giovedì 22 maggio 2014

MILONGA DI PASSIONE di Andrea Lagrein




Mi avvicinai al bancone con l'intento di chiedere da bere. Il caldo era soffocante in quella piccola sala così gremita di ballerini. Nessun condizionatore. Nessun ventilatore. Solo alcune finestre aperte che, detto per inciso, non rinfrescavano per nulla ma facevano entrare nugoli di zanzare. Cercai con lo sguardo Vanessa, la mia compagna, e la intravvidi in un gruppetto di altre ragazze. Se la stavano chiacchierando allegramente. Ordinai una birra. Ghiacciata!
A quel tempo stavo con Vanessa. Gran bella ragazza, non c'è che dire! Condividevamo il piacere per il ballo e per il buon sesso. Sul bere, invece, lei era un pò restia. Ma non me ne curavo gran che. Infondo bastavo io per tutti e due!
Non che ne fossi innamorato, che la parola amore era un tantino eccessiva. Ma mi piaceva, e anche molto, e con lei stavo meravigliosamente bene. Si era trasferita da un paio di mesi nel mio bilocale zona Ripamonti, e la cosa mi stava bene. Scopava in modo sublime e, dettaglio non da poco, faceva delle omelette da far venire i brividi. Sicché avevo chetato la mia anima da puttaniere incallito dando prova di una fedeltà inimmaginabile.
Pagai la birra e mi appoggiai al muro nel tentativo di riposarmi. Nel mentre facevo correre lo sguardo sui presenti. E quasi subito i miei occhi furono catturati dai suoi. Big Jack fremette immediatamente e l'antico richiamo frustò tutto il mio corpo.
Lei era seduta su una sedia. E mi fissava. Indossava un lungo vestito rosso, trasparente fra le pieghe, e scarpe dall'identico colore. Aveva le gambe accavallate e la sola vista di quelle cosce ben tornite e quelle caviglie così sfilate inebriarono all'istante la mia sete di lussuria. Con noncuranza sollevò le braccia infilando le mani nella folta chioma riccia, raccogliendo i capelli in un chiaro tentativo di difendersi dal caldo afoso. Quel semplice gesto minò definitivamente tutti i miei buoni propositi di fedeltà!
Non persi tempo. Lasciai il boccale di birra su un tavolino e andai deciso verso di lei. Mi sorrise. Io no! Allungai il braccio in un deciso invito. Lei non ci pensò neppure un attimo. Si alzò e mi diede la mano. L'attirai immediatamente a me. Braccio destro lungo la sua schiena. Mano sinistra nella sua destra. La strinsi a me in una volcada dall'abbraccio molto chiuso, sprofondando il viso nella sua cascata di riccioli. Avvertii i suoi capezzoli inturgidirsi al solo contatto e immediatamente fui avvolto dal suo profumo fresco e delicato. Ero guidato da un solo unico scopo. Eccitarla oltremodo con la danza in cui mi apprestavo a guidarla!
Un sensuale tango di Francisco Canaro diede il via alla nostra camminata. Passo dopo passo i nostri corpi divennero pura armonia, unisono di respiri e folli desideri. Sentivo il calore della sua pelle. Avvertivo la cupidigia impadronirsi lentamente dei nostri pensieri. Lessi l'ardente voglia scintillare nelle sue iridi.
Era come svestirla lentamente, senza fretta, delicatamente, assaporando ogni istante, accarezzando ogni centimetro di quel corpo voluttuoso. Io ero il maschio e lei la femmina. Il tango in fondo è proprio questo. L'uomo conduce, la donna seduce. Io avevo l'iniziativa mentre lei si faceva trasportare docilmente. Io la spogliavo di ogni suo velo, lei si concedeva ebbra di piacere.
D'improvviso mi lanciai in un molinete. Iniziammo, camminando, a girare intorno al nostro stesso asse. Uno, due, tre volte per poi riprendere la camminata. I nostri corpi, ancora una volta, risposero all'unisono, vibrando in modo veemente. Come fosse averla nuda fra le braccia, mentre le mie labbra scivolavano sui turgidi capezzoli assaporandone tutto il calore. La mia decisione la trovò pronta e consenziente. Voleva la mia bocca sulla sua pelle morbida e delicata. Non aspettava altro. E io non persi tempo, avvolgendola di baci infuocati.
Il tempo parve fermarsi. I presenti scomparvero del tutto. Vi era solo la musica e il nostro ballo palpitante, sensuale, erotico all'inverosimile. Vi eravamo solo noi due e l'immensa voglia di sprofondare l'uno nell'altra.
Per farle capire meglio le mie intenzioni feci una sacada con parada, guidandola poi in un ocho all'indietro. Lasciai scivolare una gamba fra le sue, invadendo il suo spazio, per poi interrompere con il piede la sua camminata, facendola in questo modo arrestare e portandola infine con una rotazione a disegnare un otto sul posto.
In fondo mi ero dichiarato. La volevo, la volevo ardentemente. E lei non desiderava altro. Era come se le mie mani, per la prima volta, scivolassero fra le sue cosce, andando a esplorare trepidanti la sua femminilità. Un dito, due dita e la sua lussuria grondante sul palmo. Quasi riuscivo a sentire l'afrore del suo desiderio, l'odore della sua fica ricolma di voglie. Era un profumo inebriante. Era l'aroma della nostra incontrollata passione!
Conclusi l'ocho con un voleo e ripresi la camminata. Volevo gustarmelo lentamente, questo amplesso. Volevo che fosse un tango memorabile. I nostri corpi erano madidi di sudore. La mia mano scivolava sulla pelle imperlata della sua schiena. Eppure i nostri passi continuavano imperterriti. La volevo sentire su di me, fremente, calda, lubrica. Volevo sciogliermi nel calore del suo abbraccio.
Sicché la condussi fino a una sentada, dove lei si sedette su una mia gamba, allungata e tesa verso l'esterno. Sentire i suoi glutei scivolare su di me mi rese folle di desiderio. Avvertire le sue gambe accavallate allacciarsi con fermezza alla mia mi inebriava di lussuria. La vedevo nuda e imperante cavalcare focosamente la mia virilità. La penetrai. La penetrai con foga. E lei mi accolse con il fuoco nelle vene. Mi scopò. La scopai. I nostri corpi si fusero come fossero sol uno. La nostra pelle, umida di sudore, scivolava una sull'altra, accarezzandosi in modo voluttuoso. I suoi baci erano strozzati dagli ansimi di piacere. I miei gemiti si innalzavano come musica brutale. E le fiamme della passione ci arsero completamente.
Fin quando, esausti e spossati, ci fermammo su un lato della sala. La musica era terminata. Il nostro tango era giunto a conclusione. Vidi di sfuggita Vanessa che mi stava fissando. Ma non me ne importava. Avevo occhi solo per lei. Lei di cui ignoravo anche il nome. Glielo chiesi. Lei mi sorrise. E poi me lo sussurrò all'orecchio. Rosa!
Ci staccammo dal nostro abbraccio. Non avrei mai voluto lasciarla. Ma la musica era finita. E lei svanì fra i presenti. Non la rividi mai più.
La mia rosa rossa!
La mia milonga di passione!

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