lunedì 14 aprile 2014

AD IMMAGINE E SOMIGLIANZA DEL MIO CANE di Francesca Delli Colli




Ho desiderato quel gesto piu’ di ogni altra cosa.
Ho immaginato infinite volte cosa si potesse provare a sentire il freddo di quel pezzo di pelle mischiato al calore delle Tue mani che si muovevano con gesti cadenzati sul mio collo, come se fosse un rito di iniziazione.
Silenzio, ogni parola avrebbe rovinato quell’armonia di desideri e il significato di quel gesto che portava nelle nostre anime una unione inscindibile .
Solo il rumore del mio cuore che sembrava dovesse uscire dal petto da un momento all’altro contrastato dalla pacatezza del tuo respiro.
Avevo bisogno di quel gesto come l’aria.
Gia’ sentivo mio quel collare, lo percepivo stringere il collo il necessario tanto da ricordarmi la Tua presenza ovunque fossi stata.
Un’agonia immaginaria che mi avrebbe dato il senso di quella vita diversa che avevi infuso in me, goccia dopo goccia, fino a diventarne dipendente, droga insopportabile ed indispensabile della quale Ti chiedevo, pregando la “dose giornaliera”, in preda ad una crisi di astinenza che non volevo gestire.
Tutto riposto nella mia mente, e del desiderio e’ rimasta solo la pesantezza di un macigno che non riesco a spostare ,ma la lontananza non ha estirpato neanche una radice del mio appartenerTi.
Ho voluto imprimere quel momento immaginario comunque e provare quella felicita’, appagamento e protezione negata dal destino che si diverte a cambiare le carte in tavola, rendendo amara la realta’ che ha deciso per te.
Mi sono servita dell’oggetto piu’ adatto alla situazione, il collare di stoffa del mio cane. Non era esattamente cio’ che avrei voluto ma aveva esattamente il significato che mi serviva, sono sempre stata la Tua cagna.
Mi sono spogliata di ogni abito, la pelle d’oca ha invaso il mio corpo accapponandola, non so se per il freddo o per l’emozione. Ho svuotato anche i miei pensieri di ogni cosa che non fossi Tu. Ho riprovato l’imbarazzo e la vergogna a sostare senza tempo li’, davanti a te, nuda come un verme, coperta solo dalle mie emozioni.
Mi sono messa in ginocchio.
Di botto sono stata trascinata indietro nel tempo, quando mi prostravo davanti a Te col cuore in gola e la mente eccitata.
Ho radunato i capelli in una mano tirandoli verso la nuca lasciando il collo scoperto ed abbassando la testa.
Un gesto, un’offerta.
I Tuoi piedi sono innanzi a me, mi chino per baciarli ma le mie labbra toccano solo il freddo del pavimento raccogliendo polvere , mentre la devozione evapora su una mattonella.
Con l’altra adagio il collare blu sul retro del collo, la medaglietta con i miei numeri di cellulare e il nome “Zoe”, agganciata alla chiusura, mi penzola davanti.
In effetti sarebbe una buona idea apporla ad un collare da schiava con impresso il nome del Padrone al quale si è donata la propria appartenenza. Se non fosse un desiderio che mi scioglie le viscere questa situazione sarebbe al limite del ridicolo.
Col capo ancora chino alla Tua figura, tanto immaginaria quanto reale, e le dita che armeggiano sulla chiusura di plastica, riesco ad unire le due estremita’ del collare troppo stretto .
Di nuovo dolore e piacere che si alternano.
Quel click che lo consolida intorno al mio collo mi consacra a Te in modo definitivo.
Non ho bisogno di altri Padroni.
Solo ad uno ho donato la mia anima senza che se ne impossessasse arbitrariamente.
Non hai preteso ma hai ricevuto cio’ che sapevi avresti avuto.

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