martedì 6 maggio 2014

DIETRO IL BANCONE di Andrea Lagrein




Il bar non era gran che. Solo che aveva una rossa doppio malto da far resuscitare pure i morti. E poi era poco distante da dove abitavo. Fatto non trascurabile per chi spesso e volentieri tira tardi alla sera e fatica a infilare la chiave nella toppa, sbronzo com'è!
Era un postaccio di periferia, lurido e maltenuto. Anche mal frequentato, a essere onesti. Ma questo è un altro paio di maniche, che se ti fai i cazzi tuoi non ti accade poi nulla di spiacevole.
Una serie di slot machine allineate lungo una parete erano preda dei soliti zombi che passavano tutta la giornata a rincorrere sogni di gloria. Che mai arrivavano, per inciso! Come dargli torto, del resto, con tutti i calci in culo che la vita gli aveva riservato. Quelle cose non facevano per me, certo, che mi sarei rotto le palle a rimanere inchiodato tutto il giorno davanti a quegli aggeggi. Ma forse non dilapidavo anch'io danari in troie e alcool? Quindi li osservavo distrattamente senza emettere alcun giudizio. In fondo eravamo tutti sulla stessa barca che, detto per inciso, stava colando a picco!
E poi, in questo locale, si rimorchiava pure. Battone sfatte, trans senza alcun ritegno, ragazzine di dubbie famiglie assetate di pochi euro, quarantenni sole e abbandonate in cerca di una carezza che ancora le facesse sentire donne. Insomma, un universo di derelitti che cercava disperatamente consolazione l'uno nell'altro. E a Big Jack stava benissimo così. Era decisamente il suo territorio di caccia!
Ma io ci andavo soprattutto per lei. La ragazza dietro il bancone. Quella che spillava la birra. Quella che, quando si voltava, metteva in mostra un culo da dieci e lode!
Si chiamava Alessia e aveva ventitre anni. Una cascata di riccioli castani e quel tipico sguardo di chi ancora ha una vita davanti. Viso particolare, d'una bellezza tutta sua e un corpo da far tremare Big Jack nelle sue più recondite fondamenta. "Questa sera solo soletto?" ammiccò maliziosa servendomi la terza birra. Sorrisi sbuffando. Era il nostro gioco preferito. Io che ci provavo senza ritegno e lei che si rifiutava con finta timidezza.
Ma quella sera non avevo alcuna voglia di giocare. "Perché? Mi vuoi forse far compagnia?" abbozzai senza troppa convinzione. Lei rise di gusto. "Potrei essere tentata a dir di sì!". Big Jack ebbe un sussulto. La guardai serio. "Bimba, evita di scherzare questa sera. Non è giornata!". Anche lei si fece seria. "E chi ti dice che io stia scherzando?". Gesù, l'immagine del suo culo che ondeggiava sopra di me quasi mi tolse il fiato per l'eccitazione provocata.
"Dimmi un po, perché non sarebbe giornata?". Il suo tono era dolce come una carezza. E ancora mi faceva specie trovare in quel lurido posto una persona che azzeccasse congiuntivi e condizionali. Ma non c'era da sorprendersi. In fondo Alessia si stava per laureare in lettere moderne, e spillava birra per noi ubriaconi unicamente per pagarsi gli studi. Con il corpo che aveva poteva benissimo prostituirsi o fare la velina. Ma difficilmente poi si sarebbe laureata!
"Bah, il solito schifo! Bollette da pagare, affitto arretrato, lavoro che non si trova. Le solite cose. Cercare di tirare a campare!". Tornò a sorridermi. "Però scrivi bene! Non mi perdo mai un tuo racconto. Mi piace il tuo stile!". Aggrottai le sopracciglie. "Davvero?" chiesi allarmato dalla piega che stava prendendo la conversazione. Non volevo perdere forse quell'unica occasione di portarmela a letto. Big Jack non me lo avrebbe mai perdonato!
"Sì, davvero! Mi piace il tuo stile graffiante, disincantato, ironico. Mi ci ritrovo nelle tue parole. Ci ritrovo tutta la sporcizia di questo bancone!" mi disse quasi in un sussurro, con un velo di malinconia, mentre passava uno straccio sul piano in noce che ci divideva. Sospirai. Ecco, addio scopata! Decisi comunque di reggere la conversazione.
"Che vuoi che ti dica? Non so se son bravo o meno. Ma questo è il mio mondo e questo racconto. Fossi rimasto con la mia ex moglie probabilmente adesso scriverei di serate alla Scala, cene in costosissimi ristoranti e memorabili scopate in camere di hotel a cinque stelle! Però non avrei avuto la fortuna di conoscerti!". Sorridemmo contemporaneamente. "Ti manca? Dico, la tua ex moglie?". Bevvi d'un fiato quel che rimaneva della mia birra. E chiesi subito un quarto giro. Cristo, a certe domande non si dovrebbe mai rispondere da sobri!
"Difficile a dirsi!" sospirai. "Certe volte mi ritrovo a fare pensieri sconci. E mi eccito di brutto!". Mi guardò divertita. "Ci ritorneresti a letto? Sincero, eh?". Abbassai lo sguardo. Mi ritrovai a fissare la schiuma del nuovo boccale che Alessia mi stava porgendo. Mi ritrovai a fissare la mia stessa anima. "Assolutamente sì" dissi infine senza esitazione. "Non so quanto darei per un'ultima notte fra le sue cosce!". Alzai gli occhi e mi persi nelle sue iridi commosse. "Non è stato facile ammetterlo, vero?" domandò quasi in un sussurro. Feci cenno di no con la testa. Allungò una mano e mi accarezzò il volto. "Grazie! Grazie davvero per questa confidenza!". Le sorrisi amaro. Quella confidenza mi era costata una fatica tremenda.
Iniziai a bere la mia nuova pinta, così, tanto per darmi un tono e non far vedere tutta la mia tristezza. Ma lei, lesta, appoggiò la mano sul mio braccio. "Finisco a mezzanotte. Se mi aspetti, andiamo da te. D'accordo?". Sorrisi a quell'inaspettata fortuna. "Sei sicura?" le domandai ironico. Lei mi fece un occhiolino malizioso.
E a quel punto sorrise anche Big Jack!

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