lussuria. Vita. Vita. Vita. Nessun futuro. Nessun orizzonte. Nessun progetto. Presente. Attualità. Vivere. Le sue cosce. Il mio uccello. Il nostro orgasmo. Caldo, tanto caldo. La mia vecchia Ford Fiesta nera. Afa. Afa asfissiante. Afa stantia. Puzza di sesso. Puzza di discarica. Gretta e squallida periferia urbana. Noi due. Noi quattro. Noi tutti. E null'altro se non la mia vecchia Ford Fiesta nera.

Mi eccitai ancor di più quando intravvidi il candore della pelle della coscia di Silvia. Erano seduti sul sedile posteriore. Scopavo Laura lentamente, ma con lo sguardo non mi perdevo nemmeno una minima azione dei nostri amici. Donato con foga infilò due dita nella sua fica, strappandole un lieve lamento di goduria. Contemporaneamente lei gli sfilò appena pantaloni e boxer, stringendo la mano sull'uccello già bello e duro. Iniziai a fottere Laura con foga sempre più animalesca. La penetravo con colpi secchi e violenti, mentre lei rispondeva serrando con maggior forza i miei fianchi fra le cosce. Quasi fossero incitati dai nostri ansimi, anche Silvia e Donato si abbandonarono completamente ai loro istinti selvaggi. Lui si spostò velocemente, le divaricò le gambe e le si inginocchiò davanti. Lei fece scivolare le mani sui suoi fianchi, gli afferrò il cazzo e lo attirò a sé.

La discarica. La mia vecchia Ford. Ansimi. Gemiti. Urla. Godimento. Follia. Vita. Gioventù. Afa. Caldo. Sudore. Le sue cosce. Il suo uccello. Il suo culo. La mia eccitazione. Lei. Io. Noi. Sesso. Speranza. Futuro. Un venerdì sera. L'autostrada. Il lampione rotto. Le nostre voglie. Le nostre vite. I nostri godimenti. Odore di discarica. Odore di follia. Odore di orgasmo. Noi. Noi quattro. E la mia vecchia Ford Fiesta nera.

Silvia urlò e iniziò a gemere dal piacere. Anche loro persero il controllo, dimentichi ormai di noi due lì davanti. Ognuno di noi s'era perso nel proprio universo di lussuria. E a me piaceva, Dio quanto mi piaceva, quella situazione. Affondavo nel corpo di Laura e avvertivo la sua fica colma e fradicia di godimento. I suoi gemiti si fecero più convulsi. I suoi occhi si chiusero. Le sue labbra si aprirono. Io spingevo ormai come un ossesso, infilandole l'uccello fino in fondo, quasi la volessi sfondare tutta quanta. Selvaggio e brutale, cattivo e violento. Sentivo i gemiti di Silvia. Una furia cieca s'impadronì di me. Sentivo l'odore pungente dei loro sessi. Sentivo il puzzo di figa bagnata. Sentivo il tanfo di corpi sudati avvolti dall'afa. E tutto questo mi eccitava, cazzo se mi eccitava! Poi d'improvviso, Silvia allungò una gamba. Così facendo il suo piede si appoggiò sul sedile dove eravamo sdraiati noi. Non so se se ne accorse, ma nella frenesia del momento nessuno vi badò. Lentamente il suo piede scivolò dal poggiatesta fin sulla spalla di Laura, usandola come punto d'appoggio per prendere meglio la verga di Donato. Laura non parve nemmeno accorgersene, tanto intenta era nel cercare il proprio godimento. Ma me ne accorsi io. Le mie labbra stavano baciando, succhiando, mordendo le sue guance finché lasciai scivolare il viso sulla sua spalla. E lì mi ritrovai il piede di Silvia. Le dita sfioravano quasi la mia bocca. Non ci pensai su molto. La mia eccitazione era al limite. Socchiusi le labbra e iniziai a baciarle il piede mentre continuavo a fottere Laura. Non so se Silvia se ne accorse, ma se anche fosse non lo diede a vedere. Anzi! La mia sensazione era che le piacesse. Il mio istinto mi diceva che la faceva impazzire essere scopata dal proprio ragazzo mentre un altro le leccava i piedi. E la conferma la ebbi quando sollevò leggermente la gamba lasciando solo il tallone conficcato nella spalla di Laura e con gesto repentino infilò le dita nella mia bocca. Cazzo, ero fuori di me per l'eccitazione! Posai una mano sulla testa di Laura per poterla fottere con più forza. Con l'altra invece afferrai la caviglia di Silvia e iniziai a leccarle voracemente il piede. L'uccello mi stava per esplodere. E infatti, di lì a poco, esplosi in un rauco grido. Anche Laura venne e alla fine, esausti, ci accasciammo l'uno sull'altra.

Follia. Immoralità. Volgarità. Bestialità. Sul ciglio di una strada. In una piccola, vecchia Ford Fiesta nera. Periferia urbana. Voglia di emergere. Voglia di scappare. Voglia di scopare. Caldo, fa tanto caldo. Nessun futuro. Nessun passato. Solo presente. Vivere. Vivere fino in fondo. Vivere fino alle oscure radici della follia. Fica. Cazzo. Sperma. Vita. Vita. Vita. E voi tutti andate a farvi fottere!

Nella mia piccola auto quattro ragazzi diedero sfogo al loro puro istinto vitale.
Ma in quell'abitacolo vi era solo la fragilità di chi, come noi, ci sentivamo persi in un futuro sempre più precario.
Un futuro oscuro che tentavamo di illuminare con i nostri sogni, le nostre follie. Follia di chi, ventenne, credeva ancora di vivere inebriandosi di progetti e sensazioni con cui contrastare la società dei nostri padri, società da abbattere e ricostruire con i colori del nostro tempo. Eravamo noi i folli, che scopavamo in quattro su una piccola utilitaria, o forse folli erano chi si massacrava per un diverso credo religioso, per un lembo di terra, per una razza ritenuta sbagliata, per del vile denaro o per biechi interessi di bottega? Forse eravamo proprio noi i folli, che sognavano di cambiare il mondo. Sicuramente eravamo noi i folli che, incuranti della morale comune, godevamo dei nostri corpi sul ciglio di una strada fiocamente illuminata, in una notte estiva, cercando di allontanare l'obbrobrio di chi, per il bene comune, continuava a stuprare le nostre anime e i nostri sogni!

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