***PAGINE DEGLI AUTORI ***
DOPPIA COPPIA ( Cahiers del tempo che fu ) di Andrea Lagrein
La
mia vecchia Ford Fiesta nera. Il ciglio di una strada sterrata chiusa.
La discarica poco distante. Notte fonda fiocamente illuminata da un
lampione danneggiato. Soffuso rumore in lontananza proveniente
dall'autostrada. Afosa calura di un luglio particolarmente infuocato.
Gretto e squallido paesaggio di periferia urbana.
Venerdì sera.
Venerdì come tanti altri. Serata d'incoerenza. Cosa facciamo, cosa non
facciamo. Dove andiamo, dove non andiamo. Auto senza meta. Strada senza
uscita. Caldo, tanto caldo. Due chiacchiere. Una sigaretta, due
sigarette, tre sigarette. Cielo stellato. Le cosce ben in vista di
Laura. Il culo ben sagomato di Silvia. Cosa facciamo, dove andiamo.
Momento fugace. Abbraccio Laura. Bacio Laura. Afa, tanta afa. Ma
l'uccello diventa duro. Mozzicone per terra. La portiera dell'auto che
si apre. Serata di follia.
La vita scorreva rapida senza che noi ne potessimo afferrare un senso e un nesso logico.
Il futuro si tingeva di foschi presagi e noi a vivere la nostra incerta precarietà.
Era il nostro tempo, tempo di follia, in cui rivendicare al mondo intero le nostra stessa essenza vitale.
La mia mano scivolò sui suoi fianchi e decisa le afferrò il culo,
affondando nel morbido della sua pelle. Laura era stesa sul sedile
anteriore della mia auto. Il calore della passione sciolse i pensieri
fino a precipitarci nel vuoto delle nostre menti.
Un vuoto in cui
perdersi volentieri se aveva il caldo tepore della sua fica. Lei mi
accolse con tutta la sua voluttuosità. La mia verga la penetrò al suono
dei nostri sommessi ansimi e gemiti. Le sue braccia si strinsero alla
mia schiena, i suoi occhi si chiusero, le sue labbra si aprirono in
sospiri di puro piacere.
E più la scopavo, più cresceva la nostra
lussuria. Di tutti e quattro! Eh sì, perché, oltre a noi due, in
macchina c'erano anche Silvia e Donato, una coppia di nostri amici.
Fica. Sperma. Godimento. Lussuria. Vita. Vita. Vita. Nessun futuro.
Nessun orizzonte. Nessun progetto. Presente. Attualità. Vivere. Le sue
cosce. Il mio uccello. Il nostro orgasmo. Caldo, tanto caldo. La mia
vecchia Ford Fiesta nera. Afa. Afa asfissiante. Afa stantia. Puzza di
sesso. Puzza di discarica. Gretta e squallida periferia urbana. Noi due.
Noi quattro. Noi tutti. E null'altro se non la mia vecchia Ford Fiesta
nera.
Mi eccitai ancor di più quando intravvidi il candore
della pelle della coscia di Silvia. Erano seduti sul sedile posteriore.
Scopavo Laura lentamente, ma con lo sguardo non mi perdevo nemmeno una
minima azione dei nostri amici. Donato con foga infilò due dita nella
sua fica, strappandole un lieve lamento di goduria. Contemporaneamente
lei gli sfilò appena pantaloni e boxer, stringendo la mano sull'uccello
già bello e duro. Iniziai a fottere Laura con foga sempre più
animalesca. La penetravo con colpi secchi e violenti, mentre lei
rispondeva serrando con maggior forza i miei fianchi fra le cosce. Quasi
fossero incitati dai nostri ansimi, anche Silvia e Donato si
abbandonarono completamente ai loro istinti selvaggi. Lui si spostò
velocemente, le divaricò le gambe e le si inginocchiò davanti. Lei fece
scivolare le mani sui suoi fianchi, gli afferrò il cazzo e lo attirò a
sé.
La discarica. La mia vecchia Ford. Ansimi. Gemiti. Urla.
Godimento. Follia. Vita. Gioventù. Afa. Caldo. Sudore. Le sue cosce. Il
suo uccello. Il suo culo. La mia eccitazione. Lei. Io. Noi. Sesso.
Speranza. Futuro. Un venerdì sera. L'autostrada. Il lampione rotto. Le
nostre voglie. Le nostre vite. I nostri godimenti. Odore di discarica.
Odore di follia. Odore di orgasmo. Noi. Noi quattro. E la mia vecchia
Ford Fiesta nera.
Silvia urlò e iniziò a gemere dal piacere.
Anche loro persero il controllo, dimentichi ormai di noi due lì
davanti. Ognuno di noi s'era perso nel proprio universo di lussuria. E a
me piaceva, Dio quanto mi piaceva, quella situazione. Affondavo nel
corpo di Laura e avvertivo la sua fica colma e fradicia di godimento. I
suoi gemiti si fecero più convulsi. I suoi occhi si chiusero. Le sue
labbra si aprirono. Io spingevo ormai come un ossesso, infilandole
l'uccello fino in fondo, quasi la volessi sfondare tutta quanta.
Selvaggio e brutale, cattivo e violento. Sentivo i gemiti di Silvia. Una
furia cieca s'impadronì di me. Sentivo l'odore pungente dei loro sessi.
Sentivo il puzzo di figa bagnata. Sentivo il tanfo di corpi sudati
avvolti dall'afa. E tutto questo mi eccitava, cazzo se mi eccitava! Poi
d'improvviso, Silvia allungò una gamba. Così facendo il suo piede si
appoggiò sul sedile dove eravamo sdraiati noi. Non so se se ne accorse,
ma nella frenesia del momento nessuno vi badò. Lentamente il suo piede
scivolò dal poggiatesta fin sulla spalla di Laura, usandola come punto
d'appoggio per prendere meglio la verga di Donato. Laura non parve
nemmeno accorgersene, tanto intenta era nel cercare il proprio
godimento. Ma me ne accorsi io. Le mie labbra stavano baciando,
succhiando, mordendo le sue guance finché lasciai scivolare il viso
sulla sua spalla. E lì mi ritrovai il piede di Silvia. Le dita
sfioravano quasi la mia bocca. Non ci pensai su molto. La mia
eccitazione era al limite. Socchiusi le labbra e iniziai a baciarle il
piede mentre continuavo a fottere Laura. Non so se Silvia se ne accorse,
ma se anche fosse non lo diede a vedere. Anzi! La mia sensazione era
che le piacesse. Il mio istinto mi diceva che la faceva impazzire essere
scopata dal proprio ragazzo mentre un altro le leccava i piedi. E la
conferma la ebbi quando sollevò leggermente la gamba lasciando solo il
tallone conficcato nella spalla di Laura e con gesto repentino infilò le
dita nella mia bocca. Cazzo, ero fuori di me per l'eccitazione! Posai
una mano sulla testa di Laura per poterla fottere con più forza. Con
l'altra invece afferrai la caviglia di Silvia e iniziai a leccarle
voracemente il piede. L'uccello mi stava per esplodere. E infatti, di lì
a poco, esplosi in un rauco grido. Anche Laura venne e alla fine,
esausti, ci accasciammo l'uno sull'altra.
Follia. Immoralità.
Volgarità. Bestialità. Sul ciglio di una strada. In una piccola, vecchia
Ford Fiesta nera. Periferia urbana. Voglia di emergere. Voglia di
scappare. Voglia di scopare. Caldo, fa tanto caldo. Nessun futuro.
Nessun passato. Solo presente. Vivere. Vivere fino in fondo. Vivere fino
alle oscure radici della follia. Fica. Cazzo. Sperma. Vita. Vita. Vita.
E voi tutti andate a farvi fottere!
Nella mia piccola auto quattro ragazzi diedero sfogo al loro puro istinto vitale.
Ma in quell'abitacolo vi era solo la fragilità di chi, come noi, ci sentivamo persi in un futuro sempre più precario.
Un futuro oscuro che tentavamo di illuminare con i nostri sogni, le
nostre follie. Follia di chi, ventenne, credeva ancora di vivere
inebriandosi di progetti e sensazioni con cui contrastare la società dei
nostri padri, società da abbattere e ricostruire con i colori del
nostro tempo. Eravamo noi i folli, che scopavamo in quattro su una
piccola utilitaria, o forse folli erano chi si massacrava per un diverso
credo religioso, per un lembo di terra, per una razza ritenuta
sbagliata, per del vile denaro o per biechi interessi di bottega? Forse
eravamo proprio noi i folli, che sognavano di cambiare il mondo.
Sicuramente eravamo noi i folli che, incuranti della morale comune,
godevamo dei nostri corpi sul ciglio di una strada fiocamente
illuminata, in una notte estiva, cercando di allontanare l'obbrobrio di
chi, per il bene comune, continuava a stuprare le nostre anime e i
nostri sogni!
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