***PAGINE DEGLI AUTORI ***
L'AMICO NON AMICO di Gianluca Jazz Giannini
- Non ho mai pensato a te se non come un caro amico.
Caspita che rivelazione, è una di quelle frasi che ti mette
fuorigioco. Out per tutto il campionato. Avevo passato l'ultima parte
della mia vita (gli ultimi due anni e mezzo) con il suo desiderio tra le
mani. Sprecando ovviamente litri del mio seme. Mattina e sera, da
quando mi alzavo a quando andavo a letto. Lei, il mio chiodo fisso.
La mia finestra infatti mi consentiva di vedere ogni suo movimento sbirciando attraverso la sua.
Quella frase ora chiudeva ogni porta, ogni speranza. Da oggi me la
sarei dovuta scordare. Avrei dovuto dimenticare i vestiti trasparenti
che indossava, i mini completini che non lasciavano sfuggire niente
alla mia fervida immaginazione adolescenziale e le sue sfilate nella sua
stanza, dove lei era assolutamente inconsapevole che i miei occhi si
riempivano di lei.
Si perché la storia che sto per raccontarvi appartiene al mio passato giovanile.
Lei era di qualche anno più grande di me. Un divario che io cercavo
appunto di colmare osservandola di nascosto dalla mia finestra. Abitava
allo stesso piano, non proprio dirimpettai, ma vicini di casa.
Dicevo... che non faceva caso a me, non mi considerava, per cui questo
fattore giocava a mio vantaggio, perché mi consentiva di vederla
passare spesso attraverso la sua finestra, davanti alla mia camera in
abiti sucinti. Aveva un seno già compiuto, uno di quelli per i quali
immagini di fare certe zozzerie e non ti risparmi a fantasticarne 1000
altre.
La vedevo uscire con ragazzi più grandi lei, di quelli che
avevano macchine di lusso, una cravatta per ogni giorno della settimana.
La testa sempre impomatata e l'aria che si impestava di profumi
esotici. Già perchè li faceva salire fino alla sua porta di casa e poi
scompariva insieme a loro, per poi ricomparire sotto, nello spiazzo del
palazzo dove il cavaliere di turno le apriva la portiera dell'auto.
Ma di questo lei non era felice, le mancava qualcosa.
Ecco allora che io, nei miei sogni ero il suo salvatore. L'aspettavo
rincasare, per fantasticare nel reale, la vedevo spogliarsi e
abbassare la tapparella, rinchiusa nella sua solitudine.
Quel giorno
la tapparella non la chiuse, la vidi piangere, sconsalata tra i suoi
avambracci ripiegata sulle sue ginocchia. Il suo corpo sussultava fino
a che non si accorse della mia luce accesa e di me che che ero rimasto
incautamente ad osservarla dalla mia finestra. Si alzò asciugando le
sue lacrime sui suoi avambracci, sbavandosi tutto il trucco della
serata. Ma forse le lacrime glielo avevano già sbavato.
- Non dormi?
- Non ci riesco se so che stai piangendo.
Si era alzata appoggiandosi sul davanzale, lo ricordo bene, aveva una sottoveste trasparente rossa.
- Se non fossi così giovane Gian..
ecco l'aveva detto
- Perchè cosa faresti se non fossi così giovane?
- Niente - disse - Non ho mai pensato a te se non come amico.
- Io però ti ho spesso pensato in modo molto diverso.
Dico audacemente, forse ho scambiato il sogno per la realtà? Dove ho trovato
tutto quel coraggio.
- Davvero Gian? E come mi avresti pensato?
- Sei sicura di volerlo sentire proprio oggi? Non sono cose da dire
affacciati alla finestra. Posso fare una pazzia....vengo da te?
- E come fai è altuccio da qui.
- Scavalco....
- …..
Il desiderio è pazzia, follia allo stato puro.
- Non è altissimo, si può fare passo attraverso il cornicione e sono da
te
(più facile a dirsi che a farsi). L'operazione riesce, una mano sul
mio parapetto e uno su quello della sua finestra.
- Tirami su, gli chiedo. Mi afferra e lascio la presa della mia finestra. Scavalco il suo parapetto e sono da lei
Siamo uno a un passo dall'altra. I nostri respiri si intrecciano,
almeno così sento io, il suo alito profuma di fresco, di menta.
- Sei bella - esordisco
- Dimmi Gian, oggi può essere la tua giornata dell'amico non amico.
- La guardo. Non ho parole, non ho discorsi. Si sono tutti prosciugati dentro le mie labbra. Quelle che ora cercano le sue.
Gesti semplici, e la sua sottoveste scivola giù. Aiutata chiaramente dalle mie mani.
Per un attimo si stacca da me.
- Aspetta Gian. Spegniamo la luce.
La sua pelle diventa blu, la luna ha il colore dell'amicizia e risplende sulla sua pelle.
I suoi capezzoli rispondono ai palmi delle mie mani, raccoglie i
capelli, con un elastico che toglie da non so dove e mi ofre la sua
bocca, baciami Gian, desiderami, oggi voglio essere desiderata.
Mi
prende per le mani e finiamo nel suo letto. La bacio ovunque, seguendo
la spinta delle sue mani verso il suo ventre. L'assaggio con
circospezione, è la prima volta che assaggio una donna li. Sorride.
- Gian, con quante donne sei stato
- ...
Meglio non dirlo, è tutto chiaro, troppo chiaro.
- Vieni qua.
Scende lei su di me. Massaggia il mio sesso con la sua mano. Cerco il
suo, ma sono alquanto impacciato. Mi ferma, accompagna la mia mano sul
suo sesso.
- Ora - mi dice - muoviti piano, cerca di capire come
sono fatta e cosa mi piace e pian piano aumenta il ritmo. Ecco così,
toccami lì. Sento indurirsi quello che poi scopro essere il suo
clitoride. Il suo sesso si sta bagnando diventa più facile percorrerlo,
sentire il suo desiderio che mi chiama dentro. Prima le dita, poi lei
avvicina la mia erezione, la guida e lentamente e la infila dentro di
lei. Apre le gambe e mi invita a muovermi piano. La guardo mentre giaccio
sopra di lei , tra le sue gambe, ora ho tutte le parole che vorrei
dirle. Ho quelle che riescono a scuotere i suoi sensi.
- Sei bella, mi piaci, mi fai impazzire, ti desidero, ti voglio.
Le mie mani si muovono sui seni, si impratichiscono con qualcosa di
completamente nuovo. Vivo. Respira. L'eccitazione è tanta, esplode,
forse presto, forse no. Sicuramente si. Si accorge del mio smarrimento.
- Gian va bene, oggi non mi sono sentita sola. Sei l'amico più non amico che io abbia.
Mi guarda e capisco che sarà l'unica volta. Rimaniamo abbracciati tutta
la notte, fino a che la luna lascia il posto all'alba. Vorrei che ci
fossero 1000 prime volte...
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