sabato 7 giugno 2014

L'ALTRA META' DEL CIELO di Andrea Lagrein




Paul tremò di rabbia. Voleva urlare, vomitare tutta la sua disperazione. Ma non si accorse che lo stava già facendo. Era fuori di sé, gridava come un ossesso, livido in volto. Arthur, che gli stava di fronte, ne ebbe paura. Anche perché Paul impugnava una rivoltella. E cosa ben peggiore, era sbronzo marcio.
- Calmati, Paul, calmati - continuava a ripetergli Arthur. Ma lui non lo stava quasi nemmeno a sentire, tanto era perso nel suo ebro delirio. No, Paul non udiva. Paul si sentiva tradito, per l'ennesima volta. Aveva davanti agli occhi l'amico e riviveva tutta la loro storia. Una storia unica, dove lui, Paul, aveva sacrificato tutto se stesso, tutta la sua vita, per quel dannato dandy figlio di puttana, menefreghista, approfittatore. Ma ora era giunta l'ora della vendetta, l'ora in cui lui, Paul, si sarebbe preso la sua rivincita.
Arthur era lì davanti a lui, bello, bellissimo come al solito. Alto, atletico, dal viso perfetto di angelo in esilio, capelli castani perennemente in disordine e gli occhi di un inquietante azzurro pallido. Tale e quale lo vide per la prima volta quel giorno di metà settembre quando Arthur, dalle Ardenne, lo raggiunse a Parigi, su espresso invito dello stesso Paul. E nulla fu più come prima!
- Ti ho dato tutto, Arthur, più di quello che avessi. Ho sacrificato la mia vita, i miei affetti, pur di stare al tuo fianco. Ti ho dato tutto me stesso, maledetto bastardo! 
Paul urlava stravolto dalla disperazione e dall'alcol, dal tradimento e dalla sofferenza. Urlava e piangeva. Piangeva lacrime amare, poiché non poteva concepire la propria vita senza Arthur.
Eppure lui era lì davanti a lui, in quel dannato appartamento di Bruxelles, ultimo rifugio delle loro tormentate peregrinazioni. Erano passati solo due anni da quella prima volta, ma a Paul pareva una vita intera. Arthur se ne voleva andare e questo, per lui, era inaccettabile. Come poteva fare una cosa del genere? 
- Ma non ti ricordi, Arthur, non ti ricordi i giorni febbrili di Londra? Non ricordi la potenza creativa che ci avvolse entrambi? Tu con le tue "Illuminations", io con le mie "Romances sans paroles". Non eravamo solo due corpi fusi insieme, ma due menti che cantavano e componevano all'unisono. Ma come puoi essertene già dimenticato?
Arthur invece se ne ricordava bene di quei giorni in Howland Street. Come si ricordava bene di quando ricevette la lettera di Paul in risposta alla sua nella quale, intraprendente diciassettenne, aveva allegato alcuni suoi componimenti. Paul era il vate e lui ne voleva seguire le orme. "Venite, cara anima grande, vi si chiama, vi si aspetta", fu la risposta. Che gioia, che tripudio! Arthur non perse tempo e prese il treno per Parigi, destinazione Montmartre, rue Nicolet, dove abitava Paul con la moglie Mathilde, in attesa del loro primo figlio.
Anche Paul si ricordava bene di quel primo incontro. 
- Ti ho aperto le porte di casa mia. Ti ho anteposto alla mia famiglia. Ho perso mia moglie per te. E tu ora cosa fai? Mi abbandoni? Mi abbandoni? 
La mano gli tremava convulsamente. La pistola oscillava pericolosamente fra le sue dita. Era puntata dritta al petto di Arthur. Quel petto che tanto lo aveva esaltato e eccitato.
Non era solo una questione fisica. Almeno non per Paul. Che se fosse stata solo quella, sarebbe bastata qualche bettola clandestina! Certo, amava sentirsi accarezzare da Arthur. Amava vederlo eccitato e farlo godere. Amava sentire il suo seme scivolargli lungo la lingua. Amava penetrare quel giovane corpo ed esserne a sua volta penetrato. Certo, godeva di quella fisicità, ma non solo di quella. L'unione carnale era l'aspetto esteriore di quella comunione spirituale e intellettuale che lo legava ad Arthur. Mai prima d'ora aveva provato una simile esperienza e per quella aveva sacrificato tutto.
Arthur lo fissava terrorizzato. "Adesso spara! Adesso spara!" Paul non voleva sentire ragioni. Era fuori di sé. Aveva letteralmente perso il controllo. Ma come poteva spiegarglielo, ora, quel che lui sentiva? Quel che provava? Quello di cui aveva bisogno? Per lui quella relazione era giunta al termine, ultimo fatale capolinea. Aveva bisogno di altro. Aveva vent'anni e una vita ancora tutta davanti fatta per essere esplorata. Lui si sentiva un battello ebbro, lanciato su fiumi ignoti e incontaminati senza guida ne equipaggio. Lui anelava all'immensità e non a una piccola relazione in uno squallido appartamentino di una piccola cittadina di periferia come era Bruxelles.
Per Paul invece era differente. Per Paul, in quella stanza, c'era tutto il suo universo. C'era Arthur, c'era tutto! Aveva provato a rompere con lui, certo. Aveva tentato, quando la moglie era scappata con il figlioletto, travolta dallo scandalo di quella relazione fatta di lussuria e perversione. Paul ci aveva provato. E ci riuscì anche, per un breve periodo. Ma quando Arthur ricomparve, lui non seppe resistergli. E fuggirono insieme in Belgio, e poi a Londra. Paul perse tutto per amore di Arthur. Moglie, figlio, reputazione. Ma non gli importò nulla. C'era Arthur, c'era tutto!
- E adesso tu mi dici che te ne vuoi andare? Che sei stanco di noi due? Dopo tutto quel che ho sacrificato per te, questo mi vieni a dire? 
Nonostante avesse bevuto in modo smodato, nonostante fosse ubriaco oltre ogni limite, Paul afferrava bene la situazione. Il suo universo, semplicemente, si stava frantumando. E questo non riusciva ad accettarlo.
Chiuse gli occhi e sparò. Due colpi. Sentì Arthur urlare. Lo vide tenersi il braccio. Paul era un poeta, non certamente un cecchino. Aveva ferito Arthur al polso, nulla di che, nulla di grave. Eppure il loro destino si era irrimediabilmente compiuto!
L'indomani i gendarmi vennero a prelevare Paul per condurlo nelle carceri di Petites-Carmens. Lui sollevò gli occhi al cielo, fermandosi a rimirare le nubi che correvano veloci. 
- Monsieur Verlaine, monsieur Verlaine - lo spronò il poliziotto che lo teneva per un braccio. Paul sorrise a quell'uomo. In lontananza stava rischiarando. 
- Monsieur Rimbaud come sta? - chiese al gendarme. Quest'ultimo fece spallucce, non conoscendo le condizioni della vittima. E poi a lui cosa interessava dei battibecchi di questi due finocchi? Con malagrazia spinse il reo verso il carretto dei detenuti. Che si fottano, pensò in ultimo il gendarme.
Paul Verlaine guardò per un ultima volta il cielo. E nuovamente sorrise mestamente. La dove stava schiarendo, scherzi della vista, gli parve proprio di vedere il viso angelico del suo Arthur Rimbaud. La sua altra metà del cielo!

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