venerdì 4 luglio 2014

CONGELATI CONGEDI di Alice Stregatta





Le tue affermazioni taglienti mi sfilettano come fossi un branzino appena pescato. Ancora vivo e guizzante, orribilmente consapevole che la sua ora è giunta.
Osservazioni sagaci lasciate cadere come sferzanti frustate. Brucianti.
Ti piace infierire vedendomi inerme, supplicante, anelante.
Sai che mi basterebbe una parola per farmi sorridere. Ma no.
Brandisci la mannaia davanti al cucciolo che divento quando sono al tuo cospetto.
Fiotti di sangue ad ogni colpo.
Parole studiate da consumato sadico quale sei.
Rivoli rossi, la mia mano a tappare buchi e ferite. Squarci purulenti in cui godi ad affondare il coltello.
Li cospargi col sale dell'indifferenza davanti al mio sgomento. Urlo in silenzio. Non mi ascolti.
Non mi senti.
Non capisco.
Continuo a non capire.
Godi nel vedermi persa.
Vittima sacrificale davanti al Dio Ego.
Mi congedi congelandomi.
Dall'alto del piedistallo sul quale IO ti ho posto.
Stupida pagana.
Basterebbe ritrovare il mio amor proprio, nascostosi dalla vergogna di avermi vista umiliata e strisciante, in cerca di te.
Tornerà a cercarmi.
Mi troverà, si re-impossesserà di me e ti scaraventerà giù dal dirupo.
La tua carcassa si frantumerà sulle rocce, spargendo pezzi di te. In offerta alla Madre Terra, della quale hai calpestato il dono più grande: l'Amore. Prendendolo a calci. Schernendolo. Denigrandolo. Deridendolo. Rifiutandolo.
Diventerai cibo per avvoltoi.
Io ti guarderò, mio Dio, bello come il sole, freddo come ghiaccio, vuoto come calco di gesso.
Finalmente morto.
Finalmente mio.

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