mercoledì 23 aprile 2014

DISPENSATRICE DI FELICITA' di Sereno Notturno




Si pensa a volte cosa possa rendere serenità nella vita forse la risposta l'abbiamo sempre sotto gli occhi e quasi mai la vediamo, altre volte la incontriamo non avendo cura e tatto da capirla subito, ma apprezzando piano piano col passare delle ore dei giorni o degli anni ciò che infonde.
L'incontro casuale, forse fortuito o, scomodando una frase di qualcuno “siamo nello stesso destino,” per chi non crede a queste cose, si dice capita piacevolmente di imbattersi in destini simili di realtà diverse, che prendono vita da culture di vario genere o modi di vedere le cose differenti.
Esiste sempre una distinzione tra ciò che è con quello che percepisci, almeno subito la avverti netta, per poi diluirla con la complicità dei momenti quasi ad essere un'unica mescola che ne percepisce le occasioni.
Agiatezza e pura complicità si diceva, ebbene si il benessere era quello, “dispensatrice di felicità,” sapeva cogliere gli attimi, difficilmente abbattibile anche se preda di avversi risvolti, ma sempre col sorriso che le spalancava la vita, anche nel sesso era sempre pronta a misurarsi con le esperienze, quelle che erano forse, diceva una sua lacuna, ma risultava come l'avesse resa forte negli stimoli tra la carne sottile e le delicate increspature, lei dispensatrice di felicità, così complice da creare le occasioni, per il piacere altrui donando puro piacere pure alla sua mente, al suo corpo ed alle sue esigenze.
Piegata su quel bastone fatto di un turgore che aveva la stessa emozione di un cono gelato dai mille gusti, come in preda al desiderio di bambina nel leccare la prelibatezza; abile nello scegliere i gusti, vorace prima che si sciolga il desiderio e abile con la lingua per non lasciare andare nulla d'importante. Guardava smaniosa come un bambino scrutava un giocattolo, con la stessa voglia e lo stesso desiderio di consumarlo, carne dura modellata da labbra di seta.
Lei dispensatrice di felicità non aveva mai saputo d'esserlo, perché nessuno le aveva dato la mera occasione di un elogio, eppure nella sua semplicità ed ingenuità, coglieva quello che mille donne forse non lasciavano capire, l'essenza dei minimi gesti, l'autorevolezza del carattere misto alla docilità col quale li portava avanti, emozionalmente complice di un sano erotico desiderio, che non si nascondeva solo nell'odore del sesso vissuto, ma nel lento scrutare con occhi acerbi, felici di scoprire.
Piccoli gesti in ogni occasione da far capire e far sua una complicità, conquistarla e viverla sul campo, quello stesso anfiteatro che prima aveva comparse scomode, quasi nauseate dall'appiattimento di un'esistenza, quasi da attori ormai stanchi della parte.
Distillare ogni goccia di complicità, nel modo migliore per raggiungere l'appagamento dei corpi mai sazi di ritrovata lussuria, sguardi, lungo scrutarsi nella vena delle emozioni, sottile linea di passaggio da una necessità inappagata e una volontà conquistata.
A cavallo tra le mille prese di quella carne che sguainata dal cavaliere ne ferisce le entrate e ne fa motivo di piacevole gusto per le diverse essenze, succo di ritrovato piacere che sembra quasi sparire dentro quelle roventi cosce e quel desiderato anfratto stretto che viola i contratti di ogni normale rapporto, ma ne esalta le qualità e i benefici.
Quasi pura semplicità che sfocia in desideri non spiegabili, alla faccia di chi se ne fotte della vita tranquilla, scandita dalle stesse regole, ma vede al di la di ogni situazione, di ogni cambiamento.
Nulla importa se sono giorni di sesso dolorante:
“Quelle notti da farci l'amore fin quando fa male fin quando ce n'è.” del grande Liga, sembravano coniate per quell'essenza e sbattetene se altri pensano che esce dai normali criteri, questa è emozione.

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