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TERAPIA DI COPPIA di Giuseppe Balsamo
Anche
quella sera lui le scivolò a fianco, allungando la mano verso
l’abat-jour spegnendo la luce. Nemmeno un buona notte, nessuna parola.
Dopo breve sentì il respiro pesante di colui che una volta era il suo
amante, oltre che marito. Molte immagini gli si affollarono nel buio,
sentiva nello stomaco una rabbia che cresceva fino a raggiungere gli
occhi aperti nella notte. Lacrime calde sgorgarono sul suo viso, il
pensiero di allungare una mano verso di lui affiorò veloce come un treno
in corsa, ma come un convoglio ferroviario immediatamente svanì nel
nulla; sarebbe solamente servito a guadagnarsi l’ennesimo rifiuto;
ancora una volta si sarebbe sentita ripetere: “Non fai un cazzo tutto il
giorno e la notte vuoi scopare?, io sono stanco ho lavorato cazzo!!”.
Lentamente il sonno arrivo, liberatorio, blando, in grado di
tranquillizzarla per qualche ora, come bonaccia sul mare increspato.
Quel pensiero lo rimuginava ormai da qualche mese, era solo indecisa su
come affrontare il discorso. L’avrebbe trattata sicuramente come una
troia, come l’ultima delle puttane, ma forse era meglio quello
dell’indifferenza che, ormai, li stava distruggendo. Prese la sua
decisione, che accadesse quello che doveva accadere.
Quella sera
dopo cena, aspettò che anche lui fosse seduto sul divano, completamente
immerso in qualche insulso evento calcistico. Queste cazzo di partite
ormai le facevano ogni sera; in mancanza della diretta c’era qualche
imperdibile differita che lo attirava più di qualsiasi impresa erotica.
Decise di provare, prese il suo I pad, scelse la home page dell’unico
“Club Privè” presente in provincia, annunciò come sempre che andava a
struccarsi e poi a letto, lasciando incurante lo strumento elettronico
aperto sul divano , in bella mostra.
Anna si mise sotto le
lenzuola, accese la luce immergendosi nel suo libro, aspettando che
succedesse qualcosa, sperando che succedesse qualcosa.
Quando
Andrea arrivò in camera da letto non aveva la faccia per niente allegra;
lei lo conosceva, non era il tipo da tenersi le cose dentro, amava
affrontare le situazioni senza rifletterci troppo su, anche sbagliando
ma mai rinviando.
“Ti piacciono i posti da puttana?!”, era sulla
porta della camera da letto, le aveva appena lanciato l’I Pad sul
materasso col rischio di romperlo. Il viso imbronciato, gli occhi
trapelavano un misto di cattiveria e forse eccitazione, o forse era lei
che si illudeva di leggere questo nel suo sguardo.
Anna prese l’I
Pad, limitandosi a poggiarlo sul comodino: “Me ne ha parlato un’amica ed
ero incuriosita tutto qui, non è il caso di incazzarsi siamo grandi
tutti e due no?!”.
Lui la guardava in silenzio, come se si
aspettasse qualcosa, come se volesse pronunciare qualche parola, ma non
ne avesse il coraggio.
“Andrea io ti amo, sei il mio uomo. Non ti
tradirei mai, però non c’è nulla di male a fantasticare, provare
esperienze nuove. Tra noi c’è qualcosa che non va più “.
L’uomo uscì
dalla stanza, non rispose, si limitò a ripetere le solite noiose ed
odiose azioni che lei doveva sorbirsi tutte le sante sere, si infilò nel
letto, occupando la sua parte , addormentandosi senza dar più seguito
alla discussione.
Passarono alcuni giorni, caratterizzati dal
marcato mutismo di lui, dal quale non si smuoveva nemmeno al cospetto
delle sue consolidate frecciatine; capaci di farlo incazzare in un nano
secondo, incendiare come la capocchia di uno zolfanello. Niente, provava
a provocarlo, stuzzicarlo, ma Andrea a mala pena le rispondeva.
Anna ormai era convinta di aver sbagliato, che forse lui non era l’uomo
adatto per quelle cose. Gli si prospettava davanti l’ennesima cena in
tedioso silenzio, col solo TG a far compagnia al rumore delle posate e
dei piatti.
Il silenzio fu rotto dalla voce di lui: osservava
interessato l’origano sulla mozzarella, come fossero i primi astronauti
sbarcati sulla luna, quando cominciò inaspettatamente a parlare:”Il
venerdì sera è aperto, anche il sabato, però ci sono solo puttane e
coppie finte. Dicono che la serata migliore per provare è il martedì,
neanche troppo tardi, aprono alle dieci”. Uccise gli astronauti col
coltello, tagliando il pianeta lunare in due pezzi per mischiarlo con il
pomodoro.
Anna restò per un attimo con la forchetta a
mezz’aria, osservandolo, cercando di capire cosa stesse pensando, ma lui
era impenetrabile. Impossibile comprendere se fosse stata una scelta
dettata dal desiderio o dalla curiosità di provare, oppure dal volerla
accontentare in quella scellerata impresa che, probabilmente, avrebbe
distrutto del tutto il loro matrimonio.
Si alzò per cominciare a
sparecchiare, di schiena e senza osservare la sua reazione, si risolse a
rispondergli:”Va bene per martedì. Magari andiamo solo a curiosare. Può
farci bene, lo capisci vero?”
Andrea sfilò una sigaretta dal
pacchetto, dirigendosi verso il balcone, passò dietro di lei, per la
prima volta, dopo chissà quante settimane, le sfiorò i capelli con due
dita, come non faceva da tanto: “Speriamo Anna. Lo spero davvero”.
Martedì sera arrivò prestissimo, lei scelse un vestitino rosso, appena
sopra il ginocchio e scollato dietro. Quello che lui preferiva. Andrea
invece infilò i jeans sdruciti, una giacca nera ed una camicia bianca,
il massimo della sua eleganza.
In auto si guardavano, come se
entrambi stessero andando al primo appuntamento. Anna provò a dirgli che
erano ancora in tempo ad andare a bere qualcosa che non era necessario,
ma lui non volle ascoltare, dirigendosi verso il locale che avevano
scelto, che lei aveva scelto.
L’ambiente non era male. Una
discoteca come tante: le solite luci, il solito bancone del bar, la
solita pista da ballo, i soliti divanetti. Non c’era tantissima gente;
una ragazza che li accolse all’ingresso disse che tra un po’ sarebbe
arrivata altra gente. Andrea andò al bar ed ordinò uno Scotch per sé ed
un Daiquiri per sua moglie, entrambi ormai sapevano bene cosa volevano.
Imbarazzati sedevano vicini su quel divanetto, sorseggiando le bevande,
guardandosi intorno, auto convincendosi tra loro che il posto era
carino e che comunque ne era valsa la pena. Qualche coppia ballava al
centro della pista, persone del tutto normali: nell’età,
nell’abbigliamento, nei modi, niente di eccessivo al contrario di come
ci si sarebbe potuti aspettare in un luogo del genere.
“Possiamo
sederci? Sono Marco, lei è mia moglie Dana”. Andrea ed Anna si
guardarono per un attimo negli occhi, facendo spazio ai nuovi arrivati,
senza avere voglia né intenzione di dimostrarsi entusiasti, né di
inventarsi qualche scusa improbabile.
Sia Marco che Dana sembravano
giovani. Forse sui trent’anni, o poco più. Marco al contrario di Andrea
era completamente privo di capelli, un bel ragazzo dalla testa rasata,
con addosso un completo grigio scuro. Dana al contrario di Anna era
bionda, aveva dei bei lineamenti ed indossava uno striminzito vestitino
nero che le lasciava scoperte le cosce, non lasciando nulla
all’immaginazione.
Per fortuna erano entrambi simpatici e molto
allegri, così si trascinarono a vicenda in un giro dopo l’altro di
bevande alcoliche che servì ad allentare la tensione.
Per fortuna,
pensavano sia Anna che Andrea, senza sapere l’uno ciò che passava nella
testa dell’altro, ma all’unisono allineandosi sulla stessa idea, non
c’era nessun accenno al sesso o alla voglia di scambiarsi i rispettivi
consorti.
All’improvviso però qualcosa cambiò. La mano di Dana si
allungo verso la patta dei pantaloni di Andrea. La ragazza bionda si
rivolse ad Anna alludendo alle dimensioni del sesso del marito. Andrea,
vistosamente imbarazzato rivolse lo sguardo alla moglie, aspettandosi
una reazione. Anna di rimando sorrise, replicando scherzosamente che non
è che si ricordasse granchè bene l’ultima volta che l’aveva visto,
posando un bacio sulle labbra del marito e provocando così una risata
generale, mentre la mano di Dana non voleva saperne di staccarsi dal
“pacco” di Andrea.
Era chiaro che la provocatrice del gruppo era la
ragazza bionda: prese la mano di Anna e quasi a forza la spostò
sull’inguine di Marco:”Se devo essere sincera anche io ho dei ricordi
remoti, prova a raccontarmelo tu!”. Anche in questo caso tutti risero,
mentre le due donne massaggiavano con noncuranza il membro di colui che
non era suo marito.
Dopo le risate generali, accadde che tutti e
quattro presero piena consapevolezza di ciò che stava avvenendo. Cadde
il silenzio, si incrociarono gli sguardi al suono della musica.
L’eccitazione crebbe ed Andrea assaggiò il collo di Dana, al cospetto di
sua moglie e del marito di lei, chi fissava tutto ciò che avveniva,
godendosi le carezze sempre più insistenti di Anna.
Fu Marco a proporre di visitare il locale, vincendo a malincuore le attenzioni della nuova amica.
Camminavano barcollanti, le due donne dietro, loro due davanti. Tutti e quattro complici di ciò che forse stava per avvenire.
I due uomini sentivano dietro di loro le due donne ridere allegramente,
Andrea fece spallucce, accedendo ad una sala chiusa da una pesante
tenda in velluto amaranto.
La musica all’interno era diversa e
decisamente più soft, le luci erano soffuse ed essenze aromatiche si
diffondevano nell’ambiente, al centro della stanza a pianta circolare
c’era un grosso letto della stessa forma.
“Bello qui”, disse Anna,
mentre si trovò avvolta dalle braccia di Marco che da dietro le posava
le labbra sul collo, scuotendola in un brivido che non sentiva da molto.
Dana si stese sul letto, tirandosi su il vestitino a scoprire le
minuscole mutandine in pizzo viola trasparenti. Anche Anna si stese sul
morbido talamo immediatamente a destra; entrambe osservavano i due
uomini e proprio Anna si fece sentire, provocandoli:”Ci starebbe bene
uno spogliarello per ravvivare la serata” scoppiando a ridere.
I due maschi, non se lo fecero ripetere, cominciando a denudarsi, restando con indosso solo gli slip.
Le due donne applaudirono divertite, gli occhi puntati sui membri di ciascuno che spingevano sotto il tessuto delle mutande.
All’unisono si avvicinarono al letto, ognuno adocchiando la donna
dell’altro. Marco si distese su Anna, aiutandola a disfarsi del
vestitino rosso, Andrea fece altrettanto con Dana.
Non era il luogo
né il contesto per lasciarsi andare a preliminari, su quel letto vi
erano due donne appoggiate sulla schiena, nude degli abiti e di ogni
inibizione, su di loro i due uomini le penetravano: ora lentamente ora
con maggior veemenza.
Colpi su colpi, a tratti lo sguardo di Marco e
di Andrea si incrociava, in un miscuglio di primitiva eccitazione e
sfida. Non vi era più il piacere del corpo, dell’atto fisico, ma
l’eccitazione degli sguardi, l’osservare ciascuno il volto della propria
donna trasfigurato, mentre veniva montata da un altro.
Gli ansimi
ed i gemiti riempivano la stanza, sul punto di avere l’orgasmo fu Marco a
dare un colpetto sulla spalla di Andrea, richiamando la sua attenzione.
Nell’apice del piacere ognuno di loro volle ritornare sulla propria
femmina, si scambiarono di posto riversando così il proprio seme sul
corpo bianco e sudato della propria donna.
Dopo furono quattro copri
distesi sul letto tondo, ad osservare il vuoto, in un silenzio
intramezzato da battute stupide, necessarie ad alleviare l’imbarazzo
ancora presente.
Il viaggio verso casa fu veloce, in auto Andrea ed Anna si osservavano. Non c’era astio, solo quiete e complicità.
Entrati in casa l’uomo scaraventò la sua donna sul tavolo della cucina,
sollevandole il vestitino e trovandola priva delle mutandine:”Sei una
puttana!”. Era eccitato e cominciò a montarla con violenza. “Si, sono la
tua puttana” la voce di Anna era calda, bassa, sensuale “Ora scopami
come una puttana!”
L’orgasmo fu rumoroso, gli oggetti cadevano per terra. Avevano ritrovato qualcosa che era andato perso.
Le speranze di Anna non furono tradite, non andarono più in quel locale, non ebbero rimpianti per quello che accadde.
Mancava loro la complicità, il sentirsi ancora desiderati, le ritrovarono e fu la loro terapia di coppia.
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