martedì 10 settembre 2013

IL VIAGGIO di Gianluca Jazz Giannini



 

 Il treno parte, mi lascio alle spalle giornate senza fine, senza senso e senza un perché. Ho preso la prima destinazione a disposizione per allontanarmi da tutto ciò che non mi dava più gioia per seguire quel richiamo seppur flebile della vita, per riscoprire il piacere delle cose, magari viste dietro... un finestrino in corsa, apprezzarle senza fermarle e trattenerle. Ultimamente mi sembra di rovinare tutto, compreso il restauro dell'affresco della chiesetta del paese e di cui ho sospeso i lavori a tempo indeterminato. Ho detto basta perché mi succhiava ogni energia rendendomi insoddisfatto di me stesso. Ora sono qui, sprofondato in questo scomodo posto blu elettrico del treno. Mi rifletto sul finestrino cullato dal rollio del vagone. Ancora non riesco a staccare dalla mia realtà, sembra essersi arpionata a me come una zavorra. La porta dello scompartimento si apre improvvisamente mi volto appena, non mi interessa. Riprendo a specchiarme i miei pensieri sul vetro del finestrino
- E' libero
Mugugno qualcosa in segno di assenso senza voltarmi.
- Certo che lei non è di molta compagnia
La osservo cercando di capire cosa voglia realmente. E' una ragazza giovane, capelli scompigliati una gonna corta che si ferma a metà coscia. Gli occhi neri, vivaci che sembrano volerti spogliare l'anima.
- Non mi piace passare tutto il tempo in silenzio, mi rompo le palle.
Continuo ad osservarla (embè a me che mi frega)
Si volta e poggia il suo bagaglio a mano nella cappelliera sopra il posto davanti al mio. Una sacca sdrucita che doveva contenere poche cose. L'essenziale per lei.
L'assetto del treno cambia facendole perdere l'equilibrio. Cade all'indietro, le mie mani pronte sorreggono quel corpo esile avvertendo le ossa.
- Mi scusi sa, non l'ho fatto a posta.
Facendo leva sulle mie braccia riacquista l'equilibrio.
Si volta mi tende la mano.
- Piacere Cristina.
- Piero
- Ora possiamo darci anche del tu.
Faccio un cenno di si con il capo.
- Sai che da quando sono entrata non sono ancora riuscita a sentire la tua voce?
Sostava davanti a me, guardandomi dall'alto in basso.
Il rollio del vagone esaltava lo spostamento dei seni apparentemente liberi di muoversi sotto la maglietta aderente.
- Mi dai l'aria di uno studente fuori corso, dice rimanendo in piedi sopra di me.
- Ti conviene sederti Cristina, potresti cadere nuovamente
- Beh ci sei tu che mi salvi come prima no?
Accetta il consiglio, si siede davanti a me, accavalla le game lasciandomi intuire il bianco del suo intimo. Appoggia il gomito sul ginocchio e sulla nocca della sua mano vi fa reggere il viso.
- Scappi? Dice
In effetti, ci ha colto in pieno.
- Cosa te lo fa pensare
- Il tuo stato vitale, occhi bassi come un cane bastonato.
- Allora vuol dire che scappo
- Perché?
Osservo cercando di rispondere in maniera generica...
- Perché non mi piace più ciò che faccio.
Mi accorgo solo ora che ho invece lasciato il fianco a mille altre domande....infatti.
- Perché cosa fai?
- Restauro affreschi
- Interessante, sei un'artista.
- No, restauro solamente.
- Hai belle mani però, mani piene, possenti. E' una delle cose che mi piacciono negli uomini.
Lo porta dello scompartimento si apre nuovamente. E' il controllore che chiede di esibire il nostro documento di viaggio.
Cristina si alza, fruga nella sua borsa che sembra non aver fine e riesce a trovare qualcosa di simile a un biglietto. Il controllore lo osserva attentamente e poi dando un'occhiata sommaria al mio si richiude la porta alle spalle scomparendo nel resto del vagone.
Cristina butta dentro la sacca il biglietto con il fare di un turista che getta una moneta nel fondo del pozzo esprimendo un desiderio. Si volta sta per accomodarsi, la osservo, è stato un istante, vorrei che succedesse qualcosa, il treno ha un nuovo sussulto, Cristina sta per cadermi addosso , protendo le mani in avanti, ma lei ha avuto la capacità di trattenersi alla cappelliera della mia parte. Le mie mani sono tuttavia sui suoi seni, raccolgono pienamente quelle forme morbide.
Inclina la testa all'indietro e dice “Si”
Mi affretterei a toglierle pensando di essere invadente, ma è lei ora a trattenerle lì a farsi massaggiare quei seni piccoli ma sodi. Scende sui miei polsi e incomincia a dare il ritmo, prima uno e poi l'altro.
Guida la mia mano sotto la maglietta, avverto lle sue punte turgide tra le dita.
- Così, prendi anche l'altro.
Mi sto eccitando, lo sente anche lei mentre incomincia a sbottonarmi i jeans e a decongestionare il mio sesso. Lo massaggia di quel tanto da fargli prendere una buona consistenza.
Porta la sua gonna fin sopra le cosce e mentre con una mano scosta gli slip con l'altra afferra la verga sfiorandosi il suo sesso. Scende su di me, lentamente, sentendo quell'arnese invaderla piano piano fino alle viscere. Ciondola avanti e indietro movimenti lenti, profondi. Sento il mio sesso stringersi nella sua morsa vaginale. Sollevo la sua maglietta e porto i suoi seni alla bocca mentre tengo i suoi glutei ben divaricati.
La sento chiamare il suo primo orgasmo, continua a spingere , a cavalcarmi ,seguendo il rollio del treno esplodo dentro di lei e sento la sua nuova contrazione.
Mi guarda con faccia soddisfatta, premendo i denti sul suo labbro inferiore.
- Voglio dirti una cosa, non esiste un posto dove stiamo male, o meglio ce ne sono tanti dove stiamo male, ma ciò è dipeso solo dal tuo stato vitale. Prima eri sulle tue, poi pian piano sei uscito dal guscio, hai fatto l'amore, o hai fatto sesso come preferisci tu, ma ora i tuoi occhi vogliono parlare nuovamente al mondo, vogliono ascoltare. E' così quando cambiamo stato vitale è come prendere un ascensore che ci permette di vedere le cose da un'altra prospettiva.
La guardai per quell'ovvietà che mi aveva fatto acchiappare. La bacia chiedendole di fare ancora l'amore lì, mentre dal finestrino osservavo il colore dei prati di un verde mai visto, lo stesso che mi mancava per completare l'affresco della chiesetta del paese.




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