lunedì 14 luglio 2014

RIDE ANCORA LA RAGAZZA DELL'ASTUTISSIMO QUASIMODO di Giuseppe Russo


A distanza di dodici anni rieccolo Salvatore Quasimodo con i suoi versi che tanto amammo in anni giovanili, con la sua traduzione dei lirici greci che ci dava la misura dell’ineguagliabile lascito alla postmodernità della poesia ermetica. Nessuno dei giornalisti ,che ieri informava l’italica gente sulle tracce dei temi, ha saputo leggere gli ultimi versi della poesia del siciliano di Modica : ride la gazza, nera sugli aranci.
La virgola , mi ha insegnato alle elementari il mio maestro , richiede una piccola pausa . Purtroppo l’ignoranza regna sovrana , la virgola è stata ignorata e non c’è da stare allegri. Allegria dei naufraghi di ungarettiana memoria.
In “ Ride la gazza” ritorna uno dei motivi dominanti della poesia di Quasimodo : la trasfigurazione della Sicilia recuperata dalla danza della memoria , il paradiso dorato dell’infanzia che ritorna con il suo fascino carico di significati. Una Sicilia che nei versi del poeta siciliano diventa realtà e mito nello stesso tempo. Vale la pena dare un’occhiata agli endecasillabi sciolti dei versi pubblicati nel 1938 nella raccolta “ Nuove poesie”.
“Forse è un segno vero della vita: / intorno a me fanciulli con leggeri / moti del capo danzano in un gioco / di cadenze e di voci lungo il prato / della chiesa. Pietà della sera , ombre / riaccese sopra l’erba così verde,/ bellissime nel fuoco della luna .”
Il poeta rivive con tanta intensità il gioioso passato da sembrargli un evento vero. Rivede i compagni di un giorno tornare vivi nella memoria, bellissimi nella luce rossastra della luna piena.
“ Memoria vi concede breve sonno, /ora , destatevi. Ecco, scroscia il pozzo / per la prima marea. Questa è l’ora:/ non più mia, arsi , remoti simulacri. / E tu vento del sud forte di zagare , / spingi la luna dove nudi dormono / fanciulli , forza il puledro sui campi / umidi d’orme di cavallo , apri / il mare, alza le nuvole dagli alberi : / già l’airone s’avanza verso l’acqua / e fiuta lento il fango tra le spine , / ride la gazza , nera sugli aranci. “
I ricordi non possono svanire , dormire : il poeta chiede che essi diventino viva presenza per poterli rivivere nella loro interezza. C’è nel poeta quasi un’illusione che i rumori di un tempo siano diventati contemporanei ma anche la cosciente certezza che le ore e i giorni del passato non possono essere pienamente posseduti. I compagni e i luoghi rievocati con tanta intensità, da sembrare carne viva ,sono solo simulacri del vero bruciati inesorabilmente dal tempo che passa.
E’ incessante , anche nei versi finali l’interrogazione del paesaggio, della terra madre attraverso una immersione continua nelle sue sfumature , nei suoi colori, nella vita dei campi , nei segreti della natura, nel vento del sud: tutto è radicato in un passato arcaico , quasi indecifrabile.
La poesia di Quasimodo, che approdò al Nobel nel 1959 anche per l’aperta sua eloquenza civile, è il frutto di un insistente io lirico che sente respirare e dolorare in sé il mondo, in una struggente solitudine sul cuor della terra ,che tanto ci accomuna.
Ed è bello ancora oggi , seduti sul balcone di casa,trafitti da un raggio di sole al tramonto, ascoltare i versi della gazza , nera sul tetto del mio dirimpettaio, che si trasfigurano in un sorriso prolungato mentre ,incosciente e felice , inizia a fare mille voli per il libero cielo, che fa un tutt’uno con il mitico mare di Ulisse, dal respiro profondo.

Nessun commento:

Posta un commento