venerdì 9 maggio 2014

PRESENZE di Allie Walker




Era un piacere pronunciare il suo nome, il suono le usciva flebile dalle labbra e sorrideva. Era spontaneo sorridere e pensarlo e, quando lo sussurrava, la sua anima si colmava di piacere. Era un segreto che custodiva gelosamente, era la voglia di lui, il desiderio di averlo accanto e quel nome sulle labbra usciva come se fosse una reliquia e non avrebbe mai osato pronunciarlo ad alta voce. Come se urlandolo avesse potuto dissipare il suo fascino, l’intrigo, la sensualità di quell’uomo che osservava da lontano ogni giorno benedetto che andava a in ufficio. Non gli aveva mai rivolto la parola pur essendo colleghi, lui sembrava sempre molto indaffarato e quando era in relax c’era sempre qualche altra donna che gli si strusciava contro. Rossa di gelosia girava lo sguardo e tornava al suo lavoro. Ma quel nome affiorava poco dopo nei suoi pensieri sopra ogni cosa, sopra ogni altra persona che era in quell’ufficio, sopra ogni telefonata che riceveva da qualche probabile cliente. E quel nome, un giorno, divenne un peso insopportabile da tenere sulla lingua. Per tutto il giorno trovò difficoltà nel concentrarsi, lui non c’era e le mancava quella presenza, quel ghigno beffardo e dannatamente sexy che attirava un po’ tutte le donne. Ripeté il suo nome all’infinito, solo in testa, ma non ne traeva conforto come in passato. Era sul punto di crollare dal nervosismo e quello stato che ribolliva dentro di lei sarebbe presto esploso in un'altra maniera.
Tornò a casa con un grosso peso che aumentava a ogni passo che faceva verso la sua dimora, solitaria.
Infilò la chiave nella toppa e da lì iniziò il suo fantasioso viaggio verso il piacere.
Si spogliò lanciando gli indumenti alla rinfusa, fino ad arrivare in camera che era nuda. Aprì le finestre, il caldo di inizio estate si faceva già sentire. Il suo corpo si contrasse appoggiandosi al letto nel tentativo di domare quello stato ansioso che le aveva fatto compagnia per tutto il giorno e si trovò a pronunciare il nome di lui a voce alta e senza paura. Attese che la tensione si placasse massaggiandosi lieve le braccia e poi il ventre piatto, ma aveva bisogno di più forza. Aveva bisogno di imitare l’intensità di un altro corpo che le si strusciava contro, aveva bisogno di altra pelle e altre mani. Che non aveva!
E allora si alzò dal letto e si diresse verso l’armadio. Ridacchiò e con in mano l’oggetto del piacere si distese di nuovo sul letto. La pancia tremò sotto quel tocco e i capezzoli si inturgidirono, il petto si alzava e si abbassava lentamente, respiri profondi mentre il massaggio si spingeva verso il basso. Tutto quello che riusciva a pensare era quanto velocemente quell’oggetto che aveva in mano poteva portarla all’orgasmo. Ma non voleva che accadesse, non voleva la velocità, ma l’intensità. E si dimenticò di lui, momentaneamente.
Puntò il giocattolo sul clitoride e dimenò i fianchi per avere maggiore intensità. Sentì una immediata sensazione di calore e gli umori colare tra le pieghe della figa. Non ci volle molto per esplodere, nonostante avrebbe preferito aspettare, ma fu inevitabile. Altrettanto imprevisto fu quel nome, che le sembrava aver accantonato per assecondare il piacere e godersi anche mentalmente quel momento in solitudine, che invece uscì dalla sua bocca con un urlo. Lo urlò più volte quella sera e per ogni volta che lei urlò quel cazzo di nome i suoi muscoli si irrigidivano e poi si muovevano in spasmi incontrollabili. Si crogiolava nella fantasia che potesse sentirla ogni volta che aveva goduto gridando il suo nome ma gioiva del fatto di poter godere anche da sola. E lo fece ancora, gridò un’ultima volta, più forte delle altre, i seni scossi dall’agitazione del piacere, le braccia divennero un pasticcio sciatto lungo il letto, le gambe irrigidite mentre aspettava di placarsi, fino a quando tutto l’amore che aveva nel corpo era colato fuori di lei.
E mentre sorseggiava un bicchiere di acqua fresca si rese contro che aveva urlato per tutto il tempo e forse i vicini l’avevano sentita. Alzò le spalle, indifferente. Solo allora si accorse della finestra aperta e della figura oscura in piedi in mezzo alla grande finestra del palazzo di fronte poco distante dal suo.

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