giovedì 22 maggio 2014

AD OVEST DEL PECOS di Fabio Morici




Si risvegliò con la bocca impastata, la lingua un po' gonfia, la testa gli faceva male, aprì con un certo sforzo un' occhio solo, e dopo un poco  riconobbe dove era.
Sì, era disteso sopra un letto, sulla cui pulizia era meglio non indagare, ma a questo era abbondantemente abituato.
Che ci faceva lì ? Ci volle un certo sforzo per ricordare, ma piano piano la mente gli si snebbiava.
" Bella fiesta, ieri sera ! Siamo andati avanti per tutta la notte, fin quasi alle prima luci dell' alba. Che sbronza colossale ! E tutta roba buona avevano tirato fuori i cari peones, tequila di algave di prima qualità, non quel veleno che di solito spacciava l' oste nella Posada. "
Ed improvvisamente ricordò anche il motivo, di tanta festa , ma non ne rimase troppo sconvolto, in fondo aveva fatto quello che doveva e che era giusto fare.
Sì , adesso ricordava tutto. Era giunto l' altro giorno in quello sperduto villaggio messicano, che si trovava da qualche parte a Sud di San Antonio , Texas , nelle vicinanze di una vecchia missione abbandonata , anzi ora ne ricordava addirittura il nome : San Antonio de Bexar .
Il suo cavallo era stanco , e lui di più , per cui si era fermato in quella sottospecie di Posada per bere e mangiare un piatto di fagioli con le cotiche , quello che sembrava essere l' unico piatto esistente in quella parte della terra .
Erano molto stanchi , per cui aveva deciso di fermarsi per la notte , ma di non dormire in uno di quei sudici letti che l' oste metteva a disposizione di eventuali e sfortunati viandanti , bensì di dormire nella stalla , accanto al cavallo, la paglia sarebbe andata benissimo e così vi erano meno rischi che gli fregassero la sua preziosa cavalcatura .
Se la stava prendendo comoda , l' indomani mattina , quando sentì degli strepiti , delle urla , delle bestemmie provenire dall' esterno , da quella che pomposamente gli abitanti di quel povero buco , chiamavano La Plaza .
Si affacciò cautamente , senza sporgersi , dallo spigolo del muro , ché in queste cose aveva imparato ad essere prudente.
Quello che vide non gli piacque affatto. Tre uomini , ma per meglio dire , tre facce da forca , se ne stavano a cavallo , le armi pronte , e maltrattavano l' Alcade del villaggio e qualche altro peone .
Era ad una trentina di metri ed aveva il vento contrario , per cui non capiva bene quello che si dicevano , ma le cose erano abbastanza chiare. Non ci voleva certo un indovino! Erano banditi e pretendevano qualche cosa da quelli del villaggio. Cosa era facilmente immaginabile, denaro, viveri , techila , donne.
Più per un riflesso condizionato che per una vera e propria decisione , iniziò quasi meccanicamente a caricare la sua carabina a canna lunga , una bella arma veramente , molto precisa , ed il suo pistolone da cavalleria a due colpi , ricordo dei molti anni trascorsi nell' esercito.
In un lampo la sua vita passata gli scorse per la mente, di come , appena diciottenne , era stato arruolato.  Non era lui il prescelto all'arruolamento, ma il figlio di un possidente locale, e poichè era possibile pagare un sostituto e la sua  famiglia era molto povera... insomma era andata così.
Non che si fosse poi trovato così male nel 1° reggimento Cacciatori a cavallo del Regno d' Italia , agli ordini del Vicerè Eugenio.  Sì , era il 1806.
Il reggimento era stata, in fondo, la sua vera famiglia. Aveva imparato anche a leggere ed a scrivere, anzi, a forza di combattere era arrivato al grado di sergente maggiore e sperava di diventare presto ufficiale, come sottoluogotenente di 2° classe. Purtroppo gli eventi non gli furono favorevoli.
Napoleone cadde e tutto l' esercito fu smobilitato.
Per alcuni anni guadagnò da vivere come tuttofare del titolare di un ingrosso di grano, riso ed altri cereali, ma dopo i moti del '20-21, la polizia gli aveva mise gli occhi addosso, schedandolo come sovversivo e carbonaro. Non gli lasciarono un attimo di pace.
Così, infine, decise di espatriare nelle lontane Americhe, ma i soldi erano pochi, come fare ?
Rideva, mentre ci ripensava, intanto che caricava la pistola, aveva avuto un vero colpo di genio !
Si era presentato al comando della gendarmeria ed aveva chiesto di parlare direttamente con il Signor Delegato Capo della polizia, e senza tanti giri di parole gli aveva esposto il caso .
Voleva andarsene, ma gli serviva il passaporto pulito e del denaro. E il Signor Delegato Capo decise che valesse la pena di spendere 100 fiorini per liberarsi per sempre di quella non gradita presenza.
L' altro, un tedesco dei Sudeti che parlava male il milanese, rimase un poco interdetto, sulle prime, ma poi, capito che il discorso era serio, si era fatto subito attento .
L' affare, chiamiamolo così, si perfezionò in pochi giorni con il benestare dei superiori, e  in breve tempo si ritrovò in viaggio verso Livorno  ove si trovavano sempre vari legni inglesi che facevano rotta verso le Americhe.
Il resto era storia recente, un po' per volta era sceso sempre più a sud, ed ora si trovava in quello sputo di paese.
Osservò meglio i tre, due erano dei bianchi, Yankee, come li chiamavano i messicani, il terzo un mezzosangue indiano, forse quello più pericoloso.
Bisognava decidersi alla svelta, che fare? Ma in cuor suo già conosceva la risposta; quei tre erano tipi molto pericolosi, se l'avessero scoperto, e vi erano molte possibilità che questo accadesse, era probabile che lo ammazzassero subito, non fosse altro che per il cavallo e le armi da portargli via.
Bisognava dunque decidere gli obbiettivi, ma al suo occhio esperto la scelta era semplice.
Per primo doveva colpire il cavaliere armato di un fucile a trombone, arma pericolosissima nella breve distanza, i cui pallettoni erano micidiali.
Prese, perciò, accuratamente la mira, non che a quella distanza temesse di mancare il bersaglio, ma era meglio che la canna della sua carabina non sporgesse troppo dal muro.
Dopo alcuni secondi che teneva il bandito sotto mira, tirò il grilletto.
L' uomo, colpito in pieno petto, a sinistra, dalla parte del cuore, fece un balzo all' indietro e cadde come  un fantoccio di pezza.
Posata la carabina, si precipitò fuori dalla stalla brandendo in una mano il pistolone a due colpi e nell' altra un lungo pugnale .
Il secondo uomo, anche se preso di sorpresa dal colpo di fucile che aveva abbattuto il suo complice e fatto scartare i cavalli imbizzarriti,si  stava subito riprendendo e cercava di prenderlo di mira .
Egli non gliene lasciò il tempo. Si abbassò su se stesso, lo prese di mira e sparò.
Lo colpì al collo e la testa fu quasi staccata dalla violenza del colpo. L' uomo cadde di fianco, un grido si strozzò nella gola recisa, un grande fiotto di sangue ed era finita .
Il mezzosangue, il più pericoloso, nonostante il trambusto dei cavalli e gli spari, aveva imbracciato il fucile e lo stava prendendo di mira, una situazione molto brutta !
Occorreva togliersi subito dalla linea di tiro. Si rialzò dunque in piedi e con la maggiore velocità che potè imprimere alle sue gambe cercò di scartare di lato, verso destra. Intanto tese la mano e prese la mira .
Spararono quasi contemporaneamente. Sntì fischiare la pallottola del fucile vicinissima, due dita, forse una, forse anche meno .
Ma la sua mano non aveva sbagliato. Anche il mezzosangue aveva cercato di girarsi, per offrire un obbiettivo minore, ma essendo in sella la sua manovra non era completamente riuscita ed era stato colpito alla spalla destra. Una ferita non certo mortale.
Fu perciò giocoforza scagliarsi contro di lui. Lasciò cadere il pistolone oramai inutile e passò il pugnale dalla mano sinistra a quella destra .
Con grandissima furia si gettò contro il cavaliere, prima che questi, benché ferito, potesse prendere la pistola che portava infilata ad una fascia che gli cingeva i fianchi .
Lo colpì una sola volta, infilzandogli il lungo pugnale nel costato all' altezza della quarta o quinta costola; un colpo decisamente mortale, come aveva ben imparato in anni ed anni di guerra, e ricordò quando a Wagram aveva si era guadagnato i galloni di sergente.
Con occhi stupefatti e quasi fuori dalle orbite, lanciando un grido terribile, mentre il sangue zampillava come da una fontana dopo che ebbe ritratto la lama, il meticcio lentamente scivolò dalla sella, quasi che le sue gambe si stingessero ancora al cavallo nel tentativo di trattenere la vita che gli sfuggiva, insieme al sangue, dalla mortale ferita .
Si fece poi innanzi, pronto a dare il colpo di grazia, ma vide gli occhi di lui già velati dalla morte incipiente, mentre con le gambe scalciava negli ultimi rantoli di vita, ed in breve spirò.
Ecco perché aveva tanto bevuto, quella notte.

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