Short story – Racconti – Poesia - Drabble... Vogliamo emozionarvi, rendervi partecipi dei nostri flash della mente. Entrate, siete i benvenuti.
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lunedì 30 dicembre 2013
IMBARAZZO di Andrea Rossi
Ogni tanto mi ricordo
che devo dirti qualcosa di bello
me lo sono preparato
come un bravo scolaro
con tutte le vocali al posto giusto
i sorrisi e le pause
la faccia pulita
vestito di grandi speranze
e il mio imbarazzo migliore
quello delle grandi occasioni...
devo solo arrivare ai tuoi occhi
senza farmi rapire
da quello che potrebbe capitarmi
se li guardo troppo e ne sento i colori
che invadono i miei pensieri
se sopravvivo ai tuoi capelli
che mi legano la mente
o alle tue labbra
che potrebbero entrarmi dentro
e rubarmi il respiro
come dici tu spesso
per farmi sentire il migliore
mentre balbetto
senza fermarmi
in mezzo al vortice delle mie sensazioni
senza paracadute
in totale assenza di vento
che mi dia una mano
a ricordarmi le parole
e tu
con il tuo sorriso interminabile
quella linguaccia
che mi toglie i vestiti di dosso
ti diverti a vedermi arrossire
mentre i tuoi baci adesso hanno un senso
e le parole che devo dirti
posso anche spiegartele
mentre ti affondo le labbra
e ti delizio i pensieri
ti eccito la pelle
e ti invito nella mia vita
tanto non servono grandi vocali
basta avere il giusto imbarazzo.
A TE. di Petit Noir
Perduta tra lune di carta
ti racconterò dei miei giorni
a Te che sai ascoltare
a Te che rubi il tempo alle ore
allungando i nostre notti
sommergendomi di sogni.
ti racconterò dei miei giorni
a Te che sai ascoltare
a Te che rubi il tempo alle ore
allungando i nostre notti
sommergendomi di sogni.
DOVE SEI? di Alice Stregatta
Cielo terso, aria pungente e frizzantina.
Mi perdo nelle volute di fumo, mentre il sole si tuffa all'orizzonte, specchiandosi nelle vetrate del palazzo di fronte.
Un altro giorno che muore, e vorrei seguirlo anch'io da tanto mi sento vuota e piena di lacrime.
Alzo gli occhi... Due aerei si rincorrono.
Vorrei essere su uno di loro, per venire da Te.
Senza valigie.
Non mi serve nulla.
Un tuo abbraccio, il tuo silenzio.
Te.
Così come sei.
La sigaretta finisce in un lampo, come la mia fantasticheria.
Ripiombo con i piedi per terra.
Io son qui. Purtroppo.
E tu... Tu dove sei?
Mi perdo nelle volute di fumo, mentre il sole si tuffa all'orizzonte, specchiandosi nelle vetrate del palazzo di fronte.
Un altro giorno che muore, e vorrei seguirlo anch'io da tanto mi sento vuota e piena di lacrime.
Alzo gli occhi... Due aerei si rincorrono.
Vorrei essere su uno di loro, per venire da Te.
Senza valigie.
Non mi serve nulla.
Un tuo abbraccio, il tuo silenzio.
Te.
Così come sei.
La sigaretta finisce in un lampo, come la mia fantasticheria.
Ripiombo con i piedi per terra.
Io son qui. Purtroppo.
E tu... Tu dove sei?
domenica 29 dicembre 2013
TRAMONTO di Andrea Rossi
Ho un paio di biglietti per un tramonto
presi al mercatino dei sogni
dove spesso mi fermo quando ti penso
quando i miei occhi ti trovano
e ho bisogno di respirare
di prendere il mio fiato migliore
per guardare
oltre la tua bellezza
il sapore della tua pelle
che ancora non conosco
ma che mi delizia cosi tanto
da lasciarmi un aroma di pesca e pistacchio
o di yougurt e panna e nutella
messi insieme cosi
a caso
mentre io mangio solo il cestino
per imbarazzo
davanti alle tue labbra morbide
che mi invitano a dormirci su
o a passarci la vita
racchiusa in un attimo
ferma in un istante
mentre il sole finisce il suo giro
ci invita a regalarci il suo sogno
la sua immagine più bella
i suoi colori appena sfornati
che presto sentiremo addosso
come la mia voglia di farti l amore
di sentire il tuo respiro
che si appoggia sul mio
fresco come il vento
che sposta tutte le parole
che volevo dirti
ma che non trovo più
come la distanza che mi separa dal tuo cuore
un millimetro
di follia
di quello che mi manca
ma che sento ogni giorno
più forte di una piuma quando prende il volo
e arriva nel blu
dentro di te.
presi al mercatino dei sogni
dove spesso mi fermo quando ti penso
quando i miei occhi ti trovano
e ho bisogno di respirare
di prendere il mio fiato migliore
per guardare
oltre la tua bellezza
il sapore della tua pelle
che ancora non conosco
ma che mi delizia cosi tanto
da lasciarmi un aroma di pesca e pistacchio
o di yougurt e panna e nutella
messi insieme cosi
a caso
mentre io mangio solo il cestino
per imbarazzo
davanti alle tue labbra morbide
che mi invitano a dormirci su
o a passarci la vita
racchiusa in un attimo
ferma in un istante
mentre il sole finisce il suo giro
ci invita a regalarci il suo sogno
la sua immagine più bella
i suoi colori appena sfornati
che presto sentiremo addosso
come la mia voglia di farti l amore
di sentire il tuo respiro
che si appoggia sul mio
fresco come il vento
che sposta tutte le parole
che volevo dirti
ma che non trovo più
come la distanza che mi separa dal tuo cuore
un millimetro
di follia
di quello che mi manca
ma che sento ogni giorno
più forte di una piuma quando prende il volo
e arriva nel blu
dentro di te.
VENTENNI ED ALTRI DISASTRI di Alice Stregatta
Non poteva essere un caso.
Era tornato in negozio (due volte nel giro di una settimana) pur
sapendo che l'articolo scelto non sarebbe arrivato prima di fine
gennaio.
Le rivolse un sorriso contagioso mentre chiacchierava, chiacchierava...
Ribadì con insistenza che abitava in zona e sarebbe ripassato senza disturbo.
Lei pensò che era carino, mentre si guardavano negli occhi parlando di
nulla...
Il nulla le riportò alla mente Illo. Vaffanculo.
Lui si chinò e le sussurrò all'orecchio:
" Ti trovo, lunedì?"
Può essere... Però torna senza la mamma, eh...
DENTRO DI ME di Petit Noir
Giorni che passano su di me come al solito
la vita che scorre e mi porta per vie sconosciute
La mente che sempre Ti sfiora
e sente, leggera come una nuvola, la Tua presenza
sempre lì rassicurante
chiudo gli occhi..
Sei dentro di me
Va tutto bene.
la vita che scorre e mi porta per vie sconosciute
La mente che sempre Ti sfiora
e sente, leggera come una nuvola, la Tua presenza
sempre lì rassicurante
chiudo gli occhi..
Sei dentro di me
Va tutto bene.
HAPPY NEW YEAR di Alice Stregatta
I progetti son sfumati.
I buoni propositi li abbiamo gettati alle ortiche.
I sogni sono andati a puttane...
Direi che non ho più niente di vecchio da buttare, di questo anno di merda!!
I buoni propositi li abbiamo gettati alle ortiche.
I sogni sono andati a puttane...
Direi che non ho più niente di vecchio da buttare, di questo anno di merda!!
giovedì 26 dicembre 2013
NATALE di Alice Stregatta
Ancora. Di nuovo. Natale.
Il giorno in cui, più di tutti, pensi a quello che non hai.
Dove vorresti essere e con chi.
E nemmeno uno combacia con la realtà.
Natale. Nessun regalo da scartare, nessun biglietto da leggere.
Nessuna stellina che ti fa brillare gli occhi di felicità.
E l'unica cosa che brilleresti, è una granata per fare un bel botto.
Natale.
Finalmente, è passato anche il terzo, infelice.
BLU di Andrea Rossi
Iniziare a correre
e' quello che vorrei adesso
provare a seguire il blu
che mi passa addosso
che finalmente esce fuori
insegue te
sa esattamente dove cercarti
ogni giorno
fino a sudarti dentro
e rinfrescarmi con la tua bocca
mentre la mia corsa sale
e il pensiero di te
inizia a scrivere il mio foglio bianco
si riempie dei tuoi occhi...
si stropiccia con le tue mani
e quando arrivo nei tuoi angoli
mi riempie di nettare dissetante
tutto questo e' cercarti
tutto questo o forse più
un miraggio senza deserto
qualcosa che sta li
davanti a me
nel punto esatto dove ti ho lasciato ieri
a sorridere
sperando che smettessi
ma tu non lo fai mai
mi sorridi maliziosa
a volte riesci anche a prendermi in giro
mentre ti lasci prendere piano
tra le nebbie oscure dei miei desideri
al di la del mare
in mezzo ai miei pensieri
che oramai sanno dove andare
dove precipitarsi
quando sentono il pericolo
quando scorgono i tuoi occhi
belli da uccidersi dentro
se non conosci il blu
se non sai davvero dove puo' portarti
nel vortice di quello che cerchi
dove un giro costa la meta'
ma se ne fai due ti ritrovi in cielo
e ti tocca volare
e sentire il blu
sentirsi speciali
PIACEVOLI INCONTRI di Sereno Notturno
Come dovresti essere per piacere agli altri, te lo sei mai chiesto o non ti è mai sfiorato nei meandri della mente...
Non devi essere in alcun modo devi essere inerme non plasmabile,
veritiero dei tuoi intenti e conoscitore puro dei tuoi limiti, anche se
io dico sempre:
“Conosco i miei limiti, ma non me li pongo.”
Sono scelte? No assolutamente sono consistenze e puro carattere, se
solo sapessi di piacere agli altri per il fatto di non essere te stesso,
manderei a puttane le amicizie o come diceva il buon Charles,affonderei
i miei saluti nel wisky.
Amante folle, amico sicuro e follemente
portato alla pazzia, quella vera che ti fa ricordare e scordare allo
stesso modo, sono chiare limpide e nitide scopate del cuore che
rimangono con una forza incessante in chi le vive, in chi odora per ore
il profumo del sesso.
Ogni angolo delle lenzuola vive di sesso che
non esaspera la mente, ma ne fa medicina per gli stati d'animo, in un
continuo e lungo crescere, nel più lusingato gusto di godimenti
fantastici, erezioni che scovano la più alta punta della stella del
piacere, guardando sotto corpi che non si danno pace.
mercoledì 25 dicembre 2013
INFINITO PIU' UNO (CO + 1) di Alice Stregatta
Scricchiolano i pensieri,
incespicano le parole,
inciampano le dita sulla tastiera del telefonino.
Non so più cosa dire, la mente affollata, mi estraneo dal caos che ho intorno.
Ti penso. Sono sola.
Penso a cosa ti direi se fossimo occhi negli occhi.
Penso a come spenderei il mio tempo con te.
Vorrei sentire la tua voce, ma non posso chiamarti.
Non mi resta che guardare la tua foto. Una delle tante che serbo gelosamente nella mia cartella segreta.
La password è il tuo anno di nascita più uno.
Infinito più uno, come il mio amore per Te.
incespicano le parole,
inciampano le dita sulla tastiera del telefonino.
Non so più cosa dire, la mente affollata, mi estraneo dal caos che ho intorno.
Ti penso. Sono sola.
Penso a cosa ti direi se fossimo occhi negli occhi.
Penso a come spenderei il mio tempo con te.
Vorrei sentire la tua voce, ma non posso chiamarti.
Non mi resta che guardare la tua foto. Una delle tante che serbo gelosamente nella mia cartella segreta.
La password è il tuo anno di nascita più uno.
Infinito più uno, come il mio amore per Te.
TU di Andrea Rossi
Non dare una definizione
a quello che senti tuo
chiamandolo amicizia ....amore...
e' solo una parte di te
e tu il pezzo mancante
ti colora la giornata
ti vibra dentro
ti accompagna
anche nei giorni di pioggia
fino a riempire i tuoi spazi di mondo
il tuo senso di follia
il senso dei tuoi pensieri
che spesso affollano la mente
sola in compagnia dei tuoi numeri
abbagliata dai tuoi sogni
in mezzo al tuo oceano
a quello che da sempre ti bagna i capelli
rendendoli più luminosi
o ti sfiora le labbra disegnandole
come un balletto in abito da sera
e tu ti senti la protagonista
con i sandali rossi
e il profumo che ti sposta i capelli
mentre il tuo sorriso
acceca la mia mente
completamente persa dentro di te
persa nel cercare la via
che ti porta a me
in mezzo alla folla
ai coriandoli della gente che ci guarda
mentre la musica aumenta
e io ti ritrovo bellissima
senza trucco
senza le parole che non servono
nel centro esatto del mio mondo
anzi un po più su
dove solo tu sai portarmi
in mezzo al tuo piacere
che vuoi dividere
con me....
a quello che senti tuo
chiamandolo amicizia ....amore...
e' solo una parte di te
e tu il pezzo mancante
ti colora la giornata
ti vibra dentro
ti accompagna
anche nei giorni di pioggia
fino a riempire i tuoi spazi di mondo
il tuo senso di follia
il senso dei tuoi pensieri
che spesso affollano la mente
sola in compagnia dei tuoi numeri
abbagliata dai tuoi sogni
in mezzo al tuo oceano
a quello che da sempre ti bagna i capelli
rendendoli più luminosi
o ti sfiora le labbra disegnandole
come un balletto in abito da sera
e tu ti senti la protagonista
con i sandali rossi
e il profumo che ti sposta i capelli
mentre il tuo sorriso
acceca la mia mente
completamente persa dentro di te
persa nel cercare la via
che ti porta a me
in mezzo alla folla
ai coriandoli della gente che ci guarda
mentre la musica aumenta
e io ti ritrovo bellissima
senza trucco
senza le parole che non servono
nel centro esatto del mio mondo
anzi un po più su
dove solo tu sai portarmi
in mezzo al tuo piacere
che vuoi dividere
con me....
LA PIU' BELLA FOTO CHE NON HO MAI SCATTATO di Asianne Merisi
Mi capita spesso di passeggiare per le vie del centro, per i parchi, semplicemente per le strade. Sono di passaggio, magari pure di fretta. Eppure, d'improvviso, come folgorata, mi capita di sentire una specie di clic. Uno scatto della macchina fotografica. Intorno a me nessuno sta fotografando. Semplicemente cammino, e di fronte a me vedo per un attimo solo, come una scintilla di fuoco, una posa perfetta per una foto. Un palloncino che vola, un riflesso sull'acqua, una madre premurosa, una sagoma, un colore dell'alba inenarrabile. E allora mi fermo. Mi devo fermare. Perchè mi sembra di vivere in una foto, di saltare da uno scatto all'altro; e se non mi fermo potrei rovinare qualcosa, tutti questi soggetti potrebbero accorgersi che sono entrata nella foto, nella loro foto, e potrebbero non volermi con loro. Mi devo fermare per sorridere di fronte a tutto questo. Per godermi la meraviglia. E pazienza se questa volta non ho con me la macchina fotografica. Forse, se l'avessi avuta a tracolla, non avrei colto tutte queste meravigliose pose intorno a me. L'importante, mi dico sempre, è che questi scatti abbiano impressionato il mio cuore, piuttosto che la pellicola. Le fotografie più belle sono quelle che non hai scattato. Quelle che nessuno potrà mai scattare. Fotografie che sono, e devono restare, il segreto geloso del mondo. Il segreto della natura. Il tuo segreto.
VOGLIA DI AMARE di Francesca delli Colli
Voglio fare con te
l'amore quello vero,
dove ognuno si perde nei confini dell'altro
oltrepassando l'orizzonte dentro di noi.
Ho voglia di piangere,
ho voglia di ridere,
di mangiarti
di accarezzarti.
Ho voglia di respirare insieme a te,
inalando tutti quei segreti
che tramutandosi in emozioni
mi nutrono l'anima
scivolando sotto la pelle.
Non ho voglia di guardare indietro,
non ho voglia di guardare avanti,
ogni momento deve essere unico ed irripetibile.
Attimi senza tempo,
dove si perde ogni logica
e si riempie ogni vuoto,
si respira vita
e si lascia il resto.
Tutto per..
viverti senza rumore
in uno squarcio di sereno.
l'amore quello vero,
dove ognuno si perde nei confini dell'altro
oltrepassando l'orizzonte dentro di noi.
Ho voglia di piangere,
ho voglia di ridere,
di mangiarti
di accarezzarti.
Ho voglia di respirare insieme a te,
inalando tutti quei segreti
che tramutandosi in emozioni
mi nutrono l'anima
scivolando sotto la pelle.
Non ho voglia di guardare indietro,
non ho voglia di guardare avanti,
ogni momento deve essere unico ed irripetibile.
Attimi senza tempo,
dove si perde ogni logica
e si riempie ogni vuoto,
si respira vita
e si lascia il resto.
Tutto per..
viverti senza rumore
in uno squarcio di sereno.
SPEGNIMI. ACCENDIMI. di Alice Stregatta
Luminarie, stupide canzoncine natalizie, gente invasata dalla corsa all'inutile.
Oggetti. Riempiamo case vite di oggetti.
Quando l'unica cosa che conta è dividere l'esistenza con qualcuno.
Condividere.
Moltiplicare: amore, gioie, speranze.
Progetti.
Nella testa rimbombano milioni di parole. Le tue, le mie.
Rimbalzano tra cuore e cervello.
Tutte però dicono la stessa cosa.
Me ne fotto.
IO VOGLIO SOLO TE.
Oggetti. Riempiamo case vite di oggetti.
Quando l'unica cosa che conta è dividere l'esistenza con qualcuno.
Condividere.
Moltiplicare: amore, gioie, speranze.
Progetti.
Nella testa rimbombano milioni di parole. Le tue, le mie.
Rimbalzano tra cuore e cervello.
Tutte però dicono la stessa cosa.
Me ne fotto.
IO VOGLIO SOLO TE.
PER NATALE MI REGALERESTI UN "NOI" ? di Alice Stregatta
Come si può razionalizzare un sentimento? Come?
Può farlo chi non lo prova, forte, fortissimo.
Reale, vero, tangibile.
Ti accompagna, ti culla, ti scuote, ti fa vibrare. Ti fa sognare.
Ti fa venir voglia di mollare tutto. Tutto. Tutti.
E andare.
In due. Verso un futuro.
Incerto?
Cazzo, si. Incerto.
Ma insieme alla persona che vorresti stringere, forte.
Che vorresti per te, con te.
Con cui ridere, piangere, parlare...
Sempre, ma non per sempre, perchè forse non esiste.
Giorno per giorno.
Tu ed io.
Noi.
ESPRESSIONI di Sereno Notturno
Pullula di mielose frasi che lasciano il tempo che trovano, qui nel social network più famoso ma meno vero del tempo, ancor meno del reale mondo.
Francamente non so se sono solo dettagli, dettati da un'attenta analisi o cose a cui nessuno fa caso, ma nulla mi sconvolge di più che l'essere finzione, a che pro, per dover essere sempre attenti a come rispondere, andando indietro a vedere cosa si è detto l'ultima volta, fingendo di essere veri, sinceramente non riuscirei mai.
Vedi persone che rispondono in modi diversi, in base al profilo con cui scrivono, senza una stessa logica.
Nel profilo sono bianchi e nella pagina sono neri, neanche fossero tasti del pianoforte, almeno loro mettendo insieme le note, qualcosa di civile mettono insieme.
So d'essere sempre polemico, ma io sono quello, non vi è peggior difetto se non la vigliaccheria e la falsità.
Vorrei essere d'aiuto tutto l'anno e vorrei lo fossero tutti gli altri, senza dover per forza dire felici auguri di buon natale solo perchè questi sono i convenevoli.
Sono frasi corte, d'effetto e non costano nulla, forse per questo vengono dette, ma non è vero questo, sono più importanti di altre, se dette col cuore e non messe per avere visibilità e appagamento personale.
Mi lamento spesso di tante cose e poi dico, non è giusto che determinate realtà negative vengano tutte insieme a farti visita, poi scompongo il pensiero e rivivo ciò che vedo nelle altre realtà, attorno a persone che non trovano lavoro o non hanno una casa dove ripararsi, coloro che per ovvie ragioni sono lontane da casa, a chi non ha amore da dare o da ricevere, ma si rendono conto dopo che involontariamente a forza di dispensare vero amore, alla fine riescono ad ottenerlo, nelle forme più strane o con un semplice abbraccio.
So per certo e questo Natale me lo insegna che essere se stessi dicendo esattamente come si è, parlando senza pretese, ma solo per dare, può dare tanto, magari uno sguardo un incontro o una simpatia che pensavi di non avere, le vedi e le senti tue nell'animo.
Scrivo tutto l'anno, e dico sempre che metto insieme parole, ma forse mi serve tanto metterle una accanto all'altra.
Quindi a conclusione vorrei solo augurare di essere se stessi sempre, perchè non può esistere una festa se non sei veramente chi dici d'essere.
Francamente non so se sono solo dettagli, dettati da un'attenta analisi o cose a cui nessuno fa caso, ma nulla mi sconvolge di più che l'essere finzione, a che pro, per dover essere sempre attenti a come rispondere, andando indietro a vedere cosa si è detto l'ultima volta, fingendo di essere veri, sinceramente non riuscirei mai.
Vedi persone che rispondono in modi diversi, in base al profilo con cui scrivono, senza una stessa logica.
Nel profilo sono bianchi e nella pagina sono neri, neanche fossero tasti del pianoforte, almeno loro mettendo insieme le note, qualcosa di civile mettono insieme.
So d'essere sempre polemico, ma io sono quello, non vi è peggior difetto se non la vigliaccheria e la falsità.
Vorrei essere d'aiuto tutto l'anno e vorrei lo fossero tutti gli altri, senza dover per forza dire felici auguri di buon natale solo perchè questi sono i convenevoli.
Sono frasi corte, d'effetto e non costano nulla, forse per questo vengono dette, ma non è vero questo, sono più importanti di altre, se dette col cuore e non messe per avere visibilità e appagamento personale.
Mi lamento spesso di tante cose e poi dico, non è giusto che determinate realtà negative vengano tutte insieme a farti visita, poi scompongo il pensiero e rivivo ciò che vedo nelle altre realtà, attorno a persone che non trovano lavoro o non hanno una casa dove ripararsi, coloro che per ovvie ragioni sono lontane da casa, a chi non ha amore da dare o da ricevere, ma si rendono conto dopo che involontariamente a forza di dispensare vero amore, alla fine riescono ad ottenerlo, nelle forme più strane o con un semplice abbraccio.
So per certo e questo Natale me lo insegna che essere se stessi dicendo esattamente come si è, parlando senza pretese, ma solo per dare, può dare tanto, magari uno sguardo un incontro o una simpatia che pensavi di non avere, le vedi e le senti tue nell'animo.
Scrivo tutto l'anno, e dico sempre che metto insieme parole, ma forse mi serve tanto metterle una accanto all'altra.
Quindi a conclusione vorrei solo augurare di essere se stessi sempre, perchè non può esistere una festa se non sei veramente chi dici d'essere.
GAMBE di Andrea Rossi
Quasi come un gioco..
capire le gambe delle donne..
e percorrerle con la mente..
immaginare quanto possano farti viaggiare con i sensi
inebriarti con il loro profumo
forte come i paesaggi d' inverno
avvolti dalla nebbia più fitta...
sentire quanta voglia hanno di perdersi
di ritrovarsi nel labirinto
dei peccati..
viaggiare con i loro pensieri
fermi ad aspettare il via
il permesso di aprirsi
ai mie pensieri più spinti
alle mie voglie
che non hanno forma...
logica...
ma che potrebbero rivelare
l' essenza del tuo piacere
che potrebbe non fermarsi mai..
arrivare all' infinito
al punto esatto da dove siamo partiti..
ma a volte non basta
e allora devi iniziare a viverle....
capire le gambe delle donne..
e percorrerle con la mente..
immaginare quanto possano farti viaggiare con i sensi
inebriarti con il loro profumo
forte come i paesaggi d' inverno
avvolti dalla nebbia più fitta...
sentire quanta voglia hanno di perdersi
di ritrovarsi nel labirinto
dei peccati..
viaggiare con i loro pensieri
fermi ad aspettare il via
il permesso di aprirsi
ai mie pensieri più spinti
alle mie voglie
che non hanno forma...
logica...
ma che potrebbero rivelare
l' essenza del tuo piacere
che potrebbe non fermarsi mai..
arrivare all' infinito
al punto esatto da dove siamo partiti..
ma a volte non basta
e allora devi iniziare a viverle....
PRENDERSI di Andrea Rossi
E' prenderti la mano che mi frega
portarti nel mio dolce cammino
farti entrare nei miei respiri
che si alternano tra la vita e il piacere
si perdono nei tuoi occhi cerulei
e ogni passo che facciamo insieme
diventa un sussurrarsi all'orecchio
un parlarsi nell' anima
estasiati dai nostri occhi
che sorridono felici
mentre gli alberi si curvano
per origliare
le nostre sensazioni
i nostri batticuori
sempre più forti
il mare arresta la sua forza
e si arrende piano ai nostri desideri
di guardarlo mente culla le onde
e aspetta la luna
che gli canti la buonanotte
infrangendosi nella sua luce
fino a perdersi
nel mattino che aspettiamo ogni giorno
capace di regalarci
il brivido
del sentire che i colori sono fermi la'
al loro posto
che nulla e' cambiato
e' tutto come ieri
perfettamente intatto
come quella voglia
di tenerti la mano...
portarti nel mio dolce cammino
farti entrare nei miei respiri
che si alternano tra la vita e il piacere
si perdono nei tuoi occhi cerulei
e ogni passo che facciamo insieme
diventa un sussurrarsi all'orecchio
un parlarsi nell' anima
estasiati dai nostri occhi
che sorridono felici
mentre gli alberi si curvano
per origliare
le nostre sensazioni
i nostri batticuori
sempre più forti
il mare arresta la sua forza
e si arrende piano ai nostri desideri
di guardarlo mente culla le onde
e aspetta la luna
che gli canti la buonanotte
infrangendosi nella sua luce
fino a perdersi
nel mattino che aspettiamo ogni giorno
capace di regalarci
il brivido
del sentire che i colori sono fermi la'
al loro posto
che nulla e' cambiato
e' tutto come ieri
perfettamente intatto
come quella voglia
di tenerti la mano...
ATTIMI di Francesca delli Colli
Pareti nude di emozioni si vestivano dei nostri ansimi.
L'aria acre, pregna di sesso avvolgeva i nostri corpi
e la voglia alitava sulla nostra pelle
facendoli muovere in una danza
dalla mimica convulsa.
La tua fame lottava contro la mia sete .
Nessun vinto,
nessun vincitore,
solo una resa di anime
plasmata dalla ingordigia
di appartenerci.
Ogni senso era impegnato
a non avere limiti
nel chetare i vuoti
nei quali sprofondavano i desideri confusi.
Drogata ,
dissertavo ogni razionalita'
nutrendomi dei tuoi odori
mescolati ai sapori
che si imprimevano sulle labbra
come tatuaggio sbavato
per la fretta di averti.
Dolenti e tremanti
si muovevano avide attorno
al tuo calice
voluttuoso e proteso
fino a sciogliesi
in un'ansimante frenesia.
Ho raccolto un'orgasmo disperato,
convulso.
Ho sentito scendere lentamente in me
la tua essenza
ed unirsi con la mia.
Un'anima sola
in due corpi fusi.
L'aria acre, pregna di sesso avvolgeva i nostri corpi
e la voglia alitava sulla nostra pelle
facendoli muovere in una danza
dalla mimica convulsa.
La tua fame lottava contro la mia sete .
Nessun vinto,
nessun vincitore,
solo una resa di anime
plasmata dalla ingordigia
di appartenerci.
Ogni senso era impegnato
a non avere limiti
nel chetare i vuoti
nei quali sprofondavano i desideri confusi.
Drogata ,
dissertavo ogni razionalita'
nutrendomi dei tuoi odori
mescolati ai sapori
che si imprimevano sulle labbra
come tatuaggio sbavato
per la fretta di averti.
Dolenti e tremanti
si muovevano avide attorno
al tuo calice
voluttuoso e proteso
fino a sciogliesi
in un'ansimante frenesia.
Ho raccolto un'orgasmo disperato,
convulso.
Ho sentito scendere lentamente in me
la tua essenza
ed unirsi con la mia.
Un'anima sola
in due corpi fusi.
"Macerie e resti. ma c'eri e resti." (cit) di Alice Stregatta
Ho talmente poco di cui gioire, da tanto di quel tempo, che mi sembra di non avere nulla.
Persa io, persi i punti cardine, perse le certezze.
Mi rimane solo un sogno, sul quale fantasticare.
Intanto, a fatica, sposto cumuli di macerie per scavare le basi di un futuro incerto.
Anche se mi sento come in procinto di caderci, in quella fossa.
Da fondamenta a voragine che mi inghiotte : in fondo, il nulla mi attrae.
Non sentire nulla, non provare dolore nè emozioni.
Morta. Per un po'.
E che i rovi infestino il mio rifugio.
Poi, penso al tuo sorriso che diventa il mio.
E sono sicura che mi stai cercando.
Da qualche parte, esisti.
Mi aspetti.
Da qualche parte, ci sei.
Tu.
Persa io, persi i punti cardine, perse le certezze.
Mi rimane solo un sogno, sul quale fantasticare.
Intanto, a fatica, sposto cumuli di macerie per scavare le basi di un futuro incerto.
Anche se mi sento come in procinto di caderci, in quella fossa.
Da fondamenta a voragine che mi inghiotte : in fondo, il nulla mi attrae.
Non sentire nulla, non provare dolore nè emozioni.
Morta. Per un po'.
E che i rovi infestino il mio rifugio.
Poi, penso al tuo sorriso che diventa il mio.
E sono sicura che mi stai cercando.
Da qualche parte, esisti.
Mi aspetti.
Da qualche parte, ci sei.
Tu.
ARMONIA DEI SENSI di Petit Noir
La mia fantasia giunge più lontano della vista
arriva oltre gli orizzonti
e spazia nei cieli più limpidi
svolazza tra le nuvole
per poi trovare riposo
come una farfalla stanca
nelle tue mani♦
arriva oltre gli orizzonti
e spazia nei cieli più limpidi
svolazza tra le nuvole
per poi trovare riposo
come una farfalla stanca
nelle tue mani♦
LEGAMI A TE di Petit Noir
♦Vorrei che tu mi cogliessi come un fiore
un piccolo dono
e mi portassi
nella frenesia della tua vita
per scoprirmi poi dolcemente
legandomi a te
e in quel medesimo istante
regalarmi il più semplice dei tuoi pensieri♦
un piccolo dono
e mi portassi
nella frenesia della tua vita
per scoprirmi poi dolcemente
legandomi a te
e in quel medesimo istante
regalarmi il più semplice dei tuoi pensieri♦
ECCO L'UOMO di Petit Noir
♦Tutto ciò che è è stato creato ha una funzione ben precisa
ogni cosa esiste e non per caso:
La luna illumina le notti più buie
le stelle indicano il cammino ai viaggiatori
Il sole scalda la terra e la rende fertile
Il vento raccoglie semi e li sparge in ogni dove
I fiori rallegrano i campi e le finestre di ogni casa
Gli alberi spogliandosi delle vecchie foglie ci indicano le stagioni
La pioggia irriga i campi per darci frutti
e tu uomo a cosa servi..??♦
ogni cosa esiste e non per caso:
La luna illumina le notti più buie
le stelle indicano il cammino ai viaggiatori
Il sole scalda la terra e la rende fertile
Il vento raccoglie semi e li sparge in ogni dove
I fiori rallegrano i campi e le finestre di ogni casa
Gli alberi spogliandosi delle vecchie foglie ci indicano le stagioni
La pioggia irriga i campi per darci frutti
e tu uomo a cosa servi..??♦
PERCEZIONI di Sereno Notturno
Non esiste polpastrello che non entri in un piacere.
Mai una bocca che cela un orgasmo.
Figurarsi se uno sguardo non cerca di raccoglier quell'umida essenza.
Mai una bocca che cela un orgasmo.
Figurarsi se uno sguardo non cerca di raccoglier quell'umida essenza.
TU di Petit Noir
♦Tu sei il mio faro quando la mia mente brancolerà nel buio
la mia forza quando la terra sotto di me si fa fangosa ed io scivolo lungo la via
la mano tesa e forte a sorreggermi durante il mio cammino incerto
il mio respiro quando mi mancherà l’aria per le mie mille paure
la calma quando l’ansia di non essere alla Tua altezza
prenderà possesso del mio essere
la mia Guida ed il Mio Maestro quando farò degli errori
Tu.. Signore della mia mente della mia anima e del mio corpo
io.. semplicemente Tua♦
la mia forza quando la terra sotto di me si fa fangosa ed io scivolo lungo la via
la mano tesa e forte a sorreggermi durante il mio cammino incerto
il mio respiro quando mi mancherà l’aria per le mie mille paure
la calma quando l’ansia di non essere alla Tua altezza
prenderà possesso del mio essere
la mia Guida ed il Mio Maestro quando farò degli errori
Tu.. Signore della mia mente della mia anima e del mio corpo
io.. semplicemente Tua♦
HO UN PADRONE... di Petit Noir
♦lui decide per me..
fa il bello e cattivo tempo..
a volte mi sveglia con dolcezza ..
altre mi butta giu dal letto in modo brusco..
a volte è dolce e comprensivo..
altre severo e vendicativo..
sa tutti i miei punti deboli e gioca con le mie emozioni..
sa farmi ridere ma anche piangere..
sa rendermi serena ma sa anche come farmi urlare dal dolore..
sono nelle sue mani e a lui non posso sfuggire..
il suo nome è destino..♦
fa il bello e cattivo tempo..
a volte mi sveglia con dolcezza ..
altre mi butta giu dal letto in modo brusco..
a volte è dolce e comprensivo..
altre severo e vendicativo..
sa tutti i miei punti deboli e gioca con le mie emozioni..
sa farmi ridere ma anche piangere..
sa rendermi serena ma sa anche come farmi urlare dal dolore..
sono nelle sue mani e a lui non posso sfuggire..
il suo nome è destino..♦
venerdì 20 dicembre 2013
QUALE E' IL MIO POSTO? di Franz Za
Quello è il mio posto, non è il tuo. Avevi le capacità, avevi le competenze, avevi la voglia. Ma la vita ti ha portato altrove. Il lavoro perfetto? O la famiglia perfetta? Qualcosa la lasci da parte. A qualcosa devi rinunciare. Eppure mentre scegli, la scelta ti sembra quella giusta. In quel momento è così che deve andare. E' lì che ti porta il tuo sentire, il tuo volere, il tuo corpo e la tua anima. E sei felice. E vai avanti. Il tempo passa. La vita scorre. I piccoli problemi, i grandi problemi, le piccole gioie, le grandi gioie. I contrattempi. Le corse, il tempo per te rubato tra una corsa e l'altra. E ti dici: ma io volevo andare da un'altra parte, volevo essere qualcosa di diverso. E mentre lo pensi ti senti tirare la gonna. E un marmocchio sporco di marmellata ti guarda innamorato come nessun uomo ti ha mai guardato. E allora dici “no, era questo il mio posto”, e il cuore ti scoppia dalla gioa. E ti rendi conto che la vita sarà tutta così. Ti domanderai ancora “cosa potevo essere?”. Era questo il mio posto? Era questa la mia poltrona? Oppure in giro per il mondo c'è qualcuno che sta vivendo la mia vita, quella che avrebbe potuto essere se... Se cosa? Si rischia di impazzire se si lascia spazio a questi pensieri. Ma per fortuna c'è la vita con tutti i suoi casini che non ti permette di impazzire. Ci sono le bollette, le recite a scuola, il sesso mentre dormono, le fantasie che restano fantasie e quelle che si realizzano in spazi e luoghi e momenti che restano fuori dal tempo...E intanto un altro anno è passato. E il natale è quasi arrivato. E del natale non ti fregherebbe nulla se non fosse per le scelte che hai fatto. E quindi poi ti tocca ammettere che il natale è bello, sì è bello se c'è qualcuno che lo aspetta con tanta impazienza e ogni anno prepara la sua letterina con scritti tutti i suoi desideri. Perché quando si è bambini i desideri sono semplici e i dubbi non esistono. Solo poche certezze e un'unica poltrona da scegliere. Quella in cui potersi accucciare tra le braccia della mamma...o del papà...o di entrambi...
INDECENTE di Andrea Rossi
Sai essere sempre cosi..
assolutamente indecente..
quando mi sorridi con il tuo sarcasmo.....
e mi inviti nel tuo letto..
e scaldarti i tuoi piedini..
a ferirmi con i tuoi occhi..
mentre vuoi sentirti mia..
in mezzo alla folla..
negli angoli della mia mente..
nelle curve della tua pelle..
in mezzo ai tuoi capezzoli..
turgidi..
che sanno di pioggia...
quando la mia voglia esplode...
quando ti voglio qui.
nei miei fianchi..
piegata..
maliziosamente contorta sotto le mie mani..
ruvide...
che cercano altro.....
assolutamente indecente..
quando mi sorridi con il tuo sarcasmo.....
e mi inviti nel tuo letto..
e scaldarti i tuoi piedini..
a ferirmi con i tuoi occhi..
mentre vuoi sentirti mia..
in mezzo alla folla..
negli angoli della mia mente..
nelle curve della tua pelle..
in mezzo ai tuoi capezzoli..
turgidi..
che sanno di pioggia...
quando la mia voglia esplode...
quando ti voglio qui.
nei miei fianchi..
piegata..
maliziosamente contorta sotto le mie mani..
ruvide...
che cercano altro.....
FRAMMENTI di Andrea Rossi
Sono aliti di vita
quelli che senti dentro
che scavalcano i tuoi desideri...
come ombre che corrono
improvvise
frammenti di piacere
parlano di te
immobile
aspetti
che ti prenda piano
nella mente
che arrivi in alto
inizia la sua corsa
scuotendoti il corpo
fino a farlo sentire caldo
pieno di inondante voglia
che devi solo dosare
spezzare
aspettando di sentirti miaVisualizza altro
quelli che senti dentro
che scavalcano i tuoi desideri...
come ombre che corrono
improvvise
frammenti di piacere
parlano di te
immobile
aspetti
che ti prenda piano
nella mente
che arrivi in alto
inizia la sua corsa
scuotendoti il corpo
fino a farlo sentire caldo
pieno di inondante voglia
che devi solo dosare
spezzare
aspettando di sentirti miaVisualizza altro
DESIDERIO di Petite Noir
Vivo dei tuoi sospiri
del tuo calore a distanza
peccaminosi pensieri si insinuano nel mio giorno...
mi inviti col tuo comando d'amore
a spasimi incessanti
sfrontato il desiderio
sempre più s'accende con la lontananza
del tuo calore a distanza
peccaminosi pensieri si insinuano nel mio giorno...
mi inviti col tuo comando d'amore
a spasimi incessanti
sfrontato il desiderio
sempre più s'accende con la lontananza
LA CRISI di Andrea Lagrein
Il rumore che proveniva dal vicolo sottostante rendeva la nostra conversazione alquanto difficile. Ma l'afa e il caldo che c'erano in quei giorni proprio non mi permettevano di chiudere le finestre. Del resto, avessi avuto un condizionatore! E come l'avrei pagato? Lasciamo stare. Però mi sudavano anche le palle tanto era afosa quella serata.
Lanciai una birra a... Francesco. Almeno quella era fresca. Di più non potevo fare. "Tu sei abituato a vivere in sta merda". Lo guardai. Mi appoggiai al davanzale della finestra, in cerca di un refolo di frescura. Nulla! Giù in strada un gruppetto di sudamericani, boliviani, peruviani, sa solo iddio di quale etnia fossero, se le dava di santa ragione. Forse era tutta colpa di una guapa, un sorriso di troppo, un apprezzamento poco apprezzato. Forse si trattava di una partita di droga non pagata. O forse era semplicemente il caldo che li aveva fatti uscire di testa. Mi accesi una sigaretta. Sì! Francesco aveva ragione. Ormai mi ero abituato a vivere in questa merda. La realtà è che non potevo permettermi un cazzo, nemmeno un fottutissimo condizionatore per sopravvivere a questa afa. Sicché mi tenevo le palle sudate. E bevevo birra.
"Io non ce la farei a vivere come fai tu" continuò Francesco come se stesse semplicemente sottolineando un'ovvietà. "E chi te lo fa fare?" domandai forse un pò troppo rudemente. Lui sollevò il suo sguardo su di me. Cristo santo, vi lessi la più totale e assoluta disperazione. Io almeno, quella, l'avevo già superata. Ero oltre, ormai!
Ci conoscevamo da un'eternità. Da sempre, mi verrebbe da dire. Quanta strada avevamo percorso insieme! Ora, mentre lo guardavo, i ricordi tornavano prepotenti alla memoria. La fuga precipitosa nelle vie del paesino di sua nonna, rincorsi dal contadino armato di forcone e incazzato duro per le ciliege che avevamo rubato dal suo albero. I pomeriggi passati insieme a far finta di studiare latino e greco, mentre sognavamo a occhi aperti di fotterci la zoccola del liceo. Le prime canne e le sbronze con vomito finale. La tedesca che ci scopammo insieme in una lontana vacanza sul lago di Garda. Le serate passate a cercare di rimorchiare. I primi lavori. I matrimoni. Il mio fallimentare. Il suo perfetto. Lui che mi chiede di fargli da testimone. Io, un senza Dio patentato! La nascita di sua figlia. Il mio divorzio. Una vita, insomma. Una vita condivisa.
"Oggi mi ha chiamato di nuovo il direttore di banca. O rientro o saranno costretti a prendere provvedimenti". Aveva le spalle chine. Non aveva il coraggio di guardarmi. "Cristo, non ce la faccio più! Ma come cazzo faccio a rientrare se non trovo lavoro da sei mesi? Eh? Me lo dici come cazzo faccio?" urlò disperato. "E lo chiedi a me?" ribattei serafico. "A me manco mi chiama più, il direttore. Ha perso ogni speranza ormai!". Sogghignai sorseggiando la mia birra.
"Tu non hai una famiglia! Cazzo, non hai una figlia a cui pensare. Tu hai solo birra, troie e case in affitto dove regolarmente ti sbattono fuori dopo tre mesi!". Aveva ragione. Completamente ragione. Ma Cristo santo, che potevo dirgli? Le solite cazzate, le solite frasi fatte, la solita favola di fiorellini e buoni propositi? Non ce la facevo. Era nella merda, questa era la sola realtà. E non si vedevano vie d'uscita.
Gli lanciai un'altra birra. "Di lavoro non se ne trova?". Mi guardò quasi con le lacrime agli occhi. "C'è la crisi. Nessuno assume. Hanno tutti paura di chiudere bottega!". Pareva ormai rassegnato. Poi scoppiò a ridere. Una risata isterica, di quelle che non riesci a smettere, di quelle che ti vengono per non urlare di disperazione.
"Valgo più da morto che da vivo, sai?" mi disse infine. Lo guardai senza capire. Sospirò con rassegnazione. "Ho un'assicurazione sulla vita, sottoscritta anni fa. Se morissi oggi, la mia famiglia si beccherebbe qualcosa come centocinquantamila euro". Emisi un fischio. "Cazzo, una bella sommetta, fratello!". Mi sorrise. "Già! Così non avrebbero più problemi!". Lo fissai serio. La disperazione può portare a gesti sconsiderati. Cristo santo! Ora non era più il caldo a farmi sudare.
"Già, ma ti perderesti le sontuose pere di tua moglie e quel suo culo da far venire i brividi!". Lui scrollò le spalle. Tracannai quel che restava della mia birra. "Guarda che se ti ammazzi, non me ne frega un cazzo, ma io tua moglie me la scopo, eccome se me la scopo. Capito?". I suoi occhi mi guardavano. Spenti! Gesù, non sapevo più che dire. Ma dovevo provarci, quanto meno per la nostra lunga amicizia. "Ascoltami, Fra, pensi veramente che tua figlia, fra qualche anno, sarà soddisfatta di aver sostituito suo padre con un pò di bigliettoni? Lo credi veramente, brutto stronzo?". Quasi urlai le ultime parole. Ma in fondo, dentro di me, lo capivo. Lo capivo benissimo!
Gli lanciai un'altra birra. Lui continuava a tacere. "Senti! Fai così. Torna a casa. Fatti fare un bel pompino. Fatti una bella dormita. E domani ricomincia a lottare. Per tua moglie. Per tua figlia. Ma soprattutto per te stesso. Non dargliela vinta, a tutta sta merda che ci circonda!".
Francesco mi sorrise. Finì la sua birra, si alzò e mi abbracciò. "Ti ringrazio. Sei un amico!". Pacca sulla spalla e uscì da casa mia.
Mi affacciai nuovamente alla finestra accendendomi una sigaretta. Un trans scese dal suo SLK ed entrò nello stabile di fronte, seguito furtivamente da un cliente. Sorrisi amaro. Di questi tempi, per far strada nel mondo, bisogna saper dar via il culo!
Quattro giorni dopo ricevetti la telefonata. Dissero che forse era stato un cedimento meccanico. O più probabilmente un colpo di sonno. Sta di fatto che l'auto sbandò ad alta velocità mentre si trovava su un cavalcavia e.......beh, non c'è stato più nulla da fare. Tragica fatalità!
Mi sedetti sul divano. Rimasi tutta sera con la luce spenta, al buio. Presi quella bottiglia di Sassicaia del 2004 che Francesco mi regalò nella speranza di brindare a un mio nuovo fidanzamento, cosa che sto ancora aspettando. La terminai in poche sorsate. Fanculo alla crisi, Cristo santo! Fanculo ai direttori di banca! Fanculo ai fottutissimi soldi! Fanculo a questa società di merda!
Sorrisi amaro. Già immaginavo la faccia del direttore di banca, atteggiata a lutto di circostanza, ma sollevata nel sapere che di li a poco un bel gruzzolo sarebbe giunto a risolvere i problemi di quel conto in banca. E la piccola Lisa? Beh, avrebbe avuto per Natale quel bambolotto che tanto le piaceva. E poi........e poi sarebbe andata tutte le domeniche a portar fiori freschi sulla tomba di papà. Già. Forse!
Lanciai una birra a... Francesco. Almeno quella era fresca. Di più non potevo fare. "Tu sei abituato a vivere in sta merda". Lo guardai. Mi appoggiai al davanzale della finestra, in cerca di un refolo di frescura. Nulla! Giù in strada un gruppetto di sudamericani, boliviani, peruviani, sa solo iddio di quale etnia fossero, se le dava di santa ragione. Forse era tutta colpa di una guapa, un sorriso di troppo, un apprezzamento poco apprezzato. Forse si trattava di una partita di droga non pagata. O forse era semplicemente il caldo che li aveva fatti uscire di testa. Mi accesi una sigaretta. Sì! Francesco aveva ragione. Ormai mi ero abituato a vivere in questa merda. La realtà è che non potevo permettermi un cazzo, nemmeno un fottutissimo condizionatore per sopravvivere a questa afa. Sicché mi tenevo le palle sudate. E bevevo birra.
"Io non ce la farei a vivere come fai tu" continuò Francesco come se stesse semplicemente sottolineando un'ovvietà. "E chi te lo fa fare?" domandai forse un pò troppo rudemente. Lui sollevò il suo sguardo su di me. Cristo santo, vi lessi la più totale e assoluta disperazione. Io almeno, quella, l'avevo già superata. Ero oltre, ormai!
Ci conoscevamo da un'eternità. Da sempre, mi verrebbe da dire. Quanta strada avevamo percorso insieme! Ora, mentre lo guardavo, i ricordi tornavano prepotenti alla memoria. La fuga precipitosa nelle vie del paesino di sua nonna, rincorsi dal contadino armato di forcone e incazzato duro per le ciliege che avevamo rubato dal suo albero. I pomeriggi passati insieme a far finta di studiare latino e greco, mentre sognavamo a occhi aperti di fotterci la zoccola del liceo. Le prime canne e le sbronze con vomito finale. La tedesca che ci scopammo insieme in una lontana vacanza sul lago di Garda. Le serate passate a cercare di rimorchiare. I primi lavori. I matrimoni. Il mio fallimentare. Il suo perfetto. Lui che mi chiede di fargli da testimone. Io, un senza Dio patentato! La nascita di sua figlia. Il mio divorzio. Una vita, insomma. Una vita condivisa.
"Oggi mi ha chiamato di nuovo il direttore di banca. O rientro o saranno costretti a prendere provvedimenti". Aveva le spalle chine. Non aveva il coraggio di guardarmi. "Cristo, non ce la faccio più! Ma come cazzo faccio a rientrare se non trovo lavoro da sei mesi? Eh? Me lo dici come cazzo faccio?" urlò disperato. "E lo chiedi a me?" ribattei serafico. "A me manco mi chiama più, il direttore. Ha perso ogni speranza ormai!". Sogghignai sorseggiando la mia birra.
"Tu non hai una famiglia! Cazzo, non hai una figlia a cui pensare. Tu hai solo birra, troie e case in affitto dove regolarmente ti sbattono fuori dopo tre mesi!". Aveva ragione. Completamente ragione. Ma Cristo santo, che potevo dirgli? Le solite cazzate, le solite frasi fatte, la solita favola di fiorellini e buoni propositi? Non ce la facevo. Era nella merda, questa era la sola realtà. E non si vedevano vie d'uscita.
Gli lanciai un'altra birra. "Di lavoro non se ne trova?". Mi guardò quasi con le lacrime agli occhi. "C'è la crisi. Nessuno assume. Hanno tutti paura di chiudere bottega!". Pareva ormai rassegnato. Poi scoppiò a ridere. Una risata isterica, di quelle che non riesci a smettere, di quelle che ti vengono per non urlare di disperazione.
"Valgo più da morto che da vivo, sai?" mi disse infine. Lo guardai senza capire. Sospirò con rassegnazione. "Ho un'assicurazione sulla vita, sottoscritta anni fa. Se morissi oggi, la mia famiglia si beccherebbe qualcosa come centocinquantamila euro". Emisi un fischio. "Cazzo, una bella sommetta, fratello!". Mi sorrise. "Già! Così non avrebbero più problemi!". Lo fissai serio. La disperazione può portare a gesti sconsiderati. Cristo santo! Ora non era più il caldo a farmi sudare.
"Già, ma ti perderesti le sontuose pere di tua moglie e quel suo culo da far venire i brividi!". Lui scrollò le spalle. Tracannai quel che restava della mia birra. "Guarda che se ti ammazzi, non me ne frega un cazzo, ma io tua moglie me la scopo, eccome se me la scopo. Capito?". I suoi occhi mi guardavano. Spenti! Gesù, non sapevo più che dire. Ma dovevo provarci, quanto meno per la nostra lunga amicizia. "Ascoltami, Fra, pensi veramente che tua figlia, fra qualche anno, sarà soddisfatta di aver sostituito suo padre con un pò di bigliettoni? Lo credi veramente, brutto stronzo?". Quasi urlai le ultime parole. Ma in fondo, dentro di me, lo capivo. Lo capivo benissimo!
Gli lanciai un'altra birra. Lui continuava a tacere. "Senti! Fai così. Torna a casa. Fatti fare un bel pompino. Fatti una bella dormita. E domani ricomincia a lottare. Per tua moglie. Per tua figlia. Ma soprattutto per te stesso. Non dargliela vinta, a tutta sta merda che ci circonda!".
Francesco mi sorrise. Finì la sua birra, si alzò e mi abbracciò. "Ti ringrazio. Sei un amico!". Pacca sulla spalla e uscì da casa mia.
Mi affacciai nuovamente alla finestra accendendomi una sigaretta. Un trans scese dal suo SLK ed entrò nello stabile di fronte, seguito furtivamente da un cliente. Sorrisi amaro. Di questi tempi, per far strada nel mondo, bisogna saper dar via il culo!
Quattro giorni dopo ricevetti la telefonata. Dissero che forse era stato un cedimento meccanico. O più probabilmente un colpo di sonno. Sta di fatto che l'auto sbandò ad alta velocità mentre si trovava su un cavalcavia e.......beh, non c'è stato più nulla da fare. Tragica fatalità!
Mi sedetti sul divano. Rimasi tutta sera con la luce spenta, al buio. Presi quella bottiglia di Sassicaia del 2004 che Francesco mi regalò nella speranza di brindare a un mio nuovo fidanzamento, cosa che sto ancora aspettando. La terminai in poche sorsate. Fanculo alla crisi, Cristo santo! Fanculo ai direttori di banca! Fanculo ai fottutissimi soldi! Fanculo a questa società di merda!
Sorrisi amaro. Già immaginavo la faccia del direttore di banca, atteggiata a lutto di circostanza, ma sollevata nel sapere che di li a poco un bel gruzzolo sarebbe giunto a risolvere i problemi di quel conto in banca. E la piccola Lisa? Beh, avrebbe avuto per Natale quel bambolotto che tanto le piaceva. E poi........e poi sarebbe andata tutte le domeniche a portar fiori freschi sulla tomba di papà. Già. Forse!
giovedì 19 dicembre 2013
SOLITUDINE di Petite Noir
la solitudine è come un isola deserta
ovunque ti giri vedi solo il mare, sempre e perfettamente mare,
cerchi compagnia che possa dissetare l'arsura e non ne trovi....
Sei lì che aspetti chissà cosa, un passo, un respiro, una carezza e sai che non arriverà.
Cala la sera e resti seduta sulla soglia della tua vita
con i i tuoi dubbi ancora intatti.
Ma abbracci con forza le ginocchia arrotolandoti in te
cercando calore,conforto e un po di amore
stringi forte ma provi solo il freddo che conosci,
ci vorrebbe qualcuno lì con te a scaldarti
per sentirti bene, libera di respirare e sapere che esisti.
Anima solitaria, ma per scelta,
vivi nel paradosso della tua non fragilità
stenti ad ammettere ciò che sei
incredula di quanta forza ti da il tuo essere cosi.
Arriverà il giorno in cui qualcuno aprirà la tua porta
la chiave giusta per entrare dentro di te e restarci
perchè ciò che cerchi, è ciò che sei.
ovunque ti giri vedi solo il mare, sempre e perfettamente mare,
cerchi compagnia che possa dissetare l'arsura e non ne trovi....
Sei lì che aspetti chissà cosa, un passo, un respiro, una carezza e sai che non arriverà.
Cala la sera e resti seduta sulla soglia della tua vita
con i i tuoi dubbi ancora intatti.
Ma abbracci con forza le ginocchia arrotolandoti in te
cercando calore,conforto e un po di amore
stringi forte ma provi solo il freddo che conosci,
ci vorrebbe qualcuno lì con te a scaldarti
per sentirti bene, libera di respirare e sapere che esisti.
Anima solitaria, ma per scelta,
vivi nel paradosso della tua non fragilità
stenti ad ammettere ciò che sei
incredula di quanta forza ti da il tuo essere cosi.
Arriverà il giorno in cui qualcuno aprirà la tua porta
la chiave giusta per entrare dentro di te e restarci
perchè ciò che cerchi, è ciò che sei.
LABBRA di Andrea Rossi
Mi e' rimasto addosso il tuo bacio
cosi' lieve da sentirlo ancora adesso
mentre mi disegnava le labbra...
e cercava il suo angolo migliore
per continuare la sua corsa
mentre i miei sensi si dividevano emozioni
sensazioni
facendo a gara
si rincorrevano felici
persi da quelle labbra
che si muovevano piano
intorno alle mie
premendo leggermente
impossessandosi
della parte più morbida
all' interno
nei miei sogni
dove abitano i baci
cosi' lieve da sentirlo ancora adesso
mentre mi disegnava le labbra...
e cercava il suo angolo migliore
per continuare la sua corsa
mentre i miei sensi si dividevano emozioni
sensazioni
facendo a gara
si rincorrevano felici
persi da quelle labbra
che si muovevano piano
intorno alle mie
premendo leggermente
impossessandosi
della parte più morbida
all' interno
nei miei sogni
dove abitano i baci
TU di Andrea Rossi
Avvolta dal tuo sorriso stasera
consapevole della bellezza
che esce dalle tue tasche
circondata da quella sicurezza
che non ti lascia mai
che ti tiene sospesa
a due metri da me
dalle mie labbra
che ti aspettano aride
senza muoversi dai tuoi occhi
senza perdere di vista quello che sei
la tua ineffabile bellezza
che mi rende schiavo di te
del tuo modo di regalarmi il tuo mondo
la mia follia assoluta
oltre il mio zero
quello che inizia ogni giorno
quando mi accorgo che sei mia
che il tuo sapore mi piace
che le mie dita sanno di te.
mercoledì 18 dicembre 2013
DOPPIA COPPIA ( Cahiers del tempo che fu ) di Andrea Lagrein
La
mia vecchia Ford Fiesta nera. Il ciglio di una strada sterrata chiusa.
La discarica poco distante. Notte fonda fiocamente illuminata da un
lampione danneggiato. Soffuso rumore in lontananza proveniente
dall'autostrada. Afosa calura di un luglio particolarmente infuocato.
Gretto e squallido paesaggio di periferia urbana.
Venerdì sera.
Venerdì come tanti altri. Serata d'incoerenza. Cosa facciamo, cosa non
facciamo. Dove andiamo, dove non andiamo. Auto senza meta. Strada senza
uscita. Caldo, tanto caldo. Due chiacchiere. Una sigaretta, due
sigarette, tre sigarette. Cielo stellato. Le cosce ben in vista di
Laura. Il culo ben sagomato di Silvia. Cosa facciamo, dove andiamo.
Momento fugace. Abbraccio Laura. Bacio Laura. Afa, tanta afa. Ma
l'uccello diventa duro. Mozzicone per terra. La portiera dell'auto che
si apre. Serata di follia.
La vita scorreva rapida senza che noi ne potessimo afferrare un senso e un nesso logico.
Il futuro si tingeva di foschi presagi e noi a vivere la nostra incerta precarietà.
Era il nostro tempo, tempo di follia, in cui rivendicare al mondo intero le nostra stessa essenza vitale.
La mia mano scivolò sui suoi fianchi e decisa le afferrò il culo,
affondando nel morbido della sua pelle. Laura era stesa sul sedile
anteriore della mia auto. Il calore della passione sciolse i pensieri
fino a precipitarci nel vuoto delle nostre menti.
Un vuoto in cui
perdersi volentieri se aveva il caldo tepore della sua fica. Lei mi
accolse con tutta la sua voluttuosità. La mia verga la penetrò al suono
dei nostri sommessi ansimi e gemiti. Le sue braccia si strinsero alla
mia schiena, i suoi occhi si chiusero, le sue labbra si aprirono in
sospiri di puro piacere.
E più la scopavo, più cresceva la nostra
lussuria. Di tutti e quattro! Eh sì, perché, oltre a noi due, in
macchina c'erano anche Silvia e Donato, una coppia di nostri amici.
Fica. Sperma. Godimento. Lussuria. Vita. Vita. Vita. Nessun futuro.
Nessun orizzonte. Nessun progetto. Presente. Attualità. Vivere. Le sue
cosce. Il mio uccello. Il nostro orgasmo. Caldo, tanto caldo. La mia
vecchia Ford Fiesta nera. Afa. Afa asfissiante. Afa stantia. Puzza di
sesso. Puzza di discarica. Gretta e squallida periferia urbana. Noi due.
Noi quattro. Noi tutti. E null'altro se non la mia vecchia Ford Fiesta
nera.
Mi eccitai ancor di più quando intravvidi il candore
della pelle della coscia di Silvia. Erano seduti sul sedile posteriore.
Scopavo Laura lentamente, ma con lo sguardo non mi perdevo nemmeno una
minima azione dei nostri amici. Donato con foga infilò due dita nella
sua fica, strappandole un lieve lamento di goduria. Contemporaneamente
lei gli sfilò appena pantaloni e boxer, stringendo la mano sull'uccello
già bello e duro. Iniziai a fottere Laura con foga sempre più
animalesca. La penetravo con colpi secchi e violenti, mentre lei
rispondeva serrando con maggior forza i miei fianchi fra le cosce. Quasi
fossero incitati dai nostri ansimi, anche Silvia e Donato si
abbandonarono completamente ai loro istinti selvaggi. Lui si spostò
velocemente, le divaricò le gambe e le si inginocchiò davanti. Lei fece
scivolare le mani sui suoi fianchi, gli afferrò il cazzo e lo attirò a
sé.
La discarica. La mia vecchia Ford. Ansimi. Gemiti. Urla.
Godimento. Follia. Vita. Gioventù. Afa. Caldo. Sudore. Le sue cosce. Il
suo uccello. Il suo culo. La mia eccitazione. Lei. Io. Noi. Sesso.
Speranza. Futuro. Un venerdì sera. L'autostrada. Il lampione rotto. Le
nostre voglie. Le nostre vite. I nostri godimenti. Odore di discarica.
Odore di follia. Odore di orgasmo. Noi. Noi quattro. E la mia vecchia
Ford Fiesta nera.
Silvia urlò e iniziò a gemere dal piacere.
Anche loro persero il controllo, dimentichi ormai di noi due lì
davanti. Ognuno di noi s'era perso nel proprio universo di lussuria. E a
me piaceva, Dio quanto mi piaceva, quella situazione. Affondavo nel
corpo di Laura e avvertivo la sua fica colma e fradicia di godimento. I
suoi gemiti si fecero più convulsi. I suoi occhi si chiusero. Le sue
labbra si aprirono. Io spingevo ormai come un ossesso, infilandole
l'uccello fino in fondo, quasi la volessi sfondare tutta quanta.
Selvaggio e brutale, cattivo e violento. Sentivo i gemiti di Silvia. Una
furia cieca s'impadronì di me. Sentivo l'odore pungente dei loro sessi.
Sentivo il puzzo di figa bagnata. Sentivo il tanfo di corpi sudati
avvolti dall'afa. E tutto questo mi eccitava, cazzo se mi eccitava! Poi
d'improvviso, Silvia allungò una gamba. Così facendo il suo piede si
appoggiò sul sedile dove eravamo sdraiati noi. Non so se se ne accorse,
ma nella frenesia del momento nessuno vi badò. Lentamente il suo piede
scivolò dal poggiatesta fin sulla spalla di Laura, usandola come punto
d'appoggio per prendere meglio la verga di Donato. Laura non parve
nemmeno accorgersene, tanto intenta era nel cercare il proprio
godimento. Ma me ne accorsi io. Le mie labbra stavano baciando,
succhiando, mordendo le sue guance finché lasciai scivolare il viso
sulla sua spalla. E lì mi ritrovai il piede di Silvia. Le dita
sfioravano quasi la mia bocca. Non ci pensai su molto. La mia
eccitazione era al limite. Socchiusi le labbra e iniziai a baciarle il
piede mentre continuavo a fottere Laura. Non so se Silvia se ne accorse,
ma se anche fosse non lo diede a vedere. Anzi! La mia sensazione era
che le piacesse. Il mio istinto mi diceva che la faceva impazzire essere
scopata dal proprio ragazzo mentre un altro le leccava i piedi. E la
conferma la ebbi quando sollevò leggermente la gamba lasciando solo il
tallone conficcato nella spalla di Laura e con gesto repentino infilò le
dita nella mia bocca. Cazzo, ero fuori di me per l'eccitazione! Posai
una mano sulla testa di Laura per poterla fottere con più forza. Con
l'altra invece afferrai la caviglia di Silvia e iniziai a leccarle
voracemente il piede. L'uccello mi stava per esplodere. E infatti, di lì
a poco, esplosi in un rauco grido. Anche Laura venne e alla fine,
esausti, ci accasciammo l'uno sull'altra.
Follia. Immoralità.
Volgarità. Bestialità. Sul ciglio di una strada. In una piccola, vecchia
Ford Fiesta nera. Periferia urbana. Voglia di emergere. Voglia di
scappare. Voglia di scopare. Caldo, fa tanto caldo. Nessun futuro.
Nessun passato. Solo presente. Vivere. Vivere fino in fondo. Vivere fino
alle oscure radici della follia. Fica. Cazzo. Sperma. Vita. Vita. Vita.
E voi tutti andate a farvi fottere!
Nella mia piccola auto quattro ragazzi diedero sfogo al loro puro istinto vitale.
Ma in quell'abitacolo vi era solo la fragilità di chi, come noi, ci sentivamo persi in un futuro sempre più precario.
Un futuro oscuro che tentavamo di illuminare con i nostri sogni, le
nostre follie. Follia di chi, ventenne, credeva ancora di vivere
inebriandosi di progetti e sensazioni con cui contrastare la società dei
nostri padri, società da abbattere e ricostruire con i colori del
nostro tempo. Eravamo noi i folli, che scopavamo in quattro su una
piccola utilitaria, o forse folli erano chi si massacrava per un diverso
credo religioso, per un lembo di terra, per una razza ritenuta
sbagliata, per del vile denaro o per biechi interessi di bottega? Forse
eravamo proprio noi i folli, che sognavano di cambiare il mondo.
Sicuramente eravamo noi i folli che, incuranti della morale comune,
godevamo dei nostri corpi sul ciglio di una strada fiocamente
illuminata, in una notte estiva, cercando di allontanare l'obbrobrio di
chi, per il bene comune, continuava a stuprare le nostre anime e i
nostri sogni!
SARA'. di Alice Sregatta
Tutto il giorno tra la gente, chiacchiero amabilmente.
Sono gentile, cortese, dolce, affabile, sorridente. Rido, anche.
Rido parecchio: scherzo, qualche battuta con i colleghi.
I clienti mi adorano, ricevo continui complimenti. E si sa che quelli natalizi sono i peggiori in assoluto.
Sciolgo gli arroganti, blandisco i cafoni, assecondo i pochi cortesi.
Tutti, tutti, tutti si congedano a fatica. È un piacere vedermi sorridere, pare.
Son diventata bravissima a ostentare sto cazzo di sorriso, non è neanche falso, in fondo.
Ma basta che rimanga sola, che incroci per caso il mio sguardo allo
specchio, o in una vetrina... Sguardo perso, vuoto, oltre... Dove?
E mi sciolgo in lacrime.
Ciglia bagnate, mascara disfatto, guance arrossate...
Cos'hai fatto? Sarà la polvere...
Sarà!
PROVOCAZIONE di Sereno Notturno
Cosa
ci faceva lui, li, quel giorno assolutamente era lontano dal capire, si
trovava probabilmente nel momento sbagliato, ma forse nel posto giusto.
Quello era un affare grosso, a lui cosa sarebbe venuto in tasca, questo
se lo domandò e lo chiese ad alta voce a lei, e Martina lo guardò, quasi
lui dovesse capire. Si trattava di una promozione sul lavoro per lei,
doveva dare il massimo, lui doveva solo accompagnarla e farle coraggio.
Quel giorno lei gli chiese di passare
da casa sua, perchè doveva finire di prepararsi, quindi lo invitò a
salire, gli aprì con disinvoltura e lui con altrettanta sicurezza entrò,
fino a quando non la vide a metà dei preparativi.
Pensiero folle
che le pervadeva la mente, quel ventre rinchiuso nelle coulotte che le
modellavano il culo e le disegnava le labbra, ancora senza reggiseno con
quel ballonzolare mettendo in evidenza i capezzoli.
Qualcuno poteva
resistere a tanta bellezza senza avere la tentazione di potersi cingere
intorno a lei e sentire un corpo giovanile e modellato fremerle il
ventre?
Lei lo guardo e disse:
“Per me è importante, non lo farei
se non lo fosse.”
Sorrise lui, e con cenno d'intesa si guardò bene dal
farle capire l'eccitazione, ma lei buttò l'occhio.
“Dopo se vuoi
usciamo a cena e ci guardiamo un film qui da me”
Lui accennò un si
con la testa.
Ultimi ritocchi e finiture poi finalmente era pronta e
prontamente disponibile alla persona da invogliare al suo destino.
“
Verrai su in studio con me, perché ho timore di quella persona, così
perfettamente distinta nei modi, ma rude con la carne.”
Arrivarono
all'ottavo piano tra pareti colorate e divani in eco pelle, lui afferrò
subito una rivista, mentre lei ripassava la parte, in cosa consisteva lo
sapeva solo lei, ma lo si intuiva, dal ripassare la lingua sulle
labbra.
“Buonasera signorina. Se si accomoda le mostro il progetto”
Chiuse la porta alle sue spalle e poi il silenzio, all'uomo fu
spiegato dopo che la stanza era insonorizzata.
Una buona mezz'ora passò
poi si aprì l'enorme scorrevole, le ultime dritte e l'assicurazione che si
sarebbero rivisti per il contratto.
“Sai” fece lei scendendo le
scale, “un uomo rude, ma deciso, al punto che mi ha lasciato senza
parole. Pensavo d'essere in imbarazzo, alla fine ha fatto tutto lui, ho
sentito ciò che non sentivo da anni ed ha una lingua che fa sognare. Ora
se ti va di cenare e poi a casa mia voglio tu sia come lui. Voglio
sentire, sentire ancora, veder sparire la tua lingua tra le mie labbra e
prenderti vicino alle mie cosce la testa e consumarmi, perché tu sai
consumarmi l'anima e il corpo, tu sei il lento godimento di una pura
emozione".
L'uomo era preso dal pensiero ancor prima del timore o
viceversa, lui non sapeva che lei aveva finto l'incontro precedente solo per
spingere lui all'eccesso della trasgressione.
MANI di Andrea Rossi
Mi piaceva quel gioco
che facevamo spesso
mentre prendersi la pelle
era normale per me
e intrecciarsi le menti
era più di un gioco
forse il vero motivo
di tutti questi baci
delle mie mani dentro di te
a cercare il fuoco
il tuo nettare intriso di me
nelle viscere dell'oblio
a cercare il tuo sorriso più bello
mentre mi gridi tutto il tuo piacere
dritto in faccia
e io provo a scoparti i pensieri
quelli più intensi
quelli a cui io prendo l' essenza.
LA MIA NANA' di Andrea Lagrein
Anna
si rimirava allo specchio, visibilmente compiaciuta, completamente
nuda, mentre con un dito si sfiorava un piccolo neo che aveva su un
fianco. Si mise di profilo, si contemplò, si ammirò e infine,
soddisfatta, godette della vista di sé. Si voltò a guardarmi,
sorridente. Fianchi ben torniti, capelli corvini, lunghi fino alla vita,
tette perfette, cosce rigogliose, culo pieno e sodo, occhi azzurri,
labbra turgide. Non faticavo a credere che molti uomini si fossero
rovinati per lei!
"Ancora non capisco cosa io ci faccia qui!" mi
disse quasi con noncuranza, quasi che io non fossi presente, quasi non
volesse essere un'offesa ma una semplice constatazione. Mi guardai
attorno. Cristo, come darle torto?
Mi alzai dal letto e mi diressi
verso la cucina. Pochi passi, beninteso, che il tutto era racchiuso in
un unico locale. Soggiorno, camera da letto, cucina a vista. Monolocale
in affitto, uno degli ultimi caseggiati di via Ripamonti, termine ultimo
della periferia milanese prima che iniziassero campi incolti e svincoli
autostradali.
Mi aprii una birra, mi appoggiai al lavello e la
guardai. Ero completamente nudo. "Sono appena tornata da Parigi. Hotel
cinque stelle extra lusso. Ha pagato tutto lui, ovviamente. Il mio
notaio. Figurati che si è portato dietro anche la moglie! Questa volta
non poteva lasciarla a casa, mi ha detto. Come se a me cambiasse
qualcosa!". E tornò a fissarsi allo specchio.
Sogghignai. "Ed
eravate tutti e tre nella stessa stanza?". Non so perché, ma la scena mi
divertiva. Lei mi guardò senza afferrare l'ironia. "Ma certo che no!
Sei impazzito? La moglie non sa nulla di noi due. Avevamo stanze
separate. E ogni tanto lui veniva a farmi visita!". Gesù! Sarai pure uno
schianto, bambola, ma quanto a perspicacia stai messa maluccio!
"Già, certo, che stupido che sono! E così, una sveltina prima
dell'aperitivo con la moglie, giusto? E poi tu a fare shopping sugli
Champs a spese sue, dico bene?". Mi sorrise soddisfatta. "Hai detto
bene!" rispose avvicinandosi lentamente.
Anna era così. Prendere o
lasciare! Faceva del suo corpo un arma di sopravvivenza. In effetti la
sua bellezza era sconvolgente, travolgente, da far ammattire anche il
più sano di mente. Molti uomini si erano rovinati per lei. Matrimoni
mandati a puttane, fortune dilapidate, vite distrutte. Tutto per
rincorrere il sogno e la speranza di averla tutta per se. Speranza vana!
Anna non era una preda facile. Lei non chiedeva, non aveva un
tariffario. Lei sceglieva in base alla convenienza. Un
bell'appartamento, un'auto sportiva, un viaggio a cinque stelle, abiti
da tre zeri. Si concedeva a chi le concedeva. E chi le concedeva di più,
magari, aveva in premio un po più di tempo. Ma Anna concedeva solo il
suo corpo che il resto, per lei, non esisteva. Anna amava solo una
persona. Se stessa. E di questo non ne ero neanche gran che sicuro.
"E allora perché sei qui?" le domandai quasi in tono di sfida. Non avevo
nulla da perdere. Pertanto non avevo nulla da rischiare! Mi appoggiò le
mani sul petto. I suoi occhi scintillavano. Le sue labbra sorridevano
appena. I suoi capezzoli erano turgidi. Abbassò lo sguardo. Scoppiai a
ridere. "Ah beh, ti capisco! Parigi o non Parigi, a Big Jack è difficile
resistere!". Le feci l'occhiolino. Tanto.....non avevo nulla da
perdere!
Scivolò inginocchiandosi fra le mie gambe. I suoi occhi mi
fissavano. Le sue labbra iniziarono a sfiorarmi il glande. Big Jack si
mise subito sull'attenti. Le infilai una mano fra i capelli. Sentivo il
suo respiro sulla pelle tesa. E intanto i suoi occhi continuavano a
fissarmi.
Anna era così. Prendere o lasciare! Decideva lei. Il
quando, il come e il dove. Il quanto invece, con me, non aveva senso.
Semplicemente perché non avevo nulla da offrirle. O quasi! Sostenni il
suo sguardo e tornai a sorseggiare la birra che avevo aperto. Io non ero
come uno dei tanti che si era rovinato, o che era pronto a rovinarsi,
per lei. Non lo ero non perché fossi speciale, semplicemente perché non
ne avevo i mezzi. Altrimenti mi sarei accodato alla schiera!
Era
figlia di un lattoniere e di una donna delle pulizie. E di quel mondo,
lei, non ne voleva più sapere. Aveva tentato con la televisione.
Scopandosi qualche impresario era riuscita ad avere qualche fugace
apparizione. Ma nulla di che. Già tutto dimenticato. Ben presto però
scoprì il lato debole degli uomini, degli uomini ricchi, degli uomini di
potere. E iniziò a sfruttarlo alla perfezione. Talmente bene che ora si
poteva permettere un grande appartamento in centro a Milano, un paio di
auto costosissime e boutique sempre aperte e disponibili nei suoi
confronti. I genitori, senza rimpianti, se li era dimenticati!
Glielo cacciai tutto in bocca. Così, tanto per ribadire una puerile
superiorità maschile che non esisteva. Lei non fece una piega e mi
spompinò a dovere. Talmente a dovere che alla fine rimasi senza fiato!
Quindi si rialzò, si rivestì e con tutta naturalezza mi disse "Devo
andare dal parrucchiere. Questa sera mi passa a prendere un pezzo grosso
della finanza. Cena con i suoi amici e poi sicuramente vorrà il dolce
da me!". Mi sorrise maliziosa. "Sai com'è! Mi piacerebbe tanto avere una
bella casettina a Cortina. Adoro la neve in inverno!". Mi accarezzò una
guancia. "Beh, nel qual caso ricordati di me. A Big Jack non
dispiacerebbe darti una ripassata davanti a un bel camino
scoppiettante!". Mi schiaffeggiò scherzosamente. "Stronzo!". E questo fu
il suo commiato prima di uscire da casa mia.
Mi distesi nuovamente
nel letto. Effettivamente facevo fatica a capire. Capire il perché
saltuariamente una così venisse da me. Forse, io, ero la sua nemesi.
Forse aveva bisogno, ogni tanto, di tornare a sentire la puzza da dove
proveniva, da dove era stata concepita, da dove era fuggita. Una sorta
di ritorno alle origini.
Non che me ne fregasse gran che. Me la
scopavo, ed era una gran scopata. Tanto mi bastava. Sorrisi. Il mondo
stava andando a puttane e di eroi ormai non ce n'erano più. Mi sentivo
come una delle ultime cariatidi sopravvissute a un cataclisma totale.
Ora regnavano loro, quelle e quelli come Anna, disincantati, senza
poesia, pronti a tutto e con un nuovo fiammante Maserati sotto il culo.
Il mio tempo era passato, senza nemmeno che me ne accorgessi!
Quella
sera, in suo onore, decisi di rileggermi uno dei miei romanzi
preferiti. Nanà di Zola. In fondo, a ben pensarci, Anna era proprio
così. Esattamente la mia Nanà!
Dedicato a Martina Galvani, mai come in questo caso mio assoluto genio ispiratore!
Ringrazio Claudia Gizzi per la gentilezza nell'avermi concesso l'utilizzo di una sua foto.
"Ancora non capisco cosa io ci faccia qui!" mi disse quasi con noncuranza, quasi che io non fossi presente, quasi non volesse essere un'offesa ma una semplice constatazione. Mi guardai attorno. Cristo, come darle torto?
Mi alzai dal letto e mi diressi verso la cucina. Pochi passi, beninteso, che il tutto era racchiuso in un unico locale. Soggiorno, camera da letto, cucina a vista. Monolocale in affitto, uno degli ultimi caseggiati di via Ripamonti, termine ultimo della periferia milanese prima che iniziassero campi incolti e svincoli autostradali.
Mi aprii una birra, mi appoggiai al lavello e la guardai. Ero completamente nudo. "Sono appena tornata da Parigi. Hotel cinque stelle extra lusso. Ha pagato tutto lui, ovviamente. Il mio notaio. Figurati che si è portato dietro anche la moglie! Questa volta non poteva lasciarla a casa, mi ha detto. Come se a me cambiasse qualcosa!". E tornò a fissarsi allo specchio.
Sogghignai. "Ed eravate tutti e tre nella stessa stanza?". Non so perché, ma la scena mi divertiva. Lei mi guardò senza afferrare l'ironia. "Ma certo che no! Sei impazzito? La moglie non sa nulla di noi due. Avevamo stanze separate. E ogni tanto lui veniva a farmi visita!". Gesù! Sarai pure uno schianto, bambola, ma quanto a perspicacia stai messa maluccio!
"Già, certo, che stupido che sono! E così, una sveltina prima dell'aperitivo con la moglie, giusto? E poi tu a fare shopping sugli Champs a spese sue, dico bene?". Mi sorrise soddisfatta. "Hai detto bene!" rispose avvicinandosi lentamente.
Anna era così. Prendere o lasciare! Faceva del suo corpo un arma di sopravvivenza. In effetti la sua bellezza era sconvolgente, travolgente, da far ammattire anche il più sano di mente. Molti uomini si erano rovinati per lei. Matrimoni mandati a puttane, fortune dilapidate, vite distrutte. Tutto per rincorrere il sogno e la speranza di averla tutta per se. Speranza vana! Anna non era una preda facile. Lei non chiedeva, non aveva un tariffario. Lei sceglieva in base alla convenienza. Un bell'appartamento, un'auto sportiva, un viaggio a cinque stelle, abiti da tre zeri. Si concedeva a chi le concedeva. E chi le concedeva di più, magari, aveva in premio un po più di tempo. Ma Anna concedeva solo il suo corpo che il resto, per lei, non esisteva. Anna amava solo una persona. Se stessa. E di questo non ne ero neanche gran che sicuro.
"E allora perché sei qui?" le domandai quasi in tono di sfida. Non avevo nulla da perdere. Pertanto non avevo nulla da rischiare! Mi appoggiò le mani sul petto. I suoi occhi scintillavano. Le sue labbra sorridevano appena. I suoi capezzoli erano turgidi. Abbassò lo sguardo. Scoppiai a ridere. "Ah beh, ti capisco! Parigi o non Parigi, a Big Jack è difficile resistere!". Le feci l'occhiolino. Tanto.....non avevo nulla da perdere!
Scivolò inginocchiandosi fra le mie gambe. I suoi occhi mi fissavano. Le sue labbra iniziarono a sfiorarmi il glande. Big Jack si mise subito sull'attenti. Le infilai una mano fra i capelli. Sentivo il suo respiro sulla pelle tesa. E intanto i suoi occhi continuavano a fissarmi.
Anna era così. Prendere o lasciare! Decideva lei. Il quando, il come e il dove. Il quanto invece, con me, non aveva senso. Semplicemente perché non avevo nulla da offrirle. O quasi! Sostenni il suo sguardo e tornai a sorseggiare la birra che avevo aperto. Io non ero come uno dei tanti che si era rovinato, o che era pronto a rovinarsi, per lei. Non lo ero non perché fossi speciale, semplicemente perché non ne avevo i mezzi. Altrimenti mi sarei accodato alla schiera!
Era figlia di un lattoniere e di una donna delle pulizie. E di quel mondo, lei, non ne voleva più sapere. Aveva tentato con la televisione. Scopandosi qualche impresario era riuscita ad avere qualche fugace apparizione. Ma nulla di che. Già tutto dimenticato. Ben presto però scoprì il lato debole degli uomini, degli uomini ricchi, degli uomini di potere. E iniziò a sfruttarlo alla perfezione. Talmente bene che ora si poteva permettere un grande appartamento in centro a Milano, un paio di auto costosissime e boutique sempre aperte e disponibili nei suoi confronti. I genitori, senza rimpianti, se li era dimenticati!
Glielo cacciai tutto in bocca. Così, tanto per ribadire una puerile superiorità maschile che non esisteva. Lei non fece una piega e mi spompinò a dovere. Talmente a dovere che alla fine rimasi senza fiato! Quindi si rialzò, si rivestì e con tutta naturalezza mi disse "Devo andare dal parrucchiere. Questa sera mi passa a prendere un pezzo grosso della finanza. Cena con i suoi amici e poi sicuramente vorrà il dolce da me!". Mi sorrise maliziosa. "Sai com'è! Mi piacerebbe tanto avere una bella casettina a Cortina. Adoro la neve in inverno!". Mi accarezzò una guancia. "Beh, nel qual caso ricordati di me. A Big Jack non dispiacerebbe darti una ripassata davanti a un bel camino scoppiettante!". Mi schiaffeggiò scherzosamente. "Stronzo!". E questo fu il suo commiato prima di uscire da casa mia.
Mi distesi nuovamente nel letto. Effettivamente facevo fatica a capire. Capire il perché saltuariamente una così venisse da me. Forse, io, ero la sua nemesi. Forse aveva bisogno, ogni tanto, di tornare a sentire la puzza da dove proveniva, da dove era stata concepita, da dove era fuggita. Una sorta di ritorno alle origini.
Non che me ne fregasse gran che. Me la scopavo, ed era una gran scopata. Tanto mi bastava. Sorrisi. Il mondo stava andando a puttane e di eroi ormai non ce n'erano più. Mi sentivo come una delle ultime cariatidi sopravvissute a un cataclisma totale. Ora regnavano loro, quelle e quelli come Anna, disincantati, senza poesia, pronti a tutto e con un nuovo fiammante Maserati sotto il culo. Il mio tempo era passato, senza nemmeno che me ne accorgessi!
Quella sera, in suo onore, decisi di rileggermi uno dei miei romanzi preferiti. Nanà di Zola. In fondo, a ben pensarci, Anna era proprio così. Esattamente la mia Nanà!
Dedicato a Martina Galvani, mai come in questo caso mio assoluto genio ispiratore!
Ringrazio Claudia Gizzi per la gentilezza nell'avermi concesso l'utilizzo di una sua foto.
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