venerdì 20 settembre 2013

QUESTIONE DI SCELTE di Andrea Lagrein




Ero steso nel mio letto. Dio mio, avevo ancora il suo profumo sulla pelle, odore di selvaggia sensualità, afrore di sesso infuocato. Mi accesi una sigaretta. Il momento andava gustato con lentezza. Intanto la guardavo. Arianna era rannicchiata sulla poltrona sotto la finestra. Nuda, completamente nuda. E bella, tremendamente bella. Con gli occhi seguivo le flessuose curve della schiena, dei fianchi, di quel culo superlativo di cui tanto avrei voluto farne poesia. La guardavo e nel mentre sognavo. Ok, era una ragazza bellissima e scopava in modo divino, da mozzare il fiato. Ma c'era di più, molto di più. Di donne che a letto erano state superlative ne avevo già incontrate. Come lei, però, mai! Era una questione di affinità, di vicinanza intellettuale e spirituale. Con lei il fottere era la logica conseguenza del tempo trascorso insieme. Tempo passato a discutere, dialogare, ridere e sognare. Con lei mi confidavo. Le raccontavo i miei dubbi, le mie paure, le mie illusioni. Con lei mi aprivo, senza pudore, senza timore. E lei ascoltava, rifletteva e mi rispondeva. Con lei, sentivo, avrei potuto tentare di tornare alla vita, quella vita che mi aveva preso a calci in culo, quella vita che mi era sfuggita di mano, quella vita a cui avevo deciso di voltare la schiena. Con lei, ci sarei riuscito! La guardai e sorrisi. Perché no? In fondo mi potevo concedere una seconda possibilità. Perché non pensare ad una vita insieme? Ad un lavoro decoroso e una casa con i fiori sul balcone, al posto della merda che mi circondava ora. Perché no? Arianna era assorta, pensierosa mentre fissava distrattamente fuori dalla finestra.
"Cosa c'è, bella signora?"
domandai. Lei non rispose. Ma si alzò, lenta e sensuale, e si avvicinò al letto. Mi prese la sigaretta dalla mano, aspirò, la spense nel posacenere e mi soffiò sul viso una nuvola di fumo. Sorrise maliziosa. E sempre senza dire una parola, si inginocchiò fra le mie gambe. Big jack reagì immediatamente e le sue labbra iniziarono a scivolare, calde e languide, lungo l'asta palpitante. Le affondai le dita nei lunghi capelli corvini e mi gustai, pazzo di eccitazione, quel magnifico pompino. Già, perché no? Perché non riprovarci? La sua lingua guizzava sul glande, le mani delicate mi massaggiavano sotto l'inguine, la saliva colava copiosa dalle sue labbra, i suoi ansimi blandivano la mia virilità. Perché no? Non ci impiegai molto a venirle in bocca. E lei bevve, dissetando le sue voglie, nutrendo i miei sogni. Le sorrisi beato e soddisfatto. Perché no? Arianna si sollevò e si sedette sul mio petto. La sua fica era a pochi centimetri dal mio viso. Dio, che buon profumo aveva. Ne ero sopraffatto, soggiogato. Perché no? Lasciò scivolare una mano fra i miei capelli. Dolce carezza. Poi si chinò leggermente.
"Tu lo sai, vero, che non lascerò mai mio marito?".
Già, perché no? E ora Arianna mi stava dando la risposta. La guardai.
"E allora questo cos'è stato? Una sorta di pompino d'addio?".
Sorrise, continuando ad accarezzarmi.
"Tu scrivi da Dio, Andre, e mi piaci davvero molto. Mi piace leggere le cose che scrivi, discuterne, ispirarti. E poi scopi ancora meglio. Non ho mai goduto così in vita mia, credimi. E ci divertiamo un casino quando stiamo insieme. Ci sbronziamo, fumiamo erba, facciamo cose folli. Tutte cose che con lui non mi sognerei mai di fare!".
Pausa. Silenzio. Imbarazzo.
"Però?"
domandai con la consapevolezza di non voler sapere la risposta.
"Però le nostre vite sono diverse".
Si guardò attorno, abbracciando con gli occhi il buco d'appartamento in cui vivevo.
"Non riuscirei a vivere in questo modo. Cioè, ogni tanto sì, ed è quello che facciamo. Ma una vita del genere non so se riuscirei a reggerla. Non te la prendere, ma sono abituata ad un altro tenore, io!".
La fissai con il gelo nel cuore e lame di ghiaccio negli occhi.
"Quindi vieni qui, ogni tanto, a scoparti lo scrittore derelitto perché in fondo fa figo ed è un passatempo divertente? Tanto per sfuggire alla noia domestica?".
Non so se ero più incazzato o più amereggiato. In fondo i miei sogni, ancora una volta, stavano andando a puttane. "Non è il sogno di tutti voi uomini?"
rispose strizzandomi l'occhio, con fare malizioso e sensuale. Fanculo, pensai fra me. La puttana mia vicina di casa, almeno, è più onesta!
"Certo"
risposi tentando di celare il mio sconforto. Poi scoppiai a ridere.
"Hai ragione, cazzo! E' proprio tutto quello che voglio. Scoparti, scoparti e poi ancora scoparti!".
A quel punto le diedi la messinscena che desiderava. Mi alzai. Andai al frigorifero e mi presi una birra.
"Grazie per lo splendido pompino, gioia. Sei stata davvero divina. Ora però mi devi scusare. Mi sono scordato che avevo un impegno, eh? Anzi, sono già tremendamente in ritardo. Facciamo così, mi butto in doccia e poi ti chiamo nei prossimi giorni, ok? Tanto sai dov'è la porta, tesoro, no?".
Arianna mi guardava con occhi tristi. Aveva capito. Non era una stupida. Non lo era mai stata. Ma non le diedi il tempo di rispondere. Mi cacciai in bagno. Feci scorrere l'acqua, ma non entrai in doccia. La sentii rivestirsi e uscire di casa. Lanciai la lattina di birra contro il muro. Urlai. Gridai tutto il mio dolore, tutta la mia sconfitta. La mia ennesima sconfitta. Ancora una volta, mi ritrovavo in quel cesso d'appartamento solo. Terribilmente solo.
E Arianna.......Arianna non la rividi mai più!

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