sabato 31 maggio 2014

LA VESTALE di Allie Walker




I PARTE

La storia tra me e Marco iniziò qualche mese fa, anche se in realtà lo conobbi due anni prima, quando di sfuggita lo incrociai alla stazione di Milano.
Ero da una mia amica, che mi ospitava per qualche giorno, con lo scopo di conoscere qualche “personaggio” di un ambiente che non si frequenta tutti i giorni, soprattutto in un paesino piccolo come il mio. Feticisti e sadomasochisti, che anche nelle città più grandi sono tenuti ai margini della società, in un paese, dove ci si conosce tutti, sono per forza costretti a rimanere nascosti negli ambienti casalinghi o, al limite, frequentare locali a tema. Approfittavo dei momenti in cui ero fuori dalla quotidianità per coltivare quella mia mania, o vizietto come volete chiamarlo, per fare esperienze alquanto fuori dall’ordinario e straordinariamente perverse. Niente di così malato e travolgente, ma erano situazioni sempre molto intriganti e appaganti dal punto di vista sessuale e feticista.
Fu un incontro fugace il nostro, una stretta di mano fuori la stazione e poi lui, ligio al dovere, corse via al lavoro. Da quel momento lì non c’eravamo più visti.
Leggevo di lui attraverso facebook e vedevo che aveva una relazione con una donna che si dichiarava schiava. Vivevano la loro storia intensamente, a giudicare dai loro scambi di post, battute e commenti, e sorridevo ai cuoricini rosa che si scambiavano. Che fosse solo una facciata, magari per darsi un tono maggiore nei confronti degli altri? Perché ormai è quasi scontato, la gente è strana e sui social di stranezze ne passano tante. Io questo non lo so e non potevo sapere con certezza che cosa c'era fra di loro. Non è che me ne facessi una malattia il voler sapere a tutti i costi, a me, quello che succedeva sul social del momento, passava tutto molto di striscio e continuavo la mia vita alla ricerca dell’altro nella vita reale, di quello che mi avrebbe fatto stare bene sessualmente e sentimentalmente. Ricerca non sempre felice, ma si sa... tutte le ciambelle non riescono con il buco.
Poi il destino ci mise lo zampino. Lo scorso anno, attraverso altre amicizie, potei rivedere Marco e frequentarlo saltuariamente assieme ad altri conoscenti. Era ancora impegnato con la stessa donna e io avevo ben altri pensieri per la testa.
Apprendere, nel frattempo, che lui in realtà era anche una lei, mi incuriosì a tal punto che cercai di immaginarlo con una gonna corta, delle calze a rete e scarpe con tacchi vertiginosi.
Mi rimaneva difficile pensarlo in quella maniera, ma dopo aver visto alcune fotografie delle sue gambe, sottilmente velate con delle calze elegantissime e magistralmente ripreso in una posa molto femminile, mi fece ripensare alla figura dei trav. Cercavo di comprendere, soprattutto, il motivo del travestimento e della femminilizzazione. Era tutto molto distante dal mio mondo e non capivo, di certo c’era una sola cosa: la differenza tra lui e l’immagine di lui trasformata in lei, lasciava a bocca aperta.
Scoprii anche che Marco faceva la Mistress Trav da diversi anni, che frequentava locali e feste ed era molto conosciuto/a. Sentire dalla sua voce le sue esperienze fu illuminante e molto eccitante. Pensai, in quel momento, a come sarebbe stato fare sesso con un Trav e la mia intimità ebbe un moto istintivo di vita propria. Cominciare a sentirci telefonicamente fu il passo più breve e naturale verso un qualcosa che si stava muovendo tra noi. Un qualcosa a cui mai avrei pensato e che non riconobbi, perché pensavo a lui solo e soltanto come amico.
Le nostre conversazioni erano incentrate quasi sempre sulla nostra passione comune della dominazione. Mi piaceva sentirlo parlare del suo modo di dominare, sia in versione maschile che femminile. La cosa mi affascinava, mi incuriosiva e mi intrigava, ma non vi erano interessi sessuali tra di noi. Due amici che si conoscono da tempo non avrebbero potuto avere più argomenti in comune di noi due e più naturalezza nel conversare.
Una sera, Marco capitò a Milano. Sapendo che anche io ero li, mi invitò a una sessione comune in cui c’era anche la sua donna. Accettai. Incuriosita da una situazione a tre, che avevo vissuto poche volte, mai assieme ad un altro dominante, mi preparai con semplicità e, aperta a tutte le sensazioni che da quella serata imprevista sarebbero arrivate, arrivai all’indirizzo che mi aveva passato per sms con un sorriso stampato sulle labbra dipinte generosamente.
Quando vidi Marco in versione Laura rimasi felicemente impressionata. Indossava un abito nero al ginocchio, con una generosa scollatura dalla quale si intravedeva il pizzo di un reggiseno, una parrucca castana dai morbidi riccioli che le cadevano graziosamente sulle spalle, molto naturale, e delle calze velatissime con la riga, di quelle che “attizzano” anche i morti. La cosa che mi colpì particolarmente furono le scarpe: delle decoltè di pelle lucida dal tacco vertiginoso. Il suo incedere avrebbe fatto invidia anche alla femmina più felina ed elegante dell’universo. Insomma, un bel colpo d’occhio.
Tra me e Laura fu empatia all’ennesima potenza, e fu una serata all’insegna del sadismo e di emozioni continue. La schiava, la sua donna, mi sembrò contenta, appagata e orgogliosa di aver ricevuto le nostre attenzioni. Lo scudiscio aveva segnato la sua pelle in maniera estrema forse, ma i mugolii e i lamenti della stessa ci mandavano segnali diversi. La sua donna godeva come una troia e in alcuni momenti implorava i nostri colpi e le nostre mani. Non ci fu sesso tra noi, ma l'eccitazione era tangibile. Rimanere a fine serata distesi tutti e tre sul lettone con le mani che si cercavano fu istintivo, un momento denso di emozioni contrastanti.
Nei giorni successivi cercai di pensarci il meno possibile, ma la figura di Laura con lo scudiscio in mano era ben impressa nella mente. E ben impresso era anche l'aver dato libero sfogo al mio sadismo, cosa che ultimamente avevo fatto di rado.
Pochi giorni dopo appresi che Marco aveva mollato la sua donna. Lui era triste, molto provato da quella decisione. Mi disse che non poteva vivere ancora con una persona che pretendeva di decidere la sua vita, quello che doveva o non doveva fare, o dire, o, addirittura, pensare. Le nostre conversazioni, passato il primo lieve imbarazzo per una relazione finita, tornarono come prima, non era cambiato nulla tra noi: due amici che si confrontavano e si confidavano su qualsiasi cosa. Era sempre molto disponibile con me, pronto ad aiutarmi e a parlare di qualsiasi cosa. Non passava giorno senza salutarci, o scambiare qualche chiacchiera o pettegolezzo. E fu semplice addentrarci in argomenti sempre più intimi.
Conversava con me molto amabilmente, a volte era estremamente serio, ma spesso sottilmente ironico e mi spiazzava continuamente. Quando mi parlò del suo essere donna, mistress trav, mi confdò che adorava sottomettere gli uomini, torturarli fino all'estremo e godeva delle loro suppliche; amava, inoltre, sottomettere le donne con dolcezza, nonostante in entrambi i casi desse libero sfogo al suo sadismo... cosa di cui non poteva fare a meno. Non aveva mai avuto rapporti con uomini, mai nessuno l'aveva convinto a tal punto da cedere la sua verginità in quel senso, ma con la sua donna aveva sperimentato il sesso passivo e ne era stato piacevolmente eccitato e soddisfatto. Quella sera rimanemmo svegli fino a notte fonda a parlare e a confidarci le nostre perversioni. E la sottile eccitazione che pervadeva il mio corpo stava prendendo campo.
Non mi addormentai subito, quella notte. Rimasi a pensare a lungo alla sua immagine, a Laura anzichè a Marco, mentre il ventre si scaldava e la figa si contraeva. Dovevo placare quel desiderio. Infilai le mani sotto il perizoma e toccai il clitoride, già gonfio e teso. Le dita si mossero subito abili e veloci, mi inarcavo accompagnando il ritmo e pensai a quanto mi sarebbe piaciuto essere scopata da Laura. L'orgasmo che mi scosse poco dopo si accompagnò al liquido che sentii colarmi tra le pieghe della figa, fino a raggiungere il culo e inumidire le lenzuola. Raccolsi con i polpastrelli gli umori e me li portai al naso. Annusare il mio odore fu inebriante. Poi assapporai le dita chiudendo gli occhi, pensando di leccare il cazzo di Laura. Mi eccitai di nuovo, i capezzoli si inturgidirono, li strinsi tra le dita torturandomi. Il dolore mi eccitava quanto il masturbarmi, il pensare a lei mi accendeva e di nuovo mi intrufolai tra le labbra a toccarmi e a sfiorarmi e a stringere fra le dita il clitoride e a godere di nuovo delle mie mani. Finalmente appagata mi girai su un fianco e mi addormentai pensando al domani, cosa che non facevo mai. Il domani non mi interessava, amavo vivere gli istanti, la giornata e il futuro per me non esisteva. Quella notte, invece, tornava nel mio esistere, nella mia vita che consideravo vuota, anche un domani.
La mattina dopo mi precipitai al computer, ero impaziente di vedere quel pallino verde che mi diceva che Marco era on line. Mi tremavano le mani, scrivevo e per l'emozione facevo continui errori. Chiacchierare con Marco e pensare a Laura mi fece chiudere tutto il resto del mondo fuori. Qualcosa era cambiato tra noi, non solo in me e più passava il tempo e più mi sentivo coinvolta, come ipnotizzata da quella figura così ambigua. La conferma del cambiamento mi arrivò chiara e limpida il giorno dopo al telefono. La decisione di vederci fu di una semplicità unica e il bisogno di guardarci negli occhi era palpabile quanto il desiderio di approfondire la conoscenza reciproca, pelle su pelle . Lei mi disse: "voglio provare a viverti".
Ci saremmo viste quindici giorni dopo. Giorni che passarono tra il desiderio reciproco e la complicità, e una mente diabolica come la mia che stuzzicava le voglie di lei, che ora chiamo la Mia Laura. Avevo voglia di farla mia, voglia di respirarla, di annusare la sua pelle e colmarmi della sua essenza. Parole e pensieri che ai più sarebbero sicuramente risultate banali e scontate, ma nella mia mente e nei miei pensieri colmavano il mio tempo, gli attimi che si susseguivano veloci ma sempre troppo lenti in quell’attesa che ci vedeva complici e perverse. Inutile dire che in privato Laura si trasformava in un troia lussuriosa.
E mi venne in mente di giocare un po’ con lei fino al giorno del nostro appuntamento.
Il primo giorno le dissi di scegliere dal suo guardaroba un paio di calze nuove, di indossarle durante la notte e poi di riporle il mattino dopo in una scatola, che avrebbe messo a mia disposizione il giorno del nostro appuntamento, assieme ad altre cose che le avrei indicato nei giorni a venire.
Il secondo giorno dovette inviarmi un sms a un orario prestabilito, descrivendomi le calze del giorno prima e indicandomi l’indumento a sua scelta che avrebbe riposto nella scatola. Laura era notevolmente incuriosita da quel gioco intrigante, tanto da chiedermi continue informazioni su cosa sarebbe accaduto quando ci saremmo viste. Così le chiesi di scrivere su un foglio che cosa secondo lei sarebbe accaduto quel giorno, di sigillarlo in una busta e sistemarlo assieme alle altre cose nella “scatola delle meraviglie”.
Certa che non avrebbe mai indovinato il finale che mi passava per la testa, mi stavo divertendo come una pazza, perché la sentivo sempre più coinvolta ed eccitata. Sorridevo di continuo, tanto che al lavoro qualcuno se ne accorse e me lo fece notare: “Hai per caso incontrato l’uomo della tua vita?” Mi chiese il capoufficio. Mi feci una grassa risata e lui scrollò la testa tornando dietro le vetrate del suo ufficio. Ma sapevo io perché ridevo. Forse non avevo incontrato l’uomo della mia vita, ma sicuramente una persona completamente diversa dall’ordinario. E a me piaceva immensamente vivere fuori dagli schemi.
Il terzo giorno la lasciai cuocere nel suo brodo, senza indicargli nulla da inserire nella scatola e cercavo di portare la conversazione fuori dall’argomento “incontro”.
Sentivo, però, che anche lei stava tramando qualcosa e cercavo di non lasciarmi coinvolgere in quel gioco di nascondersi e progettare. A un certo punto mi sembrò di essere entrata in competizione con Laura, ma non era così. Era, piuttosto, una “lotta” a tenere alta l’eccitazione, che scemava solo nei momenti in cui entrambe eravamo coinvolte nei nostri lavori, nella quotidianità.
Il quarto giorno le chiesi di indossare una minigonna di pelle, il quinto un reggiseno e poi un corsetto. E nei giorni successivi le chiesi di mettere nella scatola altre cose utili, come del maquillage e una parrucca castana.
E finalmente arrivò il giorno dell’incontro. Milano come sempre caotica. La giornata particolarmente afosa. Grondavo sudore, un po’ per il caldo ma anche per l’eccitazione. Fuori la stazione salii su un taxi e mi feci portare dove lavorava Marco. Lui era lì ad attendermi, fuori dal portone, sorridente. Pagai e scesi velocemente dal taxi, precipitandomi immediatamente tra le braccia di Marco. Le sue braccia mi strinsero forte e mi diede un bacio, leggero, come se avesse paura di andare troppo oltre e poi non riuscire a trovare la via del ritorno… per strada e di fronte al suo ufficio dovevamo contenere le nostre voglie.
Ci sedemmo per qualche minuto fuori da un bar nelle vicinanze e ci servirono un aperitivo. Poi lui mi diede le chiavi del suo appartamento e mi chiamò un taxi.
Al riparo dal caldo, nel suo appartamento con il condizionatore che funzionava alla perfezione, misi il naso tra le sue cose. Era più un orizzontarmi tra quattro mura che non avevo mai visto e in realtà cercavo di mettermi a mio agio prima che lui fosse tornato dal lavoro. Decisi di fare una doccia per rilassarmi e lavare via il caldo del viaggio.
Tuttavia, dopo essermi tolta di dosso abiti e sudore, ero in ansia. Avevo davanti ai miei occhi la scena di quando sarebbe rientrato e mi buttai sul letto. Volevo che tutto fosse perfetto. Su uno dei comodini la scatola con gli indumenti che Marco mi aveva descritto. Una scatola di cartone nera chiusa con degli elastici. Non l’aprii, volevo farlo assieme a lui e volevo che fosse lui a porgermi le sue cose per trasformarla in Laura. Il tempo passò in fretta e mi resi conto che Marco sarebbe arrivato di lì a poco.
Sorrisi e mi avvolsi con le sue lenzuola.

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