venerdì 20 settembre 2013

L'AMICO NON AMICO di Gianluca Jazz Giannini




- Non ho mai pensato a te se non come un caro amico.
Caspita che rivelazione, è una di quelle frasi che ti mette fuorigioco. Out per tutto il campionato. Avevo passato l'ultima parte della mia vita (gli ultimi due anni e mezzo) con il suo desiderio tra le mani. Sprecando ovviamente litri del mio seme. Mattina e sera, da quando mi alzavo a quando andavo a letto. Lei, il mio chiodo fisso.
La mia finestra infatti mi consentiva di vedere ogni suo movimento sbirciando attraverso la sua.
Quella frase ora chiudeva ogni porta, ogni speranza. Da oggi me la sarei dovuta scordare. Avrei dovuto dimenticare i vestiti trasparenti che indossava, i mini completini che non lasciavano sfuggire niente alla mia fervida immaginazione adolescenziale e le sue sfilate nella sua stanza, dove lei era assolutamente inconsapevole che i miei occhi si riempivano di lei.
Si perché la storia che sto per raccontarvi appartiene al mio passato giovanile.
Lei era di qualche anno più grande di me. Un divario che io cercavo appunto di colmare osservandola di nascosto dalla mia finestra. Abitava allo stesso piano, non proprio dirimpettai, ma vicini di casa.
Dicevo... che non faceva caso a me, non mi considerava, per cui questo fattore giocava a mio vantaggio, perché mi consentiva di vederla passare spesso attraverso la sua finestra, davanti alla mia camera in abiti sucinti. Aveva un seno già compiuto, uno di quelli per i quali immagini di fare certe zozzerie e non ti risparmi a fantasticarne 1000 altre.
La vedevo uscire con ragazzi più grandi lei, di quelli che avevano macchine di lusso, una cravatta per ogni giorno della settimana. La testa sempre impomatata e l'aria che si impestava di profumi esotici. Già perchè li faceva salire fino alla sua porta di casa e poi scompariva insieme a loro, per poi ricomparire sotto, nello spiazzo del palazzo dove il cavaliere di turno le apriva la portiera dell'auto.
Ma di questo lei non era felice, le mancava qualcosa.
Ecco allora che io, nei miei sogni ero il suo salvatore. L'aspettavo rincasare, per fantasticare nel reale, la vedevo spogliarsi e abbassare la tapparella, rinchiusa nella sua solitudine.
Quel giorno la tapparella non la chiuse, la vidi piangere, sconsalata tra i suoi avambracci ripiegata sulle sue ginocchia. Il suo corpo sussultava fino a che non si accorse della mia luce accesa e di me che che ero rimasto incautamente ad osservarla dalla mia finestra. Si alzò asciugando le sue lacrime sui suoi avambracci, sbavandosi tutto il trucco della serata. Ma forse le lacrime glielo avevano già sbavato.
- Non dormi?
- Non ci riesco se so che stai piangendo.
Si era alzata appoggiandosi sul davanzale, lo ricordo bene, aveva una sottoveste trasparente rossa.
- Se non fossi così giovane Gian..
ecco l'aveva detto
- Perchè cosa faresti se non fossi così giovane?
- Niente - disse - Non ho mai pensato a te se non come amico.
- Io però ti ho spesso pensato in modo molto diverso.
Dico audacemente, forse ho scambiato il sogno per la realtà? Dove ho trovato tutto quel coraggio.
- Davvero Gian? E come mi avresti pensato?
- Sei sicura di volerlo sentire proprio oggi? Non sono cose da dire affacciati alla finestra. Posso fare una pazzia....vengo da te?
- E come fai è altuccio da qui.
- Scavalco....
- …..
Il desiderio è pazzia, follia allo stato puro.
- Non è altissimo, si può fare passo attraverso il cornicione e sono da te
(più facile a dirsi che a farsi). L'operazione riesce, una mano sul mio parapetto e uno su quello della sua finestra.
- Tirami su, gli chiedo. Mi afferra e lascio la presa della mia finestra. Scavalco il suo parapetto e sono da lei
Siamo uno a un passo dall'altra. I nostri respiri si intrecciano, almeno così sento io, il suo alito profuma di fresco, di menta.
- Sei bella - esordisco
- Dimmi Gian, oggi può essere la tua giornata dell'amico non amico.
- La guardo. Non ho parole, non ho discorsi. Si sono tutti prosciugati dentro le mie labbra. Quelle che ora cercano le sue.
Gesti semplici, e la sua sottoveste scivola giù. Aiutata chiaramente dalle mie mani.
Per un attimo si stacca da me.
- Aspetta Gian. Spegniamo la luce.
La sua pelle diventa blu, la luna ha il colore dell'amicizia e risplende sulla sua pelle.
I suoi capezzoli rispondono ai palmi delle mie mani, raccoglie i capelli, con un elastico che toglie da non so dove e mi ofre la sua bocca, baciami Gian, desiderami, oggi voglio essere desiderata.
Mi prende per le mani e finiamo nel suo letto. La bacio ovunque, seguendo la spinta delle sue mani verso il suo ventre. L'assaggio con circospezione, è la prima volta che assaggio una donna li. Sorride.
- Gian, con quante donne sei stato
- ...
Meglio non dirlo, è tutto chiaro, troppo chiaro.
- Vieni qua.
Scende lei su di me. Massaggia il mio sesso con la sua mano. Cerco il suo, ma sono alquanto impacciato. Mi ferma, accompagna la mia mano sul suo sesso.
- Ora - mi dice - muoviti piano, cerca di capire come sono fatta e cosa mi piace e pian piano aumenta il ritmo. Ecco così, toccami lì. Sento indurirsi quello che poi scopro essere il suo clitoride. Il suo sesso si sta bagnando diventa più facile percorrerlo, sentire il suo desiderio che mi chiama dentro. Prima le dita, poi lei avvicina la mia erezione, la guida e lentamente e la infila dentro di lei. Apre le gambe e mi invita a muovermi piano. La guardo mentre giaccio sopra di lei , tra le sue gambe, ora ho tutte le parole che vorrei dirle. Ho quelle che riescono a scuotere i suoi sensi.
- Sei bella, mi piaci, mi fai impazzire, ti desidero, ti voglio.
Le mie mani si muovono sui seni, si impratichiscono con qualcosa di completamente nuovo. Vivo. Respira. L'eccitazione è tanta, esplode, forse presto, forse no. Sicuramente si. Si accorge del mio smarrimento.
- Gian va bene, oggi non mi sono sentita sola. Sei l'amico più non amico che io abbia.
Mi guarda e capisco che sarà l'unica volta. Rimaniamo abbracciati tutta la notte, fino a che la luna lascia il posto all'alba. Vorrei che ci fossero 1000 prime volte...

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