mercoledì 11 giugno 2014

GABRIELLA GAROFANO E CANNELLA (storie di parole e anime oscure)


Lei serviva dietro il bancone nel bar di Erjon, fottuto albanese punto di riferimento per gli svariati malviventi della zona. Giù al commissariato di polizia lo conoscevano bene, ma non potevano farci gran che. Quel figlio di puttana risultava sempre pulito duranti i vari e periodici controlli che gli sbirri facevano. Ma noi del quartiere sapevamo bene chi fosse!
Lei era la sua donna, sua moglie. Glorja! E noi tutti si andava da Erjon a ubriacarci unicamente perché c'era lei.
Erano i giorni in cui si sparava di brutto. La cronaca nera locale era una continua litania. Gli albanesi si erano messi in testa di prendere il posto dei rumeni come manovalanza per i calabresi. Droga e puttane, quattrini a palate! Non c'era giorno che non ci fosse un morto o un ferito, e noi della zona si cominciava ad aver paura. Dal mio sudicio bilocale in un fatiscente stabile a ringhiera in fondo a viale Ripamonti, ogni sera udivo l'ululato delle sirene della polizia, che immancabilmente giungevano sul posto solo per constatare l'accaduto.
Sbronzarsi era l'unico modo per sopravvivere in quell'inferno. E poi c'era lei, Glorja, cascata di riccioli castani e pelle perennemente abbronzata. Il suo sorriso mi faceva letteralmente morire. Il suo corpo mi portava direttamente al delirio. Un giorno, mentre ero più sbronzo del solito, ruppi gli indugi. Erjon non c'era. Il campo era libero. "Abito poco distante da qui e sarei disposto a rischiare di farmi ammazzare pur di poter passare un'ora fra le tue braccia!". 
Lei sorrise e mi guardò con occhi maliziosi. "Ti ammazzeranno di certo, se Erjon lo viene a scoprire!". Sbuffai con un gesto di noncuranza. L'alcol aveva abbattuto ogni mia remora.
La sua storia era simile a tante altre di miseria e povertà. Me la raccontò quando ancora le lenzuola del mio letto erano madide degli umori del nostro amplesso. Veniva da un paesino dell'entroterra albanese. Povera e vestita di stracci, aveva deciso insieme allo zio di immigrare da noi in cerca di fortuna, armata unicamente della sua straordinaria bellezza. Lo zio era morto durante la traversata in mare, fra le bestemmie degli scafisti che lo gettarono in acqua. 
Lei così si ritrovò sola in un paese straniero. Fosse stato per i suoi connazionali con cui venne in contatto sarebbe diventata una puttana da marciapiede. Invece incontrò Erjon e fu subito amore!
Lui non era come tutti gli altri. Lui aveva dei progetti. Voleva trasferirsi al nord, a Milano, e aprire un bar. E lei sarebbe stata al suo fianco. Si sposarono. Quei primi tempi, seppur duri e faticosi, furono felici e bellissimi. Lei cantava continuamente, ballava scalza e aveva il sole negli occhi. E lui l'amava teneramente.
Poi le cose cambiarono drasticamente. Erjon cambiò drasticamente. Lei divenne come un bel dipinto da mettere in mostra, il simbolo del suo successo. Abiti costosi, scarpe all'ultima moda, gioielli luccicanti. Peccato solo che non avesse gusto, quell'uomo! Glorja si vergognava andare in giro agghindata a quel modo. Lei era una ragazza semplice, fresca e spontanea. In questo risiedeva tutta la sua bellezza. Nel voler camminare a piedi scalzi, ballare e cantare in strada con i ragazzini del quartiere, farsi una ghirlanda di fiori da mettere nei capelli. Ma per Erjon era inaccettabile.
Lui ormai aveva raggiunto una posizione nella comunità. Frequentava assassini, papponi e spacciatori durante la settimana, dando loro birra e ospitalità. Alla domenica gli piaceva farsi vedere a messa con la sua splendida moglie al braccio, stringendo mani e scambiando saluti con la gente del quartiere. E alla notte si prendeva il suo piacere con violenza e ferocia, perché lui era l'uomo e l'uomo così doveva fare. Alle volte poi si prendeva qualche svago anche con le troie gestiti dai suoi amici. Non che Glorja non lo sapesse. Ma a lui non importava gran che. Lui era l'uomo. Lui comandava. 
E questa era la sua banale storia. Come tante, del resto!
Ora che si trovava qui fra le mie braccia, mi resi conto di quanto in realtà soffrisse. Glorja era un anima libera, quasi selvaggia. Non voleva padroni ne appartenere totalmente a nessuno, se non a se stessa. Glorja era figlia della sua terra, dove le uniche barriere erano gli spazzi infiniti del cielo. La vita a cui ormai la costringeva Erjon la faceva sentire in prigione. Una prigione dorata, ma pur sempre una prigione.
Fu per questo che si concesse con tanta generosità. Scopandomi, ritrovò se stessa. Ritrovò la sua libertà! 
E io mi smarrii nel profumo del suo corpo. Sprofondai con il viso fra le sue cosce, avvolto dall'aroma dolce e fragrante della sua fica. Il sapore del sudore che imperlava il suo corpo inebriò i miei sensi. L'afrore delle sue infuocate voglie blandirono la mia lussuria. Il tenero aroma delle sue labbra riscaldò la mia virilità. 
Scopammo per ore, mai sazi e soddisfatti. I suoi gemiti e i suoi ansimi erano musica per le mie orecchie. Il suo corpo frenetico e indiavolato era uno spettacolo per i miei occhi. Sì! Scopammo per ore, dimenticandoci finalmente gli spari e gli agguati che ci circondavano.
Steso ancora nel letto, rimasi immobile a fissarla mentre si alzava per rivestirsi. E' un'immagine che conserverò sempre nel mio cuore. Indossando solo una corta sottoveste candida come la sua anima, seduta sul bordo del materasso, si chinò appena accarezzandosi una caviglia. I ricci le scivolarono in avanti. E un tenero sorriso le si dipinse sul viso. Le sorrisi anch'io di rimando. Ora Erjon avrebbe potuto anche farmi ammazzare. Sarei morto con quel medesimo sorriso sulle labbra.
Decisi d'impulso che lei dovesse avere qualcosa di mio. Impresa ardua trovare qualcosa d'interessante in quel buco d'appartamento. Ma infine la trovai. Sul comodino c'era il libro che stavo leggendo in quei giorni. Jorge Amado, "Gabriella garofano e cannella". Glielo donai. Lei se lo strinse al cuore, come fosse l'oggetto più prezioso che avesse mai avuto. Si chinò e mi baciò con delicatezza, avvolgendomi con il suo profumo di libertà.
Questa era Glorja. Questa era la bellezza!

Nessun commento:

Posta un commento