lunedì 12 maggio 2014

ANGELI DALLE ALI SPEZZATE di Andrea Lagrein




La suoneria del cellulare interruppe il silenzio fra loro due. Un silenzio teso e imbarazzato. Era un SMS. Marta sbirciò fugacemente lo schermo del suo iPhone di ultima generazione. Poi si voltò a guardare l'uomo come se nulla fosse.
"OK, tutto a posto. Ricarica eseguita. Possiamo andare!". La sua normale tranquillità quasi sconcertò l'uomo, evidentemente ancora titubante. Ma troppo era l'eccitazione del momento per porsi ora degli scrupoli di coscienza. Sicché seguì Marta che, nel frattempo, si era avviata in un anfratto buio e nascosto all'interno dell'androne d'ingresso del grande caseggiato. Edilizia popolare, puzzo di piscio e merda in quella zona di miseria di Sesto San Giovanni, periferia milanese.
Mentre camminavano lui le fissava in culo. Quel bel culetto sodo e tondeggiante, che così sinuosamente ancheggiava davanti ai suoi occhi arrossati dalla lussuria. La minigonna attillata lasciava in vista due splendide gambe ben tornite e la magliettina all'ombelico faceva intravvedere un ventre piatto e liscio con due tette certamente acerbe, ma sode e belle grosse.
Ancora non si capacitava di come alla fine fosse giunto a quel punto, lui padre irreprensibile di una bimba di quattro anni e marito fedele nei saecula saeculorum. Sapeva solo di non aver resistito a quello sguardo intenso e provocatore che lei gli lanciò quel giorno stesso al bar, dove stava sorseggiando il solito caffè. Quel viso d'angelo lo aveva irretito all'istante!
Due chiacchiere, la richiesta di una sigaretta e i suoi occhi languidi avevano fatto il resto. Sicché quando lei alla fine gli disse che era messa male, che non aveva nemmeno i soldi per ricaricare il telefono, che i suoi genitori praticamente era come se non ci fossero e che sarebbe stata disposta anche a far pompini pur di poter essere nuovamente connessa in rete con il suo mondo di amicizie, beh, lui non seppe resistere.
E ora si trovava lì, in piedi, in quel lurido posto mentre lei si inginocchiava, gli slacciava i pantaloni, prendeva il suo uccello in mano iniziando poi a succhiarglielo con maestria.
Solo che lei, Marta, non era una puttana di professione. O forse sì, dipende dai punti di vista! Marta era una ragazzina di tredici anni, che andava a scuola e in estate frequentava l'oratorio estivo. Marta era nata e cresciuta in quel quartiere. E in quel quartiere, per necessità, si diventava grandi velocemente. Anche se avevi tredici anni. Non aveva alcuna importanza. Era puro spirito di sopravvivenza!
Ben presto Marta, come molte sue coetanee del resto, aveva capito cosa poteva sfruttare per ottenere tutto ciò che desiderava. Aveva capito che gli uomini, non tutti ma la maggior parte, erano disposti a tutto pur di avere ciò che lei aveva avuto in regalo dalla natura. Fica, tette, sesso! E per lei, succhiare cazzi, non era poi un così gran disturbo se serviva a ottenere un bel paio di scarpe o dei jeans firmati. Che quelle cose, dai suoi genitori, non le avrebbe mai avute!
Già! I suoi genitori! Era brava gente ma anche loro avevano i loro problemi. Il padre lavorava saltuariamente bazzicando le varie carpenterie della zona. E quando non lavorava, passava le sue giornate nei bar del quartiere bevendo bianchini in continuazione. Sua madre, che, detto per inciso, amava alla follia il marito perdonandogli tutto, faceva la donna delle pulizie per clienti occasionali, di quelli con la puzza sotto il naso, di quelli che avevano belle case in centro città con tappeti costosissimi, di quelli che la trattavano a calci in culo per il semplice fatto di ritenerla un essere inferiore, di quelli che sua madre nonostante tutto venerava e ammirava.
No! A Marta quella vita stava stretta. Non voleva finire così. Lei voleva possedere tutto ciò che i suoi amici avevano. Lei voleva essere uguale agli altri. E pazienza se doveva fare qualche pompino. Non era poi così una tragedia! Certo, le capitava un pò di tutto. Cazzi grossi e cazzi piccoli. Gente che pareva non lavarsi da un secolo e uomini profumatissimi. Ragazzi giovani e sessantenni arrapati. Ma tanto, alla fine, chi lo sapeva? E lei, così, poteva fare una vita normale, come tutti gli altri!
L'uomo inarcò la schiena. Le gambe gli tremavano del tanto era forte l'eccitazione. Quella ragazzina ci sapeva fare, non c'era alcun dubbio! Lasciò scivolare le mani fra i suoi capelli e le spinse il membro ancor più in profondità. Sentì la ragazza annaspare, quasi soffocare, ma a quel punto non gli importava più nulla. Voleva solo godere, godere, godere. E poi, cazzo, mica aveva pagato per quel pompino? Cinquanta euro di ricarica telefonica. Ben cinquanta euro!
Marta capì che l'uomo stava per venire dal respiro affannato, dai mugugnii sempre più intensi e dall'uccello teso allo spasimo. E infatti, poco dopo, lui le venne copiosamente in bocca, ululando e gemendo senza più ritegno.
Terminato il tutto lei si alzò, un pò dolorante alle ginocchia per la posizione non certo comoda, mentre lui si accasciò appoggiandosi al muro, con i pantaloni ancora calati, gli occhi chiusi e visibilmente affaticato ma soddisfatto.
"Adesso devo andare. Se ti viene ancora voglia, il mio numero lo conosci" disse lei pronta ad andarsene. Lui aprì gli occhi di colpo e velocemente la afferrò per un braccio.
Marta quasi si spaventò per quel gesto. In fondo era sempre una ragazzina sola con un uomo adulto. Sai quanti ne aveva sentiti di episodi del genere! Lui capì immediatamente la situazione e la lasciò. Non voleva certo spaventarla.
"Senti" iniziò timidamente biascicando le parole. "E se volessi scopare?". Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi. Fissava la sudicia pavimentazione che aveva sotto i piedi. Per lei non era una novità quel genere di richieste. Ma si considerava una persona per bene, educata in un certo modo, e la verginità era pur sempre la verginità. Da perdere solo con l'uomo che avesse realmente amato e non con un porco pervertito occasionale buono solo per essere considerato un bancomat!
Ma poi ripensò a quelle splendide scarpe di Jimmy Choo che aveva visto in quel negozio ficosissimo. Quella troia di Annalisa sarebbe morta di invidia nel vedergliele addosso! Solo che, cazzo, costavano più di cinquecento euro. Dunque, come fare?
Marta ci pensò velocemente. La verginità no. Non poteva svenderla per un paio di scarpe, seppur bellissime. Che poi, quando si sarebbe venuto a sapere, immancabilmente sarebbe stata bollata come una puttana per tutto il resto della sua vita. E addio sogni di matrimonio, che una donna così, un uomo, certo non la vuole!
Alla fine fissò l'uomo dritto negli occhi. "Senti un pò, per settecento euro ti posso dare il culo. Ci stai?". L'uomo quasi trasecolò davanti a quella tredicenne che gli faceva una simile proposta. Ma alla fine cedette. Non sapeva resistere alla tentazione.
"Allora siamo intesi. Ci vediamo domani. Tu porta il grano che poi io ti faccio scopare il mio culo. A domani, tesoro!".
Marta uscì dall'androne sorridente. Cazzo! Domani o al più tardi dopodomani avrebbe potuto comprare quel paio di scarpe da sballo. E tutte sarebbero morte d'invidia!

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