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SULLE MIE GINOCCHIA di Allie Walker
Mi
aveva fatto chinare, in ginocchio, il culo sollevato. Ero pronta, ma
timorosa. Avevo paura di sperimentare una liberazione che sentivo quasi
pericolosa.
Chi e che cosa mi avrebbe fatto rilassare e assaporare
le emozioni? Come avrei potuto guardarmi e guardare lui una volta che
tutto fosse finito? Che intenzioni aveva realmente?
Per il momento,
tutto quello che potevo fare era controllare il mio respiro, era
l’unica cosa che non mi era stata impedita di fare. Lo sbirciavo di
sottecchi, mi guardava serio, nemmeno l’ombra di un sorriso o un ghigno e
mi chiedevo: ma il mio corpo quasi completamente nudo è seduzione? O
cosa? Come mi vede? Cosa succederà se le diavolerie di cui mi ha
parlato, non avranno l’effetto che si aspetta? Riuscirò a piegare il mio
corpo completamente alla sua volontà?
Non mi era permesso parlare, ma i pensieri si appoggiavano sulla lingua
ed ero sul punto di vomitarli, quando lui si mosse attorno a me.
Presi un lungo respiro, poi un altro e un altro ancora e, mentre il
corpo stava abbandonando naturalmente la tensione, fu allora che sentii
un altro respiro che si accompagnava a quello dei polmoni che mi si
gonfiavano nel petto.
La fica si contraeva, pulsava senza controllo
alcuno, sotto il tessuto leggero del perizoma che la ricopriva, proprio
come se respirasse.
Sentii le mani di lui sulle natiche, le dita
afferrare il sottile filo che si nascondeva tra la carne, tirarlo e poi
strapparlo in un solo colpo. Ero completamente esposta, a quel punto, le
gambe, coperte dalle sole autoreggenti, allargate come mi aveva
ordinato e supponevo che le mie labbra glabre fossero il suo oggetto di
perlustrazione. Invece non si mosse, non fece altro.
L’aria fresca
della stanza e un alito di vento leggero, che proveniva da una finestra
aperta, era come se fosse un sussurro sensuale che si appoggiava lieve
sulla pelle. Cominciai a gocciolare. Gli umori colavano sul clitoride,
lentamente. E la fica continuava a pulsare, fremere, sussultare, sempre
più martellante e un fiotto liquido colò copioso. Mi sentivo viva,
esonerata da tutti i sensi di colpa, ossia quelli che mi avevano
indottrinato i miei genitori.
Imperturbabile nella mia posizione,
godevo appieno, per la prima volta, della mia sessualità, Godevo senza
essere toccata, godevo senza ritegno, godevo come la zoccola che non
pensavo di essere.
Abbassai ancor di più la testa a guardami fra le
gambe, scossa da un ultimo fremito. Sentii la smorfia di un sorriso
disegnarmisi sulle labbra, quando lui mi afferrò per i capelli
costringendomi ad alzare il capo a guardarlo. Scorsi a malapena il suo
ghigno soddisfatto, prima che le sue labbra raggiungessero le mie.
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