martedì 2 luglio 2013

INFERI di Giuseppe Balsamo




Quando misi il piede nella pozzanghera mi trattenni dall’imprecare, la strada era buia e bagnata, continuava a piovere e loro due si trovavano ad un centinaio di metri davanti a me. L’uomo quasi la trascinava ed io seguivo le loro ombre a distanza, finchè non scomparvero in un vicoletto buio. Brividi di freddo percorrevano il mio corpo ed immaginai cosa potesse provare lei in quel frangente. Mi ritrovai davanti quella porticina antica in legno scuro, senza sapere che la parte frontale di quella costruzione era una bella chiesa barocca del ‘600. Qualche attimo di incertezza poi mi decisi a spingerla ed entrare: cercando di non far rumore percorsi il piccolo corridoio mal illuminato. Seguii le voce ossessive, ripetitive, le frasi in latino e l’odore forte di incenso e cera bruciata, finchè mi ritrovai al limite della navata centrale. Le poche candele accese rendevano l’ambiente spettrale e solo l’altare era ben visibile. Nessuno sembrava far caso a me, nonostante l’ora tarda la navata centrale era gremita, cercai tra i visi ed i profili delle persone e la individuai poco lontano in compagnia di quell’uomo, in piedi a fianco a lui, entrambi come tutti guardavano in silenzio i movimenti lenti del sacerdote, ascoltavano le sue litanie incomprensibili.
Aveva cominciato col dirle che stava cambiando, che non era più in sé, in realtà lei aveva solo smesso di vivere come voleva lui, esplorando nuovi territori che evidentemente appagavano lei ma non servivano a lui. L’uomo non poteva accettarlo, voleva convincerla che quei cambiamenti dovevano avere una spiegazione plausibile, non essendo stato in grado di trovarne una razionale cominciò a pensare che fosse opera del demonio ed ora erano insieme lì per cacciarlo in un esorcismo che sarebbe stato inutile e traumatico. Mi sedetti in fondo fra gli ultimi, guardavo i volti delle persone vicine ma loro non guardavano me; sentivo le voci, le cantilene ossessive, l’odore forte e rancido della pazzia e mi addormentai o semplicemente persi i sensi perché non volevo accettare tutto ciò, incappando anche io nello stesso errore di quell’uomo su cui sapevo tutto e però non sapeva nulla di me.
Passai la soglia del sonno e mi addentrai lentamente nel territorio sconosciuto dei sogni, lì ebbi la certezza che il paradiso non esiste. Mi trovavo in un Super Mercato: neon accecanti e luci di ogni tipo, musica ad alto volume, annunci in una lingua che non capivo. Col mio carrello vuoto mi aggiravo tra gli scaffali ricolmi di ogni tipo di merce, c’era veramente tutto; solo l’inferno era quindi il luogo ove era possibile soddisfare ogni esigenza umana. Come su rotaie avanzavo lentamente tra gli scaffali, senza potermi fermare. Un lento incedere inarrestabile a cui eravamo condannati per l’eternità. Potevo solo muovere le braccia e riempire il carrello con tutto ciò che desideravo; non ero solo, c’erano altri dannati che come me si aggiravano per quei corridoi tanto lunghi da sembrare infiniti, rumorosi da esserne assordato, luminosi da rimanerne accecato. Seguii l’esempio degli altri, cominciando freneticamente e compulsivamente a prendere quello che mi interessava, inconsapevole che una volta che il carrello sarebbe stato colmo, per incanto si sarebbe nuovamente svuotavo, costringendoti ai compiere qui gesti nuovamente ed all’infinito; finchè ti trovavi esausto, dolorante, sudato ed inappagato. Non potevi fermarmi, non riuscivo a fermarmi dovevo continuare e continuare e continuare.
Molte persone passavano accanto a me, su rotaie diverse, ognuno aveva la sua. Tra i tanti volti ignoti cominciai a riconoscerne qualcuno. Eravamo tutti lì: io ed i miei amici, i conoscenti, i parenti, le mie vecchie fiamme, le passioni di una notte, i buongiorno e buona sera, non mancava proprio nessuno. Ogni tanto i nostri occhi si incrociavano e sorridevamo furtivi come i “ladri di merendine”; durava solo un istante però, perché poi ritornavamo alle nostre merci ed ai nostri binari che non portavano da nessuna parte, chiusi in quel cerchio infinito che era il super mercato.
Nella parte riservata agli oggetti da cartoleria riconobbi l’uomo con la barba: insolito scrittore aveva il carrello ricolmo di risme di carta ingiallite e confezioni di matite, ogni volta che scomparivano, lacrime trasparenti gli solcavano il viso, c’era una donna giunonica, aveva il carrello pieno di buste e lettere che doveva scrivere, racchiuse da nastri rosa che cercava di annodare inutilmente per non farle scappare.
Arrivai al reparto giochi, un cavaliere dal mantello consunto cercava la sua spada di plastica, la sua tavola rotonda e la sua dama. Dietro di lui un uomo riempiva il carrello di maschere ed emozioni. A ruota una giovane donna li seguivano, prendeva libri di barzellette e rideva ripetutamente di un’allegria inverosimile. Passai dal reparto pasta e c’era una che conoscevo, cercava la formula magica per l’impasto perfetto, consapevole che non ci sarebbe mai riuscita.
Una donna imbronciata riempiva il carrello di rullini fotografici, alla ricerca dell’immagine pura, della situazione perfetta. L’uomo dietro di lei comprava carte da gioco truccate, finalmente consapevole di meritare la sua vittoria.
Al reparto carni una giovane donna osservava cinica e dura i macellai: demoni insanguinati ed assetati di vendetta che facevano il loro dovere . Inorridito, passai velocemente oltre e davanti alle casse, una donna triste dagli occhi cerulei riusciva a rallentare l’incedere dell’uomo che amava, subito dietro di lui.
Cercavo di trattenermi ma dovevo prendere la merce, prendevo di tutto forse perché non sapevo veramente cosa cercavo. Finalmente la incrociai, i miei occhi nei suoi, ci sorridevamo, ma non riuscivamo a parlarci. Riuscimmo però a toccarci con la mano e fu bellissimo. Superandola mi girai indietro e la trovai a guardarmi, entrambi cercammo di andare più veloci, sperando di incrociarci nuovamente, di poterci toccare per l’eternità ad ogni giro di giostra.
Allungai lo sguardo verso un immenso piazzale, mi accorsi che era pieno di merce natalizia: cumuli di panettoni e pandori. Mi stavo sbagliando, erano solo altri di noi fermi in attesa di prendere il loro carrello. Con la loro forma perfetta e rotonda erano le Anime degli Uomini e delle Donne; poco distante c’erano anche se in misura minore anche delle “colombe pasquali”; quei dolci tristemente fuori luogo mi spinsero a piangere, non sono così duro come qualcuno pensa.
Un calore poi avvolse il mio corpo, sentii le sue mani che mi cercavano, carezzavano il mio corpo, mi girai verso di lei e mi resi conto di essere a letto, la abbracciai felice, facendola salire su di me.
“Stai sognando!!”, era la sua voce che cercava di svegliarmi da quell’incubo, aprii gli occhi solo quando la penetrai a fondo e lentamente. Mentre entravo dentro la sua anima l’orgasmo ci avvolse. Poi chiusi di nuovo gli occhi mentre la sua lingua tiepida percorreva il mio petto, spingendosi giù verso il mio sesso ancora turgido di piacere. Stetti lì con il suo viso sul mio petto, le sue mani che giocavano con i miei brividi e la mia angoscia. Allungai un braccio per toccarle i capelli ed i glutei sodi, sincerandomi che fosse vero, assicurandomi che mi ero sbagliato e che il paradiso esiste.

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