sabato 26 ottobre 2013

TERAPIA DI COPPIA di Giuseppe Balsamo




Anche quella sera lui le scivolò a fianco, allungando la mano verso l’abat-jour spegnendo la luce. Nemmeno un buona notte, nessuna parola. Dopo breve sentì il respiro pesante di colui che una volta era il suo amante, oltre che marito. Molte immagini gli si affollarono nel buio, sentiva nello stomaco una rabbia che cresceva fino a raggiungere gli occhi aperti nella notte. Lacrime calde sgorgarono sul suo viso, il pensiero di allungare una mano verso di lui affiorò veloce come un treno in corsa, ma come un convoglio ferroviario immediatamente svanì nel nulla; sarebbe solamente servito a guadagnarsi l’ennesimo rifiuto; ancora una volta si sarebbe sentita ripetere: “Non fai un cazzo tutto il giorno e la notte vuoi scopare?, io sono stanco ho lavorato cazzo!!”.
Lentamente il sonno arrivo, liberatorio, blando, in grado di tranquillizzarla per qualche ora, come bonaccia sul mare increspato.
Quel pensiero lo rimuginava ormai da qualche mese, era solo indecisa su come affrontare il discorso. L’avrebbe trattata sicuramente come una troia, come l’ultima delle puttane, ma forse era meglio quello dell’indifferenza che, ormai, li stava distruggendo. Prese la sua decisione, che accadesse quello che doveva accadere.
Quella sera dopo cena, aspettò che anche lui fosse seduto sul divano, completamente immerso in qualche insulso evento calcistico. Queste cazzo di partite ormai le facevano ogni sera; in mancanza della diretta c’era qualche imperdibile differita che lo attirava più di qualsiasi impresa erotica. Decise di provare, prese il suo I pad, scelse la home page dell’unico “Club Privè” presente in provincia, annunciò come sempre che andava a struccarsi e poi a letto, lasciando incurante lo strumento elettronico aperto sul divano , in bella mostra.

Anna si mise sotto le lenzuola, accese la luce immergendosi nel suo libro, aspettando che succedesse qualcosa, sperando che succedesse qualcosa.
Quando Andrea arrivò in camera da letto non aveva la faccia per niente allegra; lei lo conosceva, non era il tipo da tenersi le cose dentro, amava affrontare le situazioni senza rifletterci troppo su, anche sbagliando ma mai rinviando.
“Ti piacciono i posti da puttana?!”, era sulla porta della camera da letto, le aveva appena lanciato l’I Pad sul materasso col rischio di romperlo. Il viso imbronciato, gli occhi trapelavano un misto di cattiveria e forse eccitazione, o forse era lei che si illudeva di leggere questo nel suo sguardo.
Anna prese l’I Pad, limitandosi a poggiarlo sul comodino: “Me ne ha parlato un’amica ed ero incuriosita tutto qui, non è il caso di incazzarsi siamo grandi tutti e due no?!”.
Lui la guardava in silenzio, come se si aspettasse qualcosa, come se volesse pronunciare qualche parola, ma non ne avesse il coraggio.
“Andrea io ti amo, sei il mio uomo. Non ti tradirei mai, però non c’è nulla di male a fantasticare, provare esperienze nuove. Tra noi c’è qualcosa che non va più “.
L’uomo uscì dalla stanza, non rispose, si limitò a ripetere le solite noiose ed odiose azioni che lei doveva sorbirsi tutte le sante sere, si infilò nel letto, occupando la sua parte , addormentandosi senza dar più seguito alla discussione.
Passarono alcuni giorni, caratterizzati dal marcato mutismo di lui, dal quale non si smuoveva nemmeno al cospetto delle sue consolidate frecciatine; capaci di farlo incazzare in un nano secondo, incendiare come la capocchia di uno zolfanello. Niente, provava a provocarlo, stuzzicarlo, ma Andrea a mala pena le rispondeva.
Anna ormai era convinta di aver sbagliato, che forse lui non era l’uomo adatto per quelle cose. Gli si prospettava davanti l’ennesima cena in tedioso silenzio, col solo TG a far compagnia al rumore delle posate e dei piatti.
Il silenzio fu rotto dalla voce di lui: osservava interessato l’origano sulla mozzarella, come fossero i primi astronauti sbarcati sulla luna, quando cominciò inaspettatamente a parlare:”Il venerdì sera è aperto, anche il sabato, però ci sono solo puttane e coppie finte. Dicono che la serata migliore per provare è il martedì, neanche troppo tardi, aprono alle dieci”. Uccise gli astronauti col coltello, tagliando il pianeta lunare in due pezzi per mischiarlo con il pomodoro.

Anna restò per un attimo con la forchetta a mezz’aria, osservandolo, cercando di capire cosa stesse pensando, ma lui era impenetrabile. Impossibile comprendere se fosse stata una scelta dettata dal desiderio o dalla curiosità di provare, oppure dal volerla accontentare in quella scellerata impresa che, probabilmente, avrebbe distrutto del tutto il loro matrimonio.
Si alzò per cominciare a sparecchiare, di schiena e senza osservare la sua reazione, si risolse a rispondergli:”Va bene per martedì. Magari andiamo solo a curiosare. Può farci bene, lo capisci vero?”
Andrea sfilò una sigaretta dal pacchetto, dirigendosi verso il balcone, passò dietro di lei, per la prima volta, dopo chissà quante settimane, le sfiorò i capelli con due dita, come non faceva da tanto: “Speriamo Anna. Lo spero davvero”.

Martedì sera arrivò prestissimo, lei scelse un vestitino rosso, appena sopra il ginocchio e scollato dietro. Quello che lui preferiva. Andrea invece infilò i jeans sdruciti, una giacca nera ed una camicia bianca, il massimo della sua eleganza.
In auto si guardavano, come se entrambi stessero andando al primo appuntamento. Anna provò a dirgli che erano ancora in tempo ad andare a bere qualcosa che non era necessario, ma lui non volle ascoltare, dirigendosi verso il locale che avevano scelto, che lei aveva scelto.
L’ambiente non era male. Una discoteca come tante: le solite luci, il solito bancone del bar, la solita pista da ballo, i soliti divanetti. Non c’era tantissima gente; una ragazza che li accolse all’ingresso disse che tra un po’ sarebbe arrivata altra gente. Andrea andò al bar ed ordinò uno Scotch per sé ed un Daiquiri per sua moglie, entrambi ormai sapevano bene cosa volevano.
Imbarazzati sedevano vicini su quel divanetto, sorseggiando le bevande, guardandosi intorno, auto convincendosi tra loro che il posto era carino e che comunque ne era valsa la pena. Qualche coppia ballava al centro della pista, persone del tutto normali: nell’età, nell’abbigliamento, nei modi, niente di eccessivo al contrario di come ci si sarebbe potuti aspettare in un luogo del genere.
“Possiamo sederci? Sono Marco, lei è mia moglie Dana”. Andrea ed Anna si guardarono per un attimo negli occhi, facendo spazio ai nuovi arrivati, senza avere voglia né intenzione di dimostrarsi entusiasti, né di inventarsi qualche scusa improbabile.
Sia Marco che Dana sembravano giovani. Forse sui trent’anni, o poco più. Marco al contrario di Andrea era completamente privo di capelli, un bel ragazzo dalla testa rasata, con addosso un completo grigio scuro. Dana al contrario di Anna era bionda, aveva dei bei lineamenti ed indossava uno striminzito vestitino nero che le lasciava scoperte le cosce, non lasciando nulla all’immaginazione.
Per fortuna erano entrambi simpatici e molto allegri, così si trascinarono a vicenda in un giro dopo l’altro di bevande alcoliche che servì ad allentare la tensione.
Per fortuna, pensavano sia Anna che Andrea, senza sapere l’uno ciò che passava nella testa dell’altro, ma all’unisono allineandosi sulla stessa idea, non c’era nessun accenno al sesso o alla voglia di scambiarsi i rispettivi consorti.
All’improvviso però qualcosa cambiò. La mano di Dana si allungo verso la patta dei pantaloni di Andrea. La ragazza bionda si rivolse ad Anna alludendo alle dimensioni del sesso del marito. Andrea, vistosamente imbarazzato rivolse lo sguardo alla moglie, aspettandosi una reazione. Anna di rimando sorrise, replicando scherzosamente che non è che si ricordasse granchè bene l’ultima volta che l’aveva visto, posando un bacio sulle labbra del marito e provocando così una risata generale, mentre la mano di Dana non voleva saperne di staccarsi dal “pacco” di Andrea.
Era chiaro che la provocatrice del gruppo era la ragazza bionda: prese la mano di Anna e quasi a forza la spostò sull’inguine di Marco:”Se devo essere sincera anche io ho dei ricordi remoti, prova a raccontarmelo tu!”. Anche in questo caso tutti risero, mentre le due donne massaggiavano con noncuranza il membro di colui che non era suo marito.
Dopo le risate generali, accadde che tutti e quattro presero piena consapevolezza di ciò che stava avvenendo. Cadde il silenzio, si incrociarono gli sguardi al suono della musica. L’eccitazione crebbe ed Andrea assaggiò il collo di Dana, al cospetto di sua moglie e del marito di lei, chi fissava tutto ciò che avveniva, godendosi le carezze sempre più insistenti di Anna.
Fu Marco a proporre di visitare il locale, vincendo a malincuore le attenzioni della nuova amica.

Camminavano barcollanti, le due donne dietro, loro due davanti. Tutti e quattro complici di ciò che forse stava per avvenire.
I due uomini sentivano dietro di loro le due donne ridere allegramente, Andrea fece spallucce, accedendo ad una sala chiusa da una pesante tenda in velluto amaranto.
La musica all’interno era diversa e decisamente più soft, le luci erano soffuse ed essenze aromatiche si diffondevano nell’ambiente, al centro della stanza a pianta circolare c’era un grosso letto della stessa forma.
“Bello qui”, disse Anna, mentre si trovò avvolta dalle braccia di Marco che da dietro le posava le labbra sul collo, scuotendola in un brivido che non sentiva da molto.
Dana si stese sul letto, tirandosi su il vestitino a scoprire le minuscole mutandine in pizzo viola trasparenti. Anche Anna si stese sul morbido talamo immediatamente a destra; entrambe osservavano i due uomini e proprio Anna si fece sentire, provocandoli:”Ci starebbe bene uno spogliarello per ravvivare la serata” scoppiando a ridere.
I due maschi, non se lo fecero ripetere, cominciando a denudarsi, restando con indosso solo gli slip.
Le due donne applaudirono divertite, gli occhi puntati sui membri di ciascuno che spingevano sotto il tessuto delle mutande.
All’unisono si avvicinarono al letto, ognuno adocchiando la donna dell’altro. Marco si distese su Anna, aiutandola a disfarsi del vestitino rosso, Andrea fece altrettanto con Dana.
Non era il luogo né il contesto per lasciarsi andare a preliminari, su quel letto vi erano due donne appoggiate sulla schiena, nude degli abiti e di ogni inibizione, su di loro i due uomini le penetravano: ora lentamente ora con maggior veemenza.
Colpi su colpi, a tratti lo sguardo di Marco e di Andrea si incrociava, in un miscuglio di primitiva eccitazione e sfida. Non vi era più il piacere del corpo, dell’atto fisico, ma l’eccitazione degli sguardi, l’osservare ciascuno il volto della propria donna trasfigurato, mentre veniva montata da un altro.
Gli ansimi ed i gemiti riempivano la stanza, sul punto di avere l’orgasmo fu Marco a dare un colpetto sulla spalla di Andrea, richiamando la sua attenzione. Nell’apice del piacere ognuno di loro volle ritornare sulla propria femmina, si scambiarono di posto riversando così il proprio seme sul corpo bianco e sudato della propria donna.
Dopo furono quattro copri distesi sul letto tondo, ad osservare il vuoto, in un silenzio intramezzato da battute stupide, necessarie ad alleviare l’imbarazzo ancora presente.

Il viaggio verso casa fu veloce, in auto Andrea ed Anna si osservavano. Non c’era astio, solo quiete e complicità.
Entrati in casa l’uomo scaraventò la sua donna sul tavolo della cucina, sollevandole il vestitino e trovandola priva delle mutandine:”Sei una puttana!”. Era eccitato e cominciò a montarla con violenza. “Si, sono la tua puttana” la voce di Anna era calda, bassa, sensuale “Ora scopami come una puttana!”
L’orgasmo fu rumoroso, gli oggetti cadevano per terra. Avevano ritrovato qualcosa che era andato perso.
Le speranze di Anna non furono tradite, non andarono più in quel locale, non ebbero rimpianti per quello che accadde.
Mancava loro la complicità, il sentirsi ancora desiderati, le ritrovarono e fu la loro terapia di coppia.

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