martedì 8 ottobre 2013

Kumite di Giuseppe Balsamo



Quando il mattino si svegliò era felicissimo, trovò appeso sulla sedia il nuovo kimono immacolato, di un bianco quasi luccicante.
A fianco, arrotolata, c’era la cintura verde, anche quella nuova di zecca, impreziosita da un piccolo drago dorato. Così lui si sentiva quella mattina, un piccolo drago capace di fare qualsiasi cosa.
Gianluca non riuscì nemmeno a poltrire a letto, come faceva di solito, facendosi richiamare da sua madre almeno una decina di volte. Schizzò fuori dalle coperte, vestendosi in un lampo, con gli stessi abiti del giorno prima, correndo in cucina per far colazione: aveva una fame da lupi, anzi da drago.
Non ci furono molte parole, solo sorrisi di intesa con la sua mamma, si guardavano e sorridevano, sapendo già tutto.
Prese lo zaino al volo, prima di uscire le diede un bacio. Non lo avrebbe mai fatto davanti ai suoi amichetti, ma nell’intimità della casa era una cosa che gli piaceva. Sua madre sapeva di buono, di latte e miele, di gelato. “Grazie!!”, glielo disse felice aprendo la porta, mentre lei lo cacciava fuori sorridente, vedendolo felice.
La giornata a scuola fu lunghissima, troppo lunga, passata a non ascoltare ciò che dicevano i professori, a guardare il verde primaverile fuori dalla finestra, a fare schizzi sul diario di samurai, spade, draghi ed anche un piccolo cuore con l’iniziale della sua compagna più carina.
Non gli passò nemmeno per la testa, uscito dall’aula, di soffermarsi a giocare con gli amici, come di solito faceva. Corse a casa di fretta per mangiare qualcosa al volo, niente compiti quel pomeriggio, quello era il suo pomeriggio, era la sua giornata.
Le due ore dopo pranzo furono le più lunghe, girava per casa agitato, fremeva. Preparava, svuotava e nuovamente rifaceva il borsone della palestra, cercando di non dimenticare nulla, continuando a controllare l’orologio di Spiderman. Glielo avevano regalato per la prima comunione e lui ancora lo portava.
Finalmente le 16:00; diede a sua madre un abbraccio e lei lo salutò frettolosamente ancora impegnata a rassettare la casa:”in bocca al lupo Gianluca!! Ci vediamo là..”. Un tonfo clamoroso, la porta di casa che si abbatteva, poi la sua corsa giù per le scale.
Era il primo a combattere quel pomeriggio, era la sua prima volta in realtà, l’emozione e l’adrenalina lo stavano divorando.
Finalmente l’annuncio del suo nome da parte della giuria, si sentì addosso gli occhi di tutti: dei compagni, del pubblico. Cercò lo sguardo di sua madre, lo trovò rassicurante fra la platea. Sorrideva e batteva le mani: era orgogliosa di lui, era orgogliosa del suo piccolo grande uomo.
Non se ne rendeva conto, ma era già bello. Una bellezza acerba vero, ma che prometteva di trasformarlo in un uomo affascinante. Stava bene nel suo nuovo kimono, intento a scaldarsi in movimenti lenti e precisi, che facevano risuonare il tessuto rigido in schiocchi decisi che cadenzavano la perfezione di quei movimenti studiati.
Quando annunciarono il nome del suo avversario e lo vide avvicinarsi al tatami verde, all’eccitazione del momento si mescolò la paura. Sentiva il cuore battergli nel petto ma non lo dava a vedere, concentrato a guardare gli occhi del suo coetaneo, che ora vedeva più grosso di lui, più bravo di lui, lui sì un vero drago.
Preso da emozione e timore salì sul tatami. Nel silenzio del pubblico, dopo l’ordine dell’arbitro si scambiarono il saluto di rito, poi tutto ebbe inizio; quello che aspettava da tanto cominciò.
Saltellavano entrambi studiando attentamente l’uno i movimenti dell’altro, si sentiva soltanto il rumore dei piedi nudi che impattavano leggeri sul tatami, il respiro di entrambi. Fu il suo avversario a colpire per primo; il “mai geri” partì all’improvviso cercando il ventre di Gianluca. Il calcio frontale fortunatamente andò a vuoto, Gianluca riuscì a scansarlo facendo una mezza rotazione col copro, sferrando contemporaneamente un pugno diretto al petto del suo avversario che andò a centro. L’arbitrò sottolineò il punto e Gianluca sorrise soddisfatto, riprendo la posizione di guardia, sentendosi ora più rilassato. Ancora saltelli finchè trovò lo spazio per sferrare un calcio. Si sentiva sicuro, mai stato granchè bravo con i pugni, troppo basso e le sue braccia troppo corte per colpire con facilità, ma i calci erano il suo forte. Diede potenza sbilanciandosi in avanti, quando sentì la spazzata del suo coetaneo che attingeva l’unica gamba su cui si sorreggeva era troppo tardi. Si trovò con la schiena a terra, un dolore che risaliva dalla spina dorsale ed il pungo dell’altro fermo a pochi millimetri dal suo viso. L’arbitro urlò, segnando il punto in suo sfavore. Faticò a rialzarsi; ora saltellava con difficoltà per il male al fondo schiena, senza più riuscire ad utilizzare le gambe. Mancavano ormai pochi secondi, riuscì a parare un pugno ed a sferrarne uno di incontro: aveva vinto!
Incredulo, non sentiva più dolore, sentiva i compagni di squadra che lo abbracciavano, il maestro che si congratulava con lui, la madre che applaudiva orgogliosa.
Infine si avvicinò lei, la più carina della classe, sentì le sue labbra posarsi sulle sue. Un bacio innocente, allo stesso tempo allusivo, dolce, intenso, tiepido, come il sole di quella primavera. Si sentiva un drago, gli occhi di quella ragazzina, lo facevano sentire un uomo, avrebbe disegnato cuori con il suo nome fino a farsi venire i crampi alla mano.
Guardò ancora un attimo la pagina Face Book, il messaggio mandatole da quella donna, ancora bella nonostante i quarant’anni appena compiuti. Passò un dito sullo schermo, su quell’immagine. Una foto ingiallita passata allo scanner. Vi era un ragazzino con buffi capelli lunghi, pettinati alla “Scialpi”, tanto in voga in quegli anni. Il kimono non era poi così bianco ed immacolato, sembrava quasi giallognolo. Probabilmente per effetto della vecchia fotografia.
Lesse un’ultima volta il messaggio di lei:”Il tuo primo combattimento, il mio primo bacio”. Sorrise e si decise a spegnere il computer.
Un ronzio ruppe il silenzio, Gianluca azionò le ruote della sua sedia a rotelle ed andò in camera da letto.
Era notte, quanto tempo era passato dal suo esordio.

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