martedì 18 febbraio 2014

Tratto da "LA FURIA NELLA MEMORIA" di Marco Belsette




Raggiungo la stanza di Domenico, Sonia gli sta somministrando le gocce negli occhi. Due grosse sfere che ruotano ora a destra e ora a sinistra, su e giù, poi scrutano me appena entro. Occhi privi di palpebre, occhi ancor più facili da leggere, pieni di odio e terrore. Mi avvicino al tavolo e, azionando il meccanismo, lo colloco in posizione eretta.
«Buongiorno Domenico, ora ti toglierò il bavaglio; in questo sei privilegiato, con gli altri non l’ho fatto!»
Sonia mi guarda incredula, si sistema la mascherina: come supponevo ha paura che Domenico possa dire di averla riconosciuta. Mi avvicino e, con un gesto veloce, sciolgo la cinghia che lo costringe al silenzio.
«Bastardo figlio di puttana! Ma chi cazzo sei! Cosa vuoi da me?? E tu brutta troia non mi toccare!»
«Quante brutte parole, non sprecare il tuo fiato sputando veleno vecchio, cerca piuttosto di ascoltarmi bene.»
Vedo Sonia uscire dalla penombra alle spalle di Domenico, il tempo di mettere ancora qualche goccia nei suoi occhi e poi sparire di nuovo.
«Voglio farti una domanda, e pensa bene alla risposta. Voglio sapere: a cosa tieni più che a tutto? Qual è la cosa più importante della tua vita?»
«E a te che ti frega? Cosa ci faccio qui maledetto bastardo? Che posto è questo? Slegami e ti faccio vedere!»
«Smettila di urlare altrimenti giuro che ti imbavaglio di nuovo. Rispondi alla mia domanda!»
Gli urlo ad un centimetro dalla faccia. Di colpo l’anziano si calma, il suo viso scavato e segnato profondamente dal tempo, che un momento prima aveva assunto sembianze diaboliche, ora appare dolce e timoroso. La sua voce placata e tremante risuona nella stanza.
«Chiunque tu sia, ti scongiuro, abbi pietà. Ho settantacinque anni, il cuore malconcio e non solo, che male potrei farti? Non ti ho mai visto in viso, nè te, nè la donna alle mie spalle. Non avete nulla da temere, lasciatemi andare.»
«Ti ho fatto una domanda: qual è la cosa a cui tieni di più?»
«Cosa vuoi che ti dica, potrei risponderti che è la mia vita, ma non penso che mi crederesti. Non alla mia età. Ho un nipotino di sette anni, l’unico. E’ lui la mia vita. Non tengo ad altro!»
La sagoma di Sonia appare più o meno ogni tre minuti per detergere gli occhi di Domenico che ormai non si agita neanche più, consapevole dell’inutilità dei suoi gesti.
«Bene, sei stato sincero. Vedi, lo sapevo già, ed ora guarda.»
Il mobiletto di fronte a lui con il televisore e un lettore DVD è coperto da un panno nero; lo afferro e con un movimento veloce lo tiro via. Un semplice click e partono le immagini; la prima cosa che appare sullo schermo è una parete bianca. Poi l’inquadratura cambia, un letto a due piazze, lenzuola blu e la sagoma di un corpicino. Un bambino che sta dormendo. Di colpo il diavolo si impossessa di nuovo del vecchio!
«Maledetto bastardo!!!! Cosa gli hai fatto??? Io t’ammazzo!!! Lurido pezzo di merda!!! Lui no!!! Prenditela con me ma non con quell’anima innocente. Maledetto!!!»
«Quante anime innocenti hai profanato tu Domenico? Osserva bene, questo hanno patito!»
Persino la psicologa è sconvolta da quello che sta vedendo; fa un passo verso di me, le faccio cenno di fermarsi. Mi avvicino a Domenico e lo imbavaglio di nuovo, non smetterebbe di ingiuriare comunque. L’inquadratura cambia repentinamente: ora c’è un uomo di spalle, completamente nudo. Si china sul bambino e comincia ad accarezzargli la schiena. Il bambino si sveglia, si dibatte, urla, la lotta è impari, si arrende. Il vecchio si dimena sempre più, ogni grido del bambino è simile ad una pugnalata nel cuore, si irrigidisce e sbatte la testa con forza sul tavolo. Diventa persino impossibile per Sonia continuare a somministrargli le gocce, non reggerà ancora per molto. Prima ancora che l’atto osceno si compia la voce di Sonia riecheggia:
«M., il vecchio è andato. Arresto cardiaco. Togli quella porcheria dalla mia vista!!!»
Con un calcio violento mando in frantumi lo schermo mettendo fine allo spettacolo ripugnante al quale stavamo assistendo. Speravo durasse di più quel verme! Placata la mia rabbia volgo prima lo sguardo sul viso di Domenico, la cui espressione in punto di morte mi persuade di aver ottenuto comunque il risultato sperato. Poi guardo Sonia, è seduta con la testa tra le mani.
«Che cosa ho appena visto in quel filmato? Qualsiasi cosa ti abbia fatto quest’uomo non posso credere che tu sia arrivato a tanto!»
«Non era suo nipote, almeno non nelle scene finali, e l’uomo di spalle non ero certamente io, te ne sarai accorta!»
«Spiegati, ti prego, almeno questo me lo devi!»
«Con la tecnologia oggi puoi fare di tutto cara, e questo tipo di film li trovi su internet. Siti creati da pedofili. Vengono oscurati regolarmente e, altrettanto regolarmente, ne aprono altri quei pervertiti! In questa mia piccola messa in scena la cosa più difficile è stata prelevare il nipote di Domenico in piena notte; un leggero anestetico mi ha permesso di fare il tutto senza che si accorgesse di nulla. Mi è bastato ricreare in una camera di albergo la stessa scena di quella che hai visto nel filmino, e se hai notato, era abbastanza povera. Un letto, lenzuola blu, e parete bianca. Subito dopo ho filmato il bambino disteso in quel letto di schiena, inquadrando un attimo il suo viso per rendere il tutto più credibile.
Poi un semplice montaggio che si può fare facilmente su un computer ed il gioco è fatto! Ho riportato il bambino nella sua casa e quindi nel suo letto appena due ore dopo. A lui non avrei mai fatto del male.»
«Sei diabolico! Ma dimmi, lui era un pedofilo?»
«Dei peggiori! Vai a riposarti ora Sonia.»
«Va bene... non ti chiedo più niente. Grazie M.»
Solo, davanti al vecchio corpo privo di vita, prendo coscienza finalmente del vero scopo di tutto questo: la consapevolezza di non voler attendere il famigerato Giudizio
Universale!

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