mercoledì 20 novembre 2013

RED PASSION (cahiers del tempo che fu) di Andrea Lagrein




Eravamo migliaia di persone, accomunati da un unico grido. Abbasso la guerra, viva la pace! Una sorta di comunione laica. Emozionante. Era tutto uno sventolio di bandiere rosse, striscioni, slogan, canzoni e birre che passavano di mano in mano.
Rivendicavamo il nostro futuro, allegri, pacifici, scortati e scrutati da poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Voglia di farsi sentire, di dire noi ci siamo, siamo qui, e non siamo d'accordo!
Camminavo in mezzo a visi noti e a volti sconosciuti. Parlavo con conoscenti ed estranei. Indossavo il mio giubbotto di jeans, con la foto di Jim Morrison stampata sulla schiena ed il ritratto del Che sulla spalla.
Avevo diciotto anni, bevevo birra, ridevo e scherzavo, era una bella mattinata di sole tiepido e urlavo tutta la mia rabbia contro il sistema. Mi sentivo bene, mi sentivo euforico, mi sentivo vivo.
Poi mi ritrovai casualmente lei al mio fianco. Marika. E mi sentii ancor meglio!

Vorace. Animalesca. Vogliosa. La mia lingua, con fare lussurioso, non dava pace ai suoi turgidi capezzoli. E le mie dita affondavano in modo libidinoso nelle sue grosse tette. La mia eccitazione non aveva freni e il suo piacere era esplosivo. Baciavo, mordevo, succhiavo senza tregua, mentre le mie mani scivolavano fra le sue gambe, fra i suoi ansimi e gemiti di godimento.

Marika! Marika la compagna, Marika la rossa, Marika la passionaria. Tutto quel che volete. Per me era Marika dalle grosse tette. Ci conoscemmo in manifestazione, nell'ultima parte di corteo. Lei faceva il primo anno di università. Io la trovavo bellissima. Faceva parte di non so più bene quale comitato direttivo di non so quale associazione di sinistra. Io mi perdevo nei suoi occhi verdi. Lei odiava i fascisti e i porci colonialisti americani. Io ero follemente irretito dal suo culo. Lei era per la classe operaia e il proletariato, succubi del capitalismo imperante. Io ero decisamente schierato dalla parte delle sue tette. Lei si immaginava schierata fra gli intellettuali di sinistra nella lotta di classe. Io mi vedevo scivolare fra le sue cosce palpitanti.
E quando mi propose di andare a casa sua non ci pensai due volte ad accettare. Sesso e politica, ottimo connubio!

La sua eccitazione era vorace tanto quanto la mia. Quasi con rabbia mi afferrò i calzoni. Mi tolse jeans e slip, e afferrò con decisione il mio uccello. Mi fece sedere a cavalcioni su di lei e quindi portò il mio cazzo fra le sue tette, iniziando poi un vorticoso massaggio. Quel che noi giovani maschietti in calore, agognandola ardentemente, chiamavamo volgarmente spagnola!

Mi parlò della sua famiglia, o di ciò che ne restava. E per me fu il primo contatto reale, fisico, con una realtà differente dalla mia. Il padre se n'era andato quando lei non aveva ancora nove anni. Fuggito con una ragazza di dieci anni più giovane. Faceva l'impiegato in un qualche ufficio pubblico, lei l'operaia in una fabbrica. Si erano conosciuti in un bar. Prima sporadiche frequentazioni, poi sempre più assidue e frequenti, finché finirono a letto.
Storie di tradimenti come molte. Storie di separazioni e divorzi. Per sua madre fu un trauma. Non si riebbe più del tutto. Cassiera in un supermercato, per lei iniziarono le tante difficoltà, economiche e psicologiche.
Per Marika fu un trauma altrettanto grande. Non ebbe più fiducia negli uomini ed appena giunta alla soglia dell'adolescenza, iniziò a concedersi a chiunque senza ritegno. Quasi che, scopandosi il mondo intero, cercasse quel padre fuggito inaspettatamente molti anni prima.

Il mio uccello scoppiava dal tanto desiderio. Lei aprì le gambe, io feci appena in tempo a sdraiarmi su di lei che mi afferrò il cazzo con selvaggia brutalità e se lo infilò tutto dentro. Gridai, del tanto quasi mi fece male. Ma gridai anche per l'eccitazione del gesto.
Voglio essere la tua puttana, fottimi, fottimi, fottimi, urlava con il volto trasfigurato dalla libidine. Iniziai a darci dentro come un forsennato. Sono la tua troia? Dimmelo! Si',si', si' che sei la mia troia. E più la insultavo, più Marika godeva.
Mi affondò le unghie nella schiena. Intrecciò le gambe sui miei fianchi e mi strinse così forte che sembrò quasi volesse farmi entrare tutto quanto in lei. Sì, sono una vacca, montami, montami, montami tutta.
Vienimi in faccia, dai, riempimi tutta. A questa sua ultima richiesta non riuscii più a controllarmi. Mi sollevai velocemente, mi sedetti sopra le sue tette e iniziai a masturbarmi con foga. Dopo pochi istanti scoppiai. Affondo' le dita nei miei glutei e, aprendo le labbra, iniziò a bere avidamente.

Il telefono squillò libero per non so quante volte. Nessuna risposta. Nessuna spiegazione. Semplicemente sparì! Di Marika la rossa, Marika la passionaria persi completamente le tracce.
Allora capii che anch'io ero stato uno dei tanti nei cui occhi aveva ricercato il padre. Senza trovarlo!
Due anni dopo, casualmente, venni a sapere che si era trasferita in sud America. In cerca dell'unico vero uomo che avesse mai amato. Suo padre!
Io, da parte mia, mi porterò sempre dietro il ricordo di quella manifestazione. Ed anche il ricordo della sua immensa passionalità.
Ovunque tu sia in questo momento, Marika, ti abbraccio forte forte!

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