lunedì 1 settembre 2014

UNA PASSIONE SCONVOLGENTE di Andrea Lagrein




Pierre dilatò gli occhi per la paura, per l'orrore di ciò che gli stava per capitare. Era un incubo, un dannatissimo incubo. Eppure era tutto reale, dannatamente reale. La ragione, il pensiero, la sua formidabile mente non riuscivano più a venirgli in soccorso, non gli erano più di alcun aiuto. Due energumeni lo tenevano ben stretto, inchiodato al suo giaciglio, mentre il terzo.......beh, del terzo non si sarebbe più scordato il viso. Non sapeva che ore fossero. A giudicare dal focolare ormai quasi spento doveva trattarsi di un orario fra le lodi e la prima. Steso com'era, non riusciva a vedere la finestra. Sentiva i primi richiami dei battellieri sulla Senna. Doveva essere l'alba o giù di lì.
"Stavolta l'hai combinata grossa, eh? fottuto scribacchino che non sei altro!" biascicò in modo rude il bifolco che aveva di fronte. Un paio di profonde cicatrici che dalla fronte gli correvano lungo le guance facevano intuire che fosse un masnadiero di lungo corso. Il bastardo sghignazzò in modo osceno, mentre estraeva da sotto il mantello un lungo coltello affilato. "Ti dirò, una bella cavalcata con quella vacca me la sarei fatta anch'io, e pure i miei compari, ma sai com'è......è la figlia del capo, e quando lui ordina, e soprattutto paga, noi gli ordini li dobbiamo seguire!". Tutti e tre scoppiarono in una fragorosa risata, come se si trattasse di facezie di poco conto.
Ma non era uno scherzo. Pierre tentò di divincolarsi, in un ultimo, disperato tentativo di salvezza. Ma fu tutto inutile. La presa ferrea dei due uomini che lo tenevano non gli consentì di liberarsi. Anzi, ottenne solo di far aumentare la stretta dei suoi carcerieri. "Dimmi un po, filosofo dei miei coglioni!" domandò l'uomo che gli stava di fronte, avvicinando il volto al suo. A Pierre venne il voltastomaco. Dai denti gialli e marci usciva un odore nauseabondo, un misto di cipolla e aglio, puzza di vino rancido e notte da postribolo. "Dimmi, ne è valsa veramente la pena?" chiese in un sussurro, mentre avvicinava la lama all'inguine di Pierre.
Ne era valsa veramente la pena? Infondo Pierre aveva tutto. Era riuscito ad arrivare dove si era prefissato da giovane. A trentotto anni aveva raggiunto l'apice del successo, riconosciuto da tutti. Figlio maggiore di una famiglia di piccoli nobili del villaggio dove nacque, abbandonò ben presto la carriera militare a cui era destinato per dedicarsi agli studi. E qui iniziò a primeggiare, non solo superando i suoi coetanei, impresa ben misera, ma svilendo e annichilendo i suoi stessi maestri e insegnanti, rendendoli ridicoli e umiliandoli nelle dispute in cui si cimentava sovente. Guglielmo di Champeaux e Anselmo di Laon furono le sue principali vittime, screditati e sconfitti dalla sua superba intelligenza. Da allievo divenne maestro, e come maestro divenne famoso in tutta la cristianità. Già! A trentotto anni Pierre aveva tutto. Ne valeva veramente la pena sacrificare tutti i suoi successi e la sua straordinaria fama per un paio di tette e una fica invitante?
"Fottuto d'un bretone! Tutti così siete, voi forestieri, quando arrivate qui da noi. Pensate tutti che le figlie dei franchi siano a disposizione dei vostri porci comodi, fottendovene delle buone maniere e dell'ospitalità che vi concediamo! Ma questa volta è diverso, sai? Fulberto ha deciso di darti una bella lezione, nonostante tu sia il più gran maestro dei nostri tempi!". L'uomo, come per dare maggior enfasi alla sua tirata, sputò in faccia a Pierre, mentre con un gesto repentino gli tagliava le pesanti brache di lana.
Uno dei due compari scoppiò a ridere. "Stai attento, Gaston, che non si cachi addosso per la paura!". E giù tutti a sghignazzare. Pierre era terrorizzato al solo pensiero di quel che gli stava per accadere. Ne era valsa veramente la pena? Quella pelle candida, lattea, serica, delicata al tocco. Quei seni pieni, morbidi, ma al contempo sodi, cedevoli al tocco delle sue mani, superbi nel loro essere marmorei. Quei capezzoli turgidi, duri fra le sue labbra, frementi fra i suoi denti. Quelle lunghe chiome bionde, dorate come ricche messi accarezzate dal vento, profumate come germogli di grano bagnati di rugiada. Quegli occhi color del mare, intensi come un cielo terso, profondi come un lago insondabile. Quelle cosce slanciate e ben tornite, degne di Afrodite. Quella fica umida e odorosa, essenza stessa della passione, profumo e aroma di incontrollata follia. Ne era valsa veramente la pena?
Era il tempo in cui veniva idolatrato da tutta Parigi. Tutti si precipitavano a vederlo quando appariva in pubblico e le donne lo seguivano con gli occhi, voltando indietro il capo quando lo incrociavano per la via. Aveva fondato la sua scuola sulla collina di Sainte Genevieve e in ultimo era riuscito a coronare il suo sogno, ottenere una cattedra presso la prestigiosa scuola della Cattedrale. Aveva il mondo intero ai suoi piedi, e di questo ne era consapevole, facendolo peccare di superbia e vanità. Dunque ne valse veramente la pena rinunciare a tutto questo per una passione irrefrenabile?
"Cazzo, ma c'è una cosa che non capisco!" disse Gaston mentre gli sfilava le brache ormai a brandelli. "Va bene fottersi quella ragazzina, va bene farlo in spregio a suo zio, il potente canonico di Notre Dame, va bene sbattersela perfino in un refettorio di un convento, ma Cristo santo, dovevi pure ingravidarla quella cagna? Non potevi solo scopartela per benino senza che Fulberto venisse a conoscenza della cosa?". I suoi compari ridevano a crepapelle. "E dai, Gaston! Si vede che il signorino è stato sempre abituato bene. Se avesse frequentato le baldracche con cui andiamo noi di solito, se fosse venuto con noi nei postriboli giù lungo il fiume, allora avrebbe saputo come montare una vacca senza impregnarla del suo seme!". Si vedeva che i tre si divertivano a svolgere il loro compito. "Già!" annuì Gaston. "Troppo preso dai suoi libri in latino per sapere come sborrare senza far figli!". Scoppiarono a ridere fragorosamente mentre Gaston avvicinava il coltello ai testicoli di Pierre. Questa tortura era interminabile. Ma forse era la giusta punizione divina per il suo peccato di superbia!
La superbia di chi, conscio del proprio trionfo, cedette alla lussuria di fronte a una vergine di sedici anni. Eloise era bella, davvero molto bella. Alta, slanciata, con un viso al contempo angelico e demoniaco. Ma soprattutto era intelligente, estremamente intelligente. E fu la sua mente a irretirlo completamente. Le donne eran fatte per accudire il focolare domestico, seguire i figli, preparare i pasti, tessere e filare. Non si era mai vista una femmina con un libro in mano. Ma Eloise era straordinaria anche e soprattutto in questo. Perfino il grande Pietro il Venerabile scrisse di lei, definendola celebre per erudizione. Per Pierre lei aveva tutto ciò che più seduceva gli amanti, dal corpo alla mente. E lui non seppe resisterle!
"Beh, comunque quel che va fatto, va fatto!" disse Gaston tornando serio. "Tenetelo fermo e finiamola con questa maledetta storia. Che poi ce ne andiamo tutti quanti a spassarcela con i danari di Fulberto!". Pierre sentì Gaston afferrargli l'uccello mentre calava la mano che stringeva il coltello. Iniziò a urlare, un urlo disperato, lancinante, agghiacciante. Iniziò a divincolarsi terrorizzato. Ma fu tutto inutile. I tre sgherri che Fulberto aveva assoldato sapevano il fatto loro.
Già! Fulberto! Fu proprio lui a presentargli la nipote, chiedendogli addirittura di istruirla nelle arti liberali. Non solo, ma lo ospitò anche sotto il suo tetto, cosa che Pierre accettò di buon grado, trattandosi di una splendida dimora di fianco alla Cattedrale di Notre Dame. Il massimo a cui potesse aspirare. E così iniziarono le lezioni. Solo che ben presto, ai libri, si sostituirono baci e carezze, ansimi e gemiti.
Eloise si concesse senza remora e Pierre perse il lume della ragione. Il corpo di quella ragazza infiammava tutti i suoi sensi. Ogni attimo era buono per far scivolare la mano fra le sue morbide cosce, per sprofondare il viso fra i suoi seni, per succhiare quella vulva così invitante, per scoparla e scoparla e scoparla ancora. Lui steso a terra e lei sopra, braccia tese appoggiate al suo petto, testa reclinata indietro, mentre lo cavalcava con passione e intensità, urlando e godendo. O lei in piedi e lui dietro, sollevandole la tunica fin sopra la cinta e scoprendole quel culo così sodo, così rotondo, così morbido, afferrandola per i fianchi, penetrandola da dietro con foga animalesca. O lui in piedi, lei inginocchiata, la bocca avida piena del suo sesso, le labbra umide del suo piacere. E ben presto la cieca lussuria si trasformò in ardente amore, in una passione che faceva struggere i due amanti quando erano separati, li infiammava quando erano vicini.
Finché Eloise rimase incinta e Fulberto venne a conoscenza di tutto. E non la prese bene. Nemmeno il matrimonio segreto fra i due potè rabbonire il furente canonico. Pierre amava Eloise. La carne aveva lasciato il posto al cuore. Quella ragazza lo aveva definitivamente conquistato. La sua intelligenza primeggiava con quella del maestro. Conversare con lei era altrettanto emozionante ed eccitante che possedere il suo corpo. Ma lui era un chierico, posizione necessaria per poter insegnare. E un chierico non poteva sposarsi. La soluzione di tener nascoste le nozze però non piacque a Fulberto, che decise quindi di mettere in atto la sua tremenda vendetta. E Gaston era lì per quello!
Ne era valsa veramente la pena? Pierre urlò in modo disumano quando la lama compì il suo dovere. Ne era valsa veramente la pena? Pierre quasi svenne per il dolore lancinante quando il coltello gli recise di netto i testicoli. Ne era valsa veramente la pena? Pierre pianse nel vedere la mano insanguinata di Gaston che teneva in mano i suoi coglioni. Ne era valsa veramente la pena? Pierre rimase immobile, preda di fitte lancinanti, steso in una pozza di sangue, mentre vedeva i suoi carnefici sghignazzanti uscire di casa. Ne era valsa veramente la pena? Pierre chiuse gli occhi, mentre il cuore ancora batteva all'impazzata. Ne era valsa veramente la pena?
A questa domanda, lì, in quel momento, finalmente riuscì a dare una risposta. Lui era il più grande filosofo, teologo, poeta del suo tempo. Lui era Pierre Abelard. E capì che ne era valsa veramente la pena!

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