mercoledì 3 settembre 2014

MI MANCA LA TUA VOCE di Sereno Notturno




Tutto passa con gran velocità. Alla fine rimane solo un vuoto pesante, 
una vita intensa, affievolita e fatta di sguardi, parole, gesti, risate e malinconie. Castello crollato in un solo giorno; energica e vitale, da non voler far pesare niente a nessuno seppure appesantita dalla malattia. Ligia al compito che ti eri imposta di seguire lui, quel bambino di dieci anni a cui avresti donato te stessa. Questo l'hai fatto fino all'ultimo, lui ti ricambiava sempre con un sorriso o con un ti voglio bene, a te bastava. Meritavi tanto di più.
Questi anni ti ho vissuta come mai avevo fatto, nemmeno immaginavi io potessi tanto, sono stato li tenendoti vicina fino a quando ho potuto. Ti vergognavi le volte che ti cambiavo e pulivo, nei momenti di lucidità dicevi che una madre non deve essere pulita dal figlio che ha sempre tenuto pulito. Mi sono ritrovato infermiere in mezzo a quelle scatole con nomi strani, erano tre quattro pillole ogni pasto. Le ingoiavi a fatica, sapevi che a nulla servivano, te le davo io e questo ti bastava.
Quel tipo di malattia provoca una forte depressione giorno dopo giorno, proprio, perché non riesci a tenere in corpo nessun liquido o solido, quindi anche quel minimo che bevevi, non arrivava al cervello, carenza ovviamente di ferro e quindi anemia continua. Loro sapevano, quando entravi li dentro e cercavano di darti dosi massicce di sangue, ti sentivi in gabbia e ti strappavi ogni tubo o siringa ti mettessero tra la poca carne rimasta. Guardavi quasi a chiedere... come potevi tenere un ago tra le ossa, erano obbligati a legarti i polsi per il tuo bene e con il nostro assenso dato con difficoltà.
Capivi di essere come una bottiglia di plastica quando viene strizzata... vuota dentro.
Il colore della pelle era in netto contrasto con i lividi che dovunque ti procuravano le siringhe, per il resto ci pensavi tu a sbattere contro le sponde del letto, provando a scavalcare per fuggire. Dove volevi andare era un segreto tra noi due, ora lo posso dire, volevi scappare dai carabinieri che erano nell'armadietto all'ingresso, per farti contenta fingevo di chiuderlo e ti facevo scendere dal letto per darti coraggio. Mi mancano i tuoi occhi chiari e le tue frasi. Ricordo le parole davanti alla tavola appena finito di apparecchiare, già eri li e mi chiedevi cosa avevo preparato, “Sembra essere al ristorante” dicevi, io mi sentivo il tuo cuoco.
Mi mancano le volte che chiamavi la notte per sentire se ero in casa, ricordo mi dicevi di uscire per svagarmi dal trambusto che stavo vivendo, ricordo tutto... Non dimentico neppure quando mi hanno chiamato per avvisarmi, non lo dimenticherò mai.

Franco

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