martedì 20 maggio 2014

URLA FRA LE CATENE di Andrea Lagrein




L'uomo caracollava con passo malfermo lungo vicoli impervi e stradine dall'acciottolato scivoloso. Era un miracolo che non fosse ancora caduto. Sguardo febbricitante, urlava a squarciagola tutta la sua disperazione.
I passanti lo fissavano allarmati. Era una serata gradevolmente tiepida e faceva piacere uscire dai propri tuguri per respirare aria buona, scambiando quattro chiacchiere con vicini e vecchi amici. Ma la visione di quell'uomo a molti incuteva terrore. Soprattutto alle donne che, immancabilmente, si stringevano al braccio dei propri compagni in cerca di protezione. E' solo un matto, un pazzo ubriacone, era il classico tentativo di calmarle.
L'uomo non aveva più di venticinque anni, ventisei al massimo ed effettivamente era sbronzo marcio. Di quelle sbronze cattive, malinconiche, allucinogene. Camminava per le strade di Montmartre, ma era come se i suoi occhi vedessero ben altri paesaggi. Paesaggi di follia. Paesaggi di miseria interiore.
I ragazzini del villaggio lo aspettavano. Era uno dei loro spettacoli preferiti. 
- Sta arrivando, sta arrivando. Lo sento, ecco che arriva lo scemo, dai che adesso ci si diverte. 
E tutti dietro a quell'uomo farneticante mentre, fra risa e sghignazzi, gli tiravano addosso un pò di tutto. Merda di cavallo, fango rappreso, frutti marci raccattati in uno dei numerosi orti della Butte. Qualsiasi cosa andava bene, pur di fare imbestialire ancor di più quel folle ubriacone.
Lui, a ogni colpo ricevuto, si voltava rabbioso verso quei ragazzini e sbraitava, ringhiava, inveiva fra le risate dei presenti. 
- Che il diavolo vi porti! Andate a farvi fottere, mocciosi del cazzo! -. E tentava, senza successo, di afferrarne almeno uno per dargli una bella lezione. Ma i movimenti erano rallentati dal vino ingurgitato e l'equilibrio, beh, l'equilibrio non era certamente quello di una persona sobria. Sicché sbraitava, ringhiava, inveiva. Ma nulla più. E i monelli continuavano a divertirsi!
Anche i giovani studenti universitari, che a sera non perdevano occasione di venire a bere in uno dei numerosi locali della collina, trovavano quell'uomo un piacevolissimo e spassoso diversivo. 
- Ehi, Litrillo - lo apostrofavano con il nomignolo che gli era stato affibbiato 
- Lo sai che ieri sera mi son scopato tua madre? - E giù tutti a ridere. Lui li guardava fremendo di rabbia. Poi d'improvviso scoppiava a piagnucolare, accasciandosi sul bordo di un muretto. 
- Oh, madre, madre. Io che vi amo cosi tanto, perché? Ditemi. Perché vi concedete a simili bestie? Non vedete che hanno corna e barbe da caprone? Non vedete che sono i figli stessi del demonio?- singhiozzava affranto, il volto fra le mani. E questo divertiva ancor di più la platea che immancabilmente gli si faceva attorno.
- Andatevene, bestie schifose. Andatevene. Lasciatemi in pace!- riprendeva poi di punto in bianco, alzandosi di scatto e urlando tutta la propria rabbia. Ma i suoi torturatori ben lungi si guardavano dal dargli tregua. Anzi! Per loro il divertimento era appena iniziato.
Quella sera pero l'uomo si soffermò a squadrarli. E i suoi occhi divennero dolci e languidi nel vedere una splendida fanciulla in quel branco di satiri sgrufolanti. Si gettò subito in ginocchio con sguardo implorante. 
- Oh, divina creatura!- disse alla ragazza in tono adorante. - Vieni via con me! Lascia questo gretto gruppo di scimmie ammaestrate. Scappa con me, non te ne pentirai. Ti renderò eterna, come conviene alla tua sublime bellezza!-.
Subito il gruppetto scoppiò nuovamente in una sonora e allegra risata. Questo fuori programma era la ciliegina sulla torta! Lei lo guardò con aria schifata. 
- Ma nemmeno per mille franchi mi farei toccare da uno sgorbio come te!-. Altro scoppio di risa collettive. L'uomo fremette di rabbia nel sollevarsi a fatica. 
- Sono io che non pagherei mai mille franchi per andare con una baldracca sfatta e cadente come te!- le imprecò dietro.
A quel punto l'aria si fece tesa. Le offese a una donna del branco non potevano passare in silenzio. Un tizio tutto muscoli si fece avanti con sguardo minaccioso. - Chiedile subito scusa, fottuto ubriacone. Altrimenti ti ammazzo a furia di pugni e calci!-. I suoi occhi infiammati di eccitazione confermavano tutta la sua determinazione. L'uomo lo guardò interdetto, come se non avesse afferrato la gravità del momento.
- Calma, calma, non c'è bisogno di mostrare tutti quei muscoli!-. Il nuovo arrivato si stava avvicinando con aria sorridente, pacifica. 
- Non è una grande impresa prendersela con un ubriaco. Dai, lasciatelo stare, che una zuffa non conviene a nessuno. Meglio berci su che passare una nottata in cella, no?- disse facendo un cenno di intesa agli studenti. Questi sbuffarono delusi che il gioco fosse finito. Ma afferrarono al volo la situazione e iniziarono a disperdersi. Il pazzo ubriacone già non li stava più a guardare, come se in realtà non fossero mai esistiti.
- Amedeo, Amedeo - iniziò a strillare nel vedere l' amico avvicinarsi. - Amedeo, meno male che sei arrivato!- nuovamente prese a piagnucolare, terrorizzato da chissà quale visione. 
- Mi stanno seguendo, Amedeo. Li sento. Sento i loro passi pesanti. Sono venuti per prendermi e portarmi nuovamente via. Mi vogliono rinchiudere ancora in quell'orribile posto, dove mi legano con catene di ferro. Aiutami, Amedeo, ti prego. Aiutami!-. E crollò fra le braccia dell'amico, il volto coperto di lacrime sprofondato nella spalla.
Amedeo lo abbracciò teneramente, dandogli qualche colpetto con la mano sulla spalla.
- Su su, calmati Maurice. Ci sono qui io, adesso. Nessuno ti rinchiuderà in nessun posto. Te lo prometto!-. L'uomo sollevò lo sguardo colmo di gratitudine, asciugandosi il naso moccoloso con il dorso della mano. 
- Grazie, Modì, grazie. Sei un vero amico!-. Amedeo sorrise con affetto. Maurice era uno dei pochi, veri amici che aveva li a Montmartre.
- Dai, ti riporto a casa. Non è salutare andare in giro in queste condizioni - sorrise bonariamente, prendendo l'ubriaco sotto un'ascella. Il 12 di rue Cortot non distava molto, ma il continuo incespicare di Maurice rese comunque il tragitto alquanto faticoso. 
- A proposito - disse Amedeo - E' da un paio di giorni che non ti si vede in giro. Che fine hai fatto?- chiese tanto per fare un pò di conversazione. Maurice emise un grugnito che nelle intenzioni doveva essere un sogghigno.
- Sono stato chiuso nel mio studio a dipingere. Mia madre dice che sembro un angelo quando mi dedico alla pittura!-. Amedeo sorrise. Sapeva bene che, per Maurice, gli unici istanti in cui non era dedito alla bottiglia e aveva sprazzi di lucidità mentale erano proprio quando si metteva a dipingere. E per i vicini di casa era proprio un sollievo, non dovendo subire le urla infernali di questo giovane folle!
Giunsero finalmente alla porta di casa di Maurice. Incontrarono una vicina che stava a sua volta rincasando. Guardò i due uomini con occhi truci. 
- Madame Valadon non è in casa!- disse in tono severo. Amedeo la squadrò. Poi fissò l'amico. 
- Tua madre non è in casa?- chiese alla fine. Maurice lo guardò con occhi ingenui. 
- No no. E' fuori città. E' andata non ricordo più dove con Andrè!-. La donna, con fare energico, si intromise fra i due. 
- Giovanotti! Se pensate di essere arrivati qui per far baldoria, state sicuri che questa volta chiamo i gendarmi. Sono stanca delle vostre urla, dei vostri festini, del vostro essere continuamente ubriachi. Ci siamo intesi?-. Il suo sguardo non ammetteva repliche.
Amedeo sorrise affabilmente. - Non si preoccupi, madame! Non le arrecheremo alcun disturbo. Parola di Amedeo Modigliani!-. La donna lo fissò poco convinta. 
- Le conviene, monsieur. Altrimenti se la vedrà direttamente con gli sbirri!-. E cosi dicendo svanì in un ingresso laterale.
I due entrarono in casa. Maurice corse subito in cucina. 
- Dai, Amedeo, dobbiamo brindare! - urlò mentre afferrava una bottiglia di vino. Ma Amedeo non lo stava nemmeno più ad ascoltare. Era fermo in piedi, fisso davanti al cavalletto nello studio di Maurice. Il suo sguardo era come trasecolato. 
- Ma questo è.........questo è.......-. Non riusciva nemmeno a parlare. Maurice entrò con la bottiglia in mano. Gettò uno sguardo distratto al dipinto. 
- Sì, lo so. Questo è uno scorcio di rue Custine qui a Montmartre. L'ho terminato questa notte!-.
Modigliani si voltò a fissarlo. - No, Maurice! Quel che intendevo è che questo quadro è un capolavoro!-. Maurice lo guardò sbuffando. Per lui non aveva gran che importanza. Quel che contava ora, per lui, era la bottiglia che aveva in mano.
E questo era Maurice Utrillo!

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