domenica 21 settembre 2014

RUE LEPIC di Andrea Lagrein




Asianne amava indossare autoreggenti. Asianne adorava la biancheria intima di pizzo. Ad Asianne piaceva far l'amore. Asianne era parigina in tutto e per tutto. Asianne sapeva di essere bella e sensuale. Asianne, lei, gli uomini, li usava per il suo piacere. Asianne non credeva più nell'amore, o almeno così diceva. Asianne amava la sua libertà. Asianne era una mia collega. Asianne mi ospitò una settimana a casa sua. Asianne abitava all'82 di rue Lepic.
Di giorno vagavo ozioso e famelico fra le scenografie e le emozioni che quella strada sapeva costantemente fornirmi. Il passato si intrecciava con il presente, e il presente mi riportava al passato. La strada selciata saliva tortuosa e la mente correva ai giorni andati, fra ricordi gloriosi e misere malinconie di ciò che fu e che ora non era più. Mentre camminavo senza meta non mi sembrava nemmeno di trovarmi a Parigi, tanto ancora quei luoghi conservavano i profumi da piccolo villaggio. Non fosse stato per le orde di turisti, avrei potuto credere di trovarmi in uno sperduto borgo collinare in una qualche remota zona della Francia.
Di notte invece ero preda dei desideri infuocati di Asianne. A lei non importava granché chi ero, cosa facevo, con chi stavo. Per lei, vi era solo Asianne, con le sue autoreggenti, la sua conversazione, le sue voglie. Nessun compromesso, nessuna condivisione. Lei sapeva ciò che era, ciò che poteva donare. In cambio richiedeva l'unicità, essere l'assoluta e sola protagonista del proprio uomo. Fosse anche occasionale! E con abilità sapeva trascinarti negli inferi della più completa e totale lussuria. Asianne scopava con ardore. E io non chiedevo di meglio.
La sua città in fondo era come lei. Sapeva come stregare il cuore e l'anima di un viandante. Con me non fu difficile. Parigi mi scopò fin dalla prima volta che la vidi. E di lei non seppi più farne a meno. Sicché attendevo trepidante il mattino per uscir di casa e immergermi nel suo abbraccio da amante voluttuosa. L'82 di rue Lepic era uno stabile anonimo. Facciata di mattoni. Quattro piani con quattro finestre per ciascun livello. Asianne abitava all'ultimo, classico sottotetto parigino, tre locali con cucina a vista e un cesso di dimensioni ridicole. Era semplicemente perfetto.
Ma bastava fare appena pochi passi e al 98 ecco la casa dove abitò Celine. Proprio lì scrisse il suo capolavoro. E ancora io ne respiravo l'aura. Oppure ridiscendere fino al 54, alzare lo sguardo fino al terzo piano e osservare l'appartamento di Van Gogh. Pochi passi e dall'altra parte della strada ecco stagliarsi l'inconfondibile sagoma rossa del Moulin de la Galette. La mia anima di romantico sognatore era totalmente ebbra di queste atmosfere.
Come ebbro ne ero del suo corpo. Del corpo di Asianne. Caldo, pieno, sensuale. La sua pelle vellutata donava brividi al mio tocco famelico. Il suo profumo colmava i miei sensi. Odore di donna, afrore di sesso mai sazio. Amavo sprofondare fra i suoi seni. Anelavo immergermi, assetato viandante, nella fragranza dei suoi umori. La sua fica palpitante mi avvolgeva, mi cingeva, mi stritolava fra voglie inappagate, avviluppanti desideri di chi cercava e regalava le fiamme della pura passionalità. Asianne aveva il sapore di donna, aroma inconfondibile di femminilità e sensualità. E si lasciava gustare centimetro dopo centimetro, fra ansimi e gemiti di pura lussuria.
Rivestito ancora del suo odore, non appena al mattino lei usciva per andare al lavoro, mi precipitavo in strada per vivere la magia della sua città. Rue Lepic correva sinuosa fino alla sommità di Montmartre, con il suo carico di ricordi e tradizioni dal sapore antico. La conoscevo bene, questa strada. L'avevo percorsa un'infinità di volte con colei che poi sarebbe divenuta mia moglie. I primi tempi da giovani innamorati sognatori, poi da marito e moglie in preda alle ansie di tutti i giorni, infine da coppia di disillusi in cammino verso l'addio. Ma ancora, quella via, era in grado di riportarmela alla mente, vivida come fosse ancora al mio fianco. I suoi seni generosi, il suo sorriso radioso, i suoi fianchi voluttuosi, i suoi capelli color dell'oro, le sue gambe morbide e vellutate, i suoi occhi di cielo infinito. Dio mio, quanto avevo amato quella donna. E quanto quella strada me la stava facendo ricordare!
Ma tutto svaniva quando, a sera, Asianne tornava a casa. Il sole tramontava dietro i grigi tetti di lamiera e con esso ogni cosa cadeva nell'oblio. C'era solo la stretta attualità, fatta di vestiti gettati a terra in modo veloce e confuso, un paio di autoreggenti, mani trepidanti e le sue labbra dolci e desiderose di baci infuocati. Asianne era lo specchio della sua città. Bastava uno sguardo per farmi dimenticare tutto. Asianne era Parigi e, come Parigi, stare nel suo abbraccio era l'apoteosi della sensualità. E la mia mente ne veniva costantemente fustigata.
Rue Lepic ne era l'apice di quelle intense emozioni. Era l'arteria pulsante per gli slanci della mia anima. Mi bastava percorrerla per immergermi in una realtà fuori dal tempo. Le stradine che si diramavano da essa erano un continuo teatro di nuove sensazioni. Rue Ravignan e il Bateau-Lavoir! Mi sembrava ancora di sentire la voce di Apollinaire e vedere Picasso con le sue demoiselles. Rue des Saules e il Lapin Agile! Mi ubriacavo al solo ricordo di Modì, di Utrillo e delle loro sbronze colossali. Rue du Mont Cenis e lo Chat Noir! Alla sola vista di quell'insegna venivo avvolto dalla magia di chi fu genio assoluto. Questa era rue Lepic e questa era Montmartre.
Una magia della quale, Asianne, sapeva avvilupparmi. Maestra nel blandire la mia eccitazione, mi conduceva nei recessi più reconditi delle nostre intimità. Asianne mi dominava con tutto il suo essere. Scivolavo fra le sue gambe, ne accarezzavo i glutei, mi dissetavo dalla sua femminilità, ne mordevo i capezzoli. Ma era lei, e soltanto lei, che mi possedeva. Scopava il mio corpo mentre rapiva la mia anima. Asianne era così. O tutto o niente. Asianne era come Parigi.
L'ultima sera uscimmo a cena. Era una calda serata d'inizio autunno. Da dove eravamo, si intravvedeva la bruma salire lentamente dalla città. Una vecchia Renault gialla ci superò faticosamente durante l'ascesa di rue Lepic. Auto d'altri tempi per un luogo d'altri tempi. Le piccole botteghe abbassavano le serrande. Qui non c'erano supermercati o centri commerciali. Ma si poteva ancora respirare l'aroma di pane fresco di una piccola boulangerie o l'intenso profumo di frutta e verdura di stagione proveniente da angusti negozietti. Mi pareva che il tempo si fosse fermato, mi pareva di essere in una canzone di Yves Montand. Un bistrot, una terrine de campagne, una soupe de onions, foie gras e confit de canard, un rosso della casa, robusto ma sincero, una creme brulee. E i suoi occhi, la sua voce, la sua conversazione, la sua intelligenza fuori dall'ordinario, e quel modo di piegare leggermente il capo, il suo sorriso, a volte malizioso, a volte divertito, comunque sempre seducente. Eravamo due meteore che per pochi giorni s'incontrarono e si scontrarono, fondendosi, avviluppandosi, già pronte ormai a dividersi. Ma in quei pochi giorni creammo un universo.
A sera inoltrata ci ritrovammo a camminare lungo stradine e vicoli semi deserti, abbracciati l'uno all'altra. Asianne mi trascinò fino a rue Cortot, essenza stessa di Montmartre, angolo nascosto che non potevo non conoscere. Vi erano ancora gli antichi vigneti della collina, circondati da quegli stessi profumati giardini che tanto amò Renoir. Odore di uva, essenza di mosto, aroma fragrante di rugiada. Ci sedemmo su una panchina appartata, in un anfratto di un muricciolo diroccato. Sotto i nostri occhi si stendeva Parigi, brillante di mille luci. Asianne fu sfrontata e audace. Lasciò scivolare la sua mano sul mio inguine. Blandì la mia erezione. E lì, in quel luogo e in quel preciso momento, si concesse interamente a me. Ancora una volta. Per l'ultima volta. Si sedette sopra di me, lasciandosi penetrare con foga e avidità. Scivolai in lei, sprofondando nella sua voluttà, soffocando i suoi ansimi di piacere con i miei baci. Scivolai in lei e mi lasciai avvolgere dalla sua infinita sensualità, come di sensualità mi lasciai avvolgere dalla sua stessa città.
Perché in fondo Asianne era questo. Perché Asianne abitava all'82 di rue Lepic. Perché Asianne era Pari

Nessun commento:

Posta un commento