Sulla mia poltrona, quando tutto tace,
posso cedere i miei dubbi all’aria che mi circonda
e liberarmi di un fardello,
come un crepuscolo precoce
che muore per lasciare spazio
a un giorno di un amaro inverno.
La tristezza si batte contro la tristezza,
ad armi pari.
E un profondo sospiro
sarà tutto ciò che mi rimarrà da porgere
a quel profondo baratro di acque putride
che costeggia e circonda il mio castello,
suonerà come un inquietante lamento,
aggiunto a lamenti di altra natura.
Mi arrendo, pronuncio a fior di labbra,
i sogni rimarranno sogni.
Le parole scivolano sulle labbra secche
e un altro sospiro si prende gioco della mia gola,
rimane strozzato.
Affondo mentalmente le mie unghie
disegnando graffi che sanguinano -gocciolando-
giù dentro il petto,
fino ad arrivare al cuore.
E la mia stessa mano lo strizza,
come si fa con una spugna intrisa di liquidi immondi,
e poi strozza i suoi battiti,
trovo il modo di fargli perdere colpi
per non sentirlo nel petto,
per non sentire che tutto sta morendo.
Niente più di tutto questo,
-sussurro ancora per spezzare del tutto
quel sogno che rimarrà solo un sogno-
andrò avanti, con calma e coraggio,
nella realtà.
Il dolore affonda tragicamente ma rimane immobile,
-non scompare il perfido-
sospeso a metà tra la profondità del buio baratro
e appena sotto la superficie di quelle acque
che sono diventate limpide,
prendendosi gioco di me,
tanto da riuscire a scorgerlo -il dolore-
come attraverso un vetro appannato.
Vedo la bellezza di quei sogni
ma non riesco ad afferrarli
e rimane un vuoto nella mia vita.
Non mi resta altro che perseguitare me stessa,
senza dover mai veramente impegnare la mia anima
a vivere completamente.
posso cedere i miei dubbi all’aria che mi circonda
e liberarmi di un fardello,
come un crepuscolo precoce
che muore per lasciare spazio
a un giorno di un amaro inverno.
La tristezza si batte contro la tristezza,
ad armi pari.
E un profondo sospiro
sarà tutto ciò che mi rimarrà da porgere
a quel profondo baratro di acque putride
che costeggia e circonda il mio castello,
suonerà come un inquietante lamento,
aggiunto a lamenti di altra natura.
Mi arrendo, pronuncio a fior di labbra,
i sogni rimarranno sogni.
Le parole scivolano sulle labbra secche
e un altro sospiro si prende gioco della mia gola,
rimane strozzato.
Affondo mentalmente le mie unghie
disegnando graffi che sanguinano -gocciolando-
giù dentro il petto,
fino ad arrivare al cuore.
E la mia stessa mano lo strizza,
come si fa con una spugna intrisa di liquidi immondi,
e poi strozza i suoi battiti,
trovo il modo di fargli perdere colpi
per non sentirlo nel petto,
per non sentire che tutto sta morendo.
Niente più di tutto questo,
-sussurro ancora per spezzare del tutto
quel sogno che rimarrà solo un sogno-
andrò avanti, con calma e coraggio,
nella realtà.
Il dolore affonda tragicamente ma rimane immobile,
-non scompare il perfido-
sospeso a metà tra la profondità del buio baratro
e appena sotto la superficie di quelle acque
che sono diventate limpide,
prendendosi gioco di me,
tanto da riuscire a scorgerlo -il dolore-
come attraverso un vetro appannato.
Vedo la bellezza di quei sogni
ma non riesco ad afferrarli
e rimane un vuoto nella mia vita.
Non mi resta altro che perseguitare me stessa,
senza dover mai veramente impegnare la mia anima
a vivere completamente.
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